Si fanno sempre più duri i toni tra Washington e Teheran. Nei giorni scorsi, secondo quanto reso noto dall’agenzia di stampa Reuters, alti funzionari dell’amministrazione americana avevano lanciato una massiccia offensiva mediatica contro il governo iraniano con l’obiettivo di fomentare disordini nella Repubblica islamica.
La campagna, secondo Reuters, intende “lavorare di concerto” con la spinta del Presidente Trump a “ridurre economicamente l’Iran” che ha annunciato una serie di sanzioni economiche sulla Repubblica islamica e ha intensificato le sue dichiarazioni critiche contro Teheran dopo il ritiro Usa dall’accordo nucleare iraniano dello scorso maggio.
Conosciuto come Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), l’accordo internazionale era stato raggiunto nel 2015 tra l’Iran e un gruppo di nazioni noto come P5 + 1, vale a dire i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite più la Germania. L’accordo prevedeva lo stop da parte dell’Iran del programma di sviluppo di armi nucleari in cambio della fine delle sanzioni economiche da parte dell’Occidente.
Ramezan Sharif, portavoce del Corpo delle guardie rivoluzionarie iraniane (IRGC), probabilmente il ramo più potente delle forze armate iraniane, ha lanciato un avvertimento domenica contro “servizi segreti stranieri”. Ramezan Sharif, ha detto che l’Iran si vendicherà dei servizi di spionaggio stranieri “che cercano di interrompere la sicurezza dei confini iraniani” riferendosi ad un attacco armato avvenuto sabato scorso nella regione nord-occidentale di Marivan, vicino al confine tra Iran e Iraq.
L’attacco ha avuto come bersaglio un complesso militare iraniano nel villaggio di Dari e culminato con il bombardamento di un deposito di armi dell’IRGC. Secondo i media iraniani, l’esplosione ha provocato la morte di 11 guardie di frontiera iraniane.