Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ha partecipato la scorsa settimana da remoto al Consiglio Affari esteri dell’Unione europea, durante il quale ha avuto modo di sottolineare l’impegno degli Stati Uniti a “riparare, rivitalizzare e aumentare il livello di ambizione nelle relazioni Usa-Ue”. Blinken ha evidenziato l’importanza di una stretta cooperazione con l’Ue e gli Stati membri per affrontare le sfide globali, sulla base di valori condivisi come la democrazia, i diritti umani e il multilateralismo. Nel corso del Consiglio, il capo della diplomazia statunitense, l’Alto rappresentante Ue e i ministri degli Esteri degli Stati membri hanno discusso la risposta congiunta a questioni globali urgenti, tra cui la pandemia di Covid-19, i dossier relativi a Iran e Cina e la lotta ai cambiamenti climatici.
Mentre Blinken dettava la nuova linea dell’Amministrazione Biden nell’affrontare le comuni emergenze globali , dall’Iran è giunto un messaggio da parte della guida suprema Ali Khamenei: “Le autorità iraniane non indietreggiano dalla loro posizione logica sulla tecnologia nucleare e sono determinate a rispettare le richieste di energia nucleare del paese” precisando che “il livello di arricchimento dell’uranio “può aumentare fino al 60% se necessario“. Un messaggio che dimostra la permanente contraddizione tra governo del presidente Hassan Rouhani, moderato e più aperto a parlare con l’Occidente e gli ultraconservatori che fanno capo alla Guida suprema Ali Khamenei. Il messaggio di Ali Khamenei probabilmente per bilanciare l’apertura concessa di recente dal governo di Teheran all’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). L’accordo permetterà agli ispettori dell’Agenzia di continuare a sorvegliare e monitorare i siti nucleari sparsi nel paese per tre mesi, non potranno però più effettuare ispezioni a sorpresa. Gli ultimi eventi hanno come sfondo l’interesse della Comunità Internazionale a ristabilire i termini dell’accordo storico sul nucleare iraniano firmato nel 2015 che l’ex presidente Donald Trump nel 2018 non ha più rispettato ritirando in maniera unilaterale gli Stati Uniti. L’accordo prevedeva una significativa riduzione della capacità iraniana di arricchire l’uranio in cambio dell’allentamento di alcune sanzioni imposte sull’economia dell’Iran. Il nuovo presidente Usa Joe Biden ha accolto la richiesta dell’Europa di rivalutare l’accordo sul nucleare con l’Iran. Il passo verso nuovi possibili colloqui dopo la visita in Iran del direttore generale dell’Aiea, Rafael Grossi, conclusa con l’annuncio di una intesa tecnica che permetterà un accesso parziale ai siti nucleari iraniani agli ispettori internazionali per i prossimi tre mesi.
LE PREOCCUPAZIONI DELL’AIEA
L’agenzia internazionale per l’energia atomica – Aiea – tuttavia è “profondamente preoccupata” sulla possibile presenza di materiale nucleare segreto non dichiarato in un laboratorio iraniano.
L’agenzia dell’Onu è certa che l’Iran stia violando l’accordo siglato nel 2015. Alla data del 16 febbraio, all’agenzia risultava che la Repubblica islamica avesse 2.967,8 kg di uranio arricchito (10 volte in più del tetto consentito, ovvero 202,8 kg), in aumento rispetto ai 2.442,9 registrati nel precedente documento del 2 novembre 2020.
E una piccola quantità di queste scorte, 17,6 kg, sono uranio arricchito fino al 20%, a un passo dai livelli che permettono di dotarsi di armi atomiche.
Secondo gli ispettori, l’Iran ha anche aumentato il numero delle centrifughe più moderne e veloci: nello specifico, gli iraniani hanno installato ‘cascate’ con 348 centrifughe di tipo IR-2m, oltre alle 5.060 macchine di tipo IR1 autorizzate dall’accordo nucleare del 2015, il cosiddetto Jcpoa, nel suo acronimo in inglese. Inoltre, gli ingegneri iraniani sono andati avanti con i preparativi per installare centrifughe ancora più avanzate e veloci, del tipo IR4 e IR6.
La produzione di uranio arricchito è al centro del braccio di ferro con l’Iran. L’accordo sul nucleare consente un arricchimento fino al 3,67%, ma l’Iran ha iniziato nel 2019 a raggiungere un livello di purezza superiore a quel livello e, dalla fine dello scorso anno, è già arrivato vicino al 20%, un passo importante per raggiungere l’80% o il 90% necessario per una bomba atomica.
Non solo: secondo un altro rapporto diffuso ieri dall’Aiea, l’Iran ancora non fornisce spiegazioni sull’origine delle particelle atomiche trovate dagli ispettori in diversi luoghi fino ad ora non dichiarati ufficialmente nucleari.
Secondo l’Aiea, le spiegazioni dell’Iran non sono “tecnicamente credibili” e Teheran non ha risposto a una lettera spedita da Vienna il 25 gennaio che chiedeva chiarimenti entro due settimane, nè al sollecito inviato il 10 febbraio.
Sempre ieri l’Iran ha confermato l’entrata in vigore delle restrizioni alle ispezioni internazionali. Francia, Germania e Regno Unito (i tre Paesi europei firmatari dell’accordo sul nucleare) hanno condannato le limitazioni; ma in realtà l’Iran sta cercando di giocare una partita con gli Usa, perché revochi le sanzioni.
Teheran si è detta disponibile a rimuovere le restrizioni solo quando Biden avrà fatto un passo indietro rispetto alle scelte di Trump.