(di Barbara Faccenda) IS (islamic state), ha dedicato molto tempo e risorse alla realizzazione e diffusione delle sue campagne di comunicazione, soprattutto nell’intento di reclutamento e di stimolo per i suoi seguaci sul campo di battaglia.
Partiamo dal presupposto che al cuore di qualsiasi campagna di comunicazione inclusiva vi sono due tipi di strategia di messaggistica: difensiva ed offensiva (d’attacco): per definizione la contro-narrative sono intrinsecamente difensive.
Le campagne di comunicazione di successo uniscono sia la messaggistica difensiva che quella offensiva, con l’ultima che domina.
Le contro-narrative rispondono meramente ai messaggi di opposizione, permettendo agli ideatori di questi ultimi di stabilire il terreno su cui sarà combattuta la battaglia della comunicazione e mantenere il controllo della narrativa.
A meno che non sia assolutamente necessario, le campagne di comunicazione dovrebbero evitare di rispondere ai messaggi di opposizione perché ciò semplicemente ripete e rinforza il loro messaggio.
Di per sé, una campagna si conclude parlando di quello che l’oppositore vuole si parli, permettendogli di stabilire la narrativa. Rispondendo ai messaggi dell’oppositore, gli permettiamo di stabilire il terreno su cui la battaglia della comunicazione sarà combattuta.
I messaggi offensivi cioè ostili, per contrasto, attaccano l’oppositore spingendolo sulla difensiva, richiedendogli un dispendio di risorse per contrastare il messaggio.
I mezzi attraverso cui prendere il controllo della narrativa che stabiliscono i termini del dibattito, sono fondamentali.
Diversamente dalla messaggistica difensiva che si concentra sul messaggio dell’oppositore, “andare all’attacco” conferisce l’opportunità di diffondere i propri messaggi chiave.
L’IS ha sviluppato una strategia sofisticata di “esca mediatica” in cui diffondono propaganda costruita per ottenere una risposta tipica, allo scopo di creare opportunità per essi stessi di sfruttare flussi di messaggistica secondaria precedentemente confezionati.
Un esempio noto, sebbene crudele, è il video ” guarire il torace dei credenti”, in cui si mostrava il pilota giordano bruciato vivo: quando l’occidente ha risposto con messaggi di condanna della barbarie dell’IS, quest’ultimo era pronto a rispondere portando l’attenzione sull’ipocrisia della disapprovazione, dal momento che non vi erano stati simili manifestazioni di sdegno per i bambini musulmani bruciati vivi quotidianamente dai bombardamenti aerei, provando in tal modo che l’occidente si preoccupasse di più di un pilota che dei tanti civili musulmani uccisi nei bombardamenti.
In breve, la nostra fretta di rispondere ha fatto (e purtroppo continua a fare) il gioco dell’IS: con l’impazienza nella competizione per contrastare la loro narrativa, corriamo il rischio, al meglio, di combattere una guerra di parole sui loro termini cadendo nelle loro trappole e rafforzando la loro narrativa.
Un recente esempio è quello della diffusione massiccia di un post su Twitter in cui utenti di un canale Telegram suggerivano di colpire l’Italia. La diffusione attraverso ogni mezzo, tv, stampa, radio, dibattiti, non ha fatto altro che rafforzare la narrativa dell’IS, peraltro distribuendo il loro messaggio principale: terrore, paura e senso di insicurezza.
Probabilmente il limite maggiore in questi casi è l’approccio frammentario delle comunicazioni e la mancanza di comprensione della reale necessità di una campagna di comunicazione multidimensionale ed integrata. Campagne di comunicazione di successo sono una costruzione complessa, composta da molteplici, differenti, tipi di messaggi (offensivi, difensivi, identità, scelta razionale) distribuiti attraverso mezzi multiformi (online, stampa, tv, radio, discorsi pubblici), tutto a sostegno di una narrativa centrale che viene consolidata sincronizzandola con l’azione sul terreno.
Oltre che naïve è certamente destinata a fallire una campagna di comunicazione che risponde solo concentrandosi su un tipo di messaggistica in uno sforzo isolato quando contro vi è una campagna integrata.
La somma della campagna di comunicazione IS è sicuramente più grande delle sue singole parti.
Mentre i politici sembrano inclini a comprendere la portata e la sofisticazione delle campagne di comunicazione necessarie per farsi eleggere, è giunto il momento che comprendano che è necessario intraprendere lo stesso sforzo per fronteggiare la propaganda IS.
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