Siamo vicino alle celebrazioni del 70simo anniversario della Nato e non si placano le tensioni tra i leader dei 29 stati membri che si incontreranno a Londra il 3-4 dicembre. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump non vuole più “sovvenzionare” l’Europa. Vuole che entro il 2014 spenda almeno il 2 per cento del Pil nella Difesa, mentre il presidente francese Emmanuel Macron ha definito l’Alleanza in condizione di morte celebrale suggerendo un “rapporto strategico” con la Russia.
Poi c’è la Turchia che potrebbe votare contro un piano di difesa per i Paesi baltici e la Polonia a meno che la NATO non riconosca la milizia curda dell’YPG come terroristi. Ciò, è improbabile, dato che YPG ha contribuito a sconfiggere lo Stato islamico.
Per quanto riguarda il ruolo futuro della NATO, il vertice chiederà a un gruppo di “personalità sagge” di presentare suggerimenti, ma non riferiranno fino al prossimo vertice alla fine del 2021. Poi la notizia di queste ultime ore che la Turchia ha consegnato Al Baghdadi a Trump, in cambio di un pezzo di Siria.
Ieri, la risposta. A Londra un lupo solitario, armato di coltello ha seminato il panico sul London Bridge. Il bilancio è di tre morti, attentatore compreso e diversi feriti. A poche ore di distanza anche all’Aja la stessa scena, attentatore armato di coltello si è scagliato contro diversi passanti.
A quanto pare l’Isis non è sconfitto e non vuole perdere la scena in un momento caro agli occidentali, il Natale. Poi c’è la sete di vendetta per l’uccisione di Al Baghdadi, il fondatore del Califfato.
Da alcuni mesi la propaganda dei terroristi inonda il web con proclami di vendetta, che secondo le analisi delle intelligence europee si concentrano su due bersagli prioritari, scrive La Repubblica . La Gran Bretagna, e Londra in particolare, subito seguita in questa classifica dell’odio dalla Germania. Ma in tutto il Continente, Italia inclusa, i controlli si stanno intensificando. I nuovi vertici dell’Isis infatti potrebbero accelerare questi progetti omicidi per mostrarsi all’altezza dei loro predecessori: “Quello che vi è stato inflitto da Al-Baghdadi al confronto avrà un sapore dolce“.
La rete dell’Isis è dispersa sui monti siriani e iracheni, dove proprio tre settimane fa i commandos locali gli davano la caccia con il sostegno degli incursori italiani rimasti feriti. Quella regia che da Raqqa riusciva a gestire le cellule nascoste in Francia e in Belgio, rifornendole di uomini e armi, è stata smantellata. L’attenzione mostrata nei loro messaggi a Londra e alla Germania forse è legata a questa decadenza operativa: lì potrebbero esserci ancora jihadisti “in sonno”, mimetizzati nelle comunità musulmane. Di sicuro, l’Isis cercherà di mettere a segno altri massacri. La sua caratteristica è quella di essere resiliente, flessibile e poco centralizzato. Ha una presenza globale che continua a crescere in due continenti. La minaccia adesso può partire, ad esempio, dalla Nigeria o dalle Filippine, spiazzando le misure di prevenzione costruite dalle polizie occidentali. “Siamo alle porte dell’Europa e nel cuore dell’Africa“, ribadiva un messaggio di pochi giorni fa.
“La profondità e l’ampiezza della leadership dell’Isis è senza precedenti per questo tipo di organizzazioni terroristiche“, ha dichiarato l’ex generale Michael Nagata, responsabile dei reparti speciali americani in Medio Oriente nel 2014: “La morte di Al Baghdadi, per quanto importante, non è stata un colpo catastrofico per la loro catena di comando“.