Israele e Hamas. Negoziati di pace in stallo

di Antonio Adriano Giancane

I colloqui tra Israele e Hamas per porre fine al conflitto a Gaza e garantire la liberazione degli ostaggi ancora trattenuti sembrano essersi impantanati. Secondo fonti vicine alle discussioni, i progressi sono stati limitati, mentre il tempo stringe per l’amministrazione Biden, impegnata a cercare un accordo per un cessate il fuoco prima della scadenza del proprio mandato.

Nonostante mesi di diplomazia condotta dai mediatori, in particolare Qatar ed Egitto con il supporto degli Stati Uniti, le divergenze tra le parti rimangono significative. Sebbene a dicembre entrambi i fronti avessero dichiarato di essere vicini a un’intesa, lo stallo si è riacutizzato con accuse reciproche di aver sollevato nuovi ostacoli.

Giovedì, il governo israeliano ha annunciato che una delegazione di funzionari della sicurezza si recherà in Qatar per un nuovo ciclo di trattative. Parallelamente, alcuni rappresentanti di Hamas si sono spostati al Cairo per incontri con funzionari egiziani, cercando soluzioni per superare l’impasse. Tuttavia, la possibilità di un progresso significativo nel breve termine rimane incerta.

Intanto sul terreno, il conflitto continua a infuriare. Giovedì, un attacco aereo israeliano ha colpito il sud di Gaza, uccidendo Mahmoud Salah, capo delle forze di polizia di Gaza, e uno dei suoi principali aiutanti, Hussam Shahwan. Israele ha rivendicato l’operazione, definendo Shahwan un leader di Hamas coinvolto nella sicurezza interna. Tuttavia, l’attacco ha causato vittime civili, tra cui diversi bambini, secondo il servizio di emergenza della Difesa Civile di Gaza.

Israele afferma di concentrare i propri attacchi contro Hamas, ma ribadisce che agirà ovunque ritenga necessario, anche in aree designate come “zone umanitarie”. Intanto, il numero delle vittime a Gaza continua a salire: il Ministero della Salute locale parla di oltre 45.000 morti dall’inizio del conflitto, senza distinguere tra civili e combattenti.

L’amministrazione Biden, nel tentativo di chiudere il proprio mandato con un risultato diplomatico positivo, ha intensificato gli sforzi per un cessate il fuoco. Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale, si era detto fiducioso che un accordo potesse essere raggiunto entro dicembre, citando l’indebolimento di Hamas e una relativa tregua tra Israele e Hezbollah in Libano. Tuttavia, le trattative hanno subito una battuta d’arresto quando Hamas ha accusato Israele di introdurre nuove condizioni all’ultimo minuto.

Nel frattempo, il Presidente eletto Donald Trump ha lanciato un messaggio inequivocabile sui social media, minacciando conseguenze drastiche in Medio Oriente se gli ostaggi non saranno liberati entro il suo insediamento, previsto per il 20 gennaio. Resta però poco chiaro come intenda trasformare questa minaccia in azione concreta.

La questione degli ostaggi rappresenta uno dei punti più critici. Hamas ha chiarito che non procederà a rilasci ulteriori fino a quando Israele non accetterà di ritirare le sue truppe e porre fine al conflitto, offrendo una certa flessibilità sui tempi di attuazione, ma senza rinunciare a queste condizioni fondamentali. Israele, dal canto suo, insiste sul fatto che Hamas non abbia fornito un elenco aggiornato degli ostaggi vivi, complicando ulteriormente le trattative.

L’ultimo accordo significativo tra le parti risale al novembre 2023, con un cessate il fuoco temporaneo che ha portato alla liberazione di 105 ostaggi in cambio del rilascio di 240 prigionieri palestinesi. Tuttavia, gli eventi successivi hanno dimostrato quanto sia fragile ogni tregua: errori militari, recrudescenza del conflitto e una spirale di accuse reciproche continuano a minare ogni tentativo di pace duratura.

Con il futuro dei negoziati più incerto che mai, la popolazione di Gaza continua a vivere in condizioni devastanti, mentre il resto del mondo osserva, sperando che i leader possano finalmente trovare una via d’uscita a un conflitto che sembra non avere fine.

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