(Prof.ssa Barbara Faccenda) Israele ed Egitto condividono l’interesse di sconfiggere l’affiliato egiziano dello Stato islamico (IS). Quando e se il ramo egiziano dell’IS – Provincia del Sinai – sarà sconfitto, quello che accadrà dopo, nell’irrequieta Penisola del Sinai, resta poco chiaro e gli interessi di questi alleati di comodo inizieranno, presumibilmente, a divergere.
La minaccia alla sicurezza dell’Egitto e di Israele da parte dei militanti jihadisti egiziani nel Nord del Sinai, è iniziata nel 2011, dunque ben prima che essi dichiarassero alleanza all’IS nel novembre del 2014.
Prima di unirsi all’IS, uno degli obiettivi dei jihadisti era determinare una fenditura nelle relazioni tra i due Paesi confinanti: gli attacchi ai gasdotti produssero una frattura nella relazione economica israelo-egiziana e l’assalto transfrontaliero nel sud di Israele, spinse le relazioni diplomatiche ad un punto di rottura.
Più tardi, nel 2013, i jihadisti prendono di mira una serie di obiettivi militari e l’anno successivo, con l’affiliazione all’IS e l’aumento delle loro capacità militari, essi si manifestano come una minaccia non solo per Israele, ma più in generale per la comunità internazionale.
Nel 2015 la Provincia Sinai – IS attua un’ulteriore serie di attacchi: assedia la città del Nord Sinai Sheikh Zuweid, prendendo di mira i peacekeeper internazionali; colpisce con un missile anti-carro una nave egiziana nel Mediterraneo e abbatte, con un dispositivo esplosivo nascosto in una lattina di una bibita gassata, un aeroplano pieno di turisti russi sul Sinai.
Con molta probabilità sono stati tali eventi che hanno condotto Israele alla decisione di aumentare il suo coinvolgimento nella campagna di contro-terrorismo egiziana. Esclusivamente dal punto di vista del contro-terrorismo la cooperazione tra i due Paesi si rivela essere sensata, pur tuttavia è bene tenere presente che sebbene Israele abbia tra le sue priorità quella che il governo egiziano e le sue istituzioni restino stabili, nutre il fermo interesse affinchè il Sinai non sia utilizzato come luogo di lancio di attacchi contro il suo stesso territorio.
Prendere di mira le infrastrutture jihadiste in Sinai, analogamente agli attacchi israeliani in Siria negli anni recenti, rischierebbe di scuotere la già fragile stabilità dell’Egitto.
Nondimeno Israele conserva una priorità non condivisa con l’Egitto: un margine strategico in caso di sorprese militari.
Più di 40 anni dopo gli accordi di Camp David, le relazioni tra i due ex nemici, non possono essere considerate amichevoli o di fiducia. L’accordo e il formale Trattato di Pace Egitto-Israele che seguì nel 1979, stabilisce la Penisola del Sinai come una zona cuscinetto (buffer zone) tra l’Egitto – ad ovest del canale di Suez – e la frontiera con Israele. L’annesso al Trattato di sicurezza limita il dispiegamento delle forze egiziane nel Sinai. Pur tuttavia fin dal 2011, Israele ha concesso all’Egitto il permesso di catturare i gruppi jihadisti; “attività accordate” che sono ammesse dal Trattato e sono regolarmente controllate dalla Multinational Forces and Observers (MFO) forza internazionale di peacekeeping nel Sinai che monitora e supervisiona l’implementazione dell’accordo.
Israele non ha interesse ad emendare formalmente il Trattato di pace e ha ostacolato cambiamenti al MFO. Quando (e se) i jihadisti saranno sconfitti, Israele si aspetta che i militari egiziani si dispieghino nuovamente come una struttura di forza in linea con i limiti del Trattato.
L’Egitto, dall’altra parte, preferirebbe una permanenza militare in Sinai. L’esercito egiziano ha stabilito basi e punti di controllo in tutta la Penisola del Sinai. Ha sviluppato nuovamente campi d’aviazione e inserito infrastrutture militari nell’aeroporto civile nella capitale del Nord del Sinai: el-Arish.
Va sottolineato come, negli anni recenti, l’Egitto abbia costruito il suo arsenale militare con jet francesi, droni armati cinesi e vari contratti per armi russe. La decisione egiziana di firmare un accordo militare con gli Stati Uniti, che i precedenti governi avevano osteggiato, conosciuto come Communications Interoperability and Security Memorandum of Agreement, o CISMOA, che permette il trasferimento di tecnologia di difesa americana “sensibile”, suggerisce che il Cairo è interessato ad acquisire maggiori equipaggiamenti militari americani più avanzati.