di Massimiliano D’Elia
Tutti invocano un piano di pace per Gaza, un piano largamente condiviso dalle parti con il sigillo della Comunità internazionale. Anche se la soluzione dei due Stati è per ora accantonata, i primi segnali che gettino le basi per una normalizzazione dell’area, iniziano ad intravedersi. Ne è la prova la recente riunione del Gabinetto di Sicurezza israeliano dove il ministro della Difesa Yoav Gallant ha illustrato il suo piano di pace. Esso prevede una Striscia di Gaza amministrata da un’autorità palestinese senza specificare chi possa essere: l’Anp? Sull’Anp è fortemente contrario il premier Netanyahu ma sono convinti assertori i paesi arabi. La ricostruzione, invece, dovrebbe essere affidata ad una task force internazionale, a guida statunitense, che includerà Unione Europea, Egitto ed Arabia Saudita.
La sicurezza della Striscia rimarrà, invece, sotto le Idf (Israeli Defense Forces), semprechè Usa, Ue e paesi arabi siano d’accordo. Nutro dei dubbi al riguardo. Il ministro Gallant ha anche anunciato alla ristretta assemblea che a breve inizierà la fase tre del conflitto che prevede una guerra a bassa intensità, incentrata solo sulla distruzione dei tunnel a nord di Gaza e sulla ricerca mirata dei capi di Hamas. Il premier Netanyahu ha dovuto, però, interrompere la seduta per la forte reazione della destra messianica contraria ad alcune soluzioni proposte nel piano di pace Gallant e al risentimento di alcuni ministi e dell’esercito per le poltiche attuate dal premier.
Alcuni ministri del Gabinetto non hanno apprezzato neache la diffusione a mezzo stampa dei punti del piano anche se il ministro della Difesa aveva spiegato le motivazioni con minuzia di particolari evidenziando che “i residenti di Gaza sono palestinesi, quindi l’amministrazione va affidata a un’autorità palestinese. Israele manterrà libertà di azione per garantire la sicurezza, ma è escluso il ritorno degli insediamenti israeliani nella Striscia“.
Il piano Gallant è fortemente sostenuto dagli Stati Uniti mentre l’Anp dalla Cisgiordania lo boccia in toto perchè punta sul piano di pace arabo che prevede il riconoscimento dello Stato di Palestina con Gerusalemme capitale.
Da ieri il segretario di Stato americano Antony Blinken è in tour in Medio Oriente (il sesto in soli 90 giorni) per cercare di riavvolgere i fili di una matassa sempre più arrovigliata.
Capitolo Hezbollah e Houthi
Il capo Hezbollah, Nasrallah ieri, nel suo quarto discorso dall’inizio delle ostilità a Gaza, ha promesso una risposta inevitabile, “al momento e sul terreno più opportuno”, in risposta all’attacco di Dahiyeh nel sud del Libano. Nasrallah ha anche detto che a Gaza è in corso una guerra non solo per la Palestina, ma anche per il Libano, in particolare per il sud del paese dove si applicherebbe la strategia annunciata da Israele: “nessun nemico ai confini”.
In tutto il contesto, ormai già di per sè infiammato, si aggiunge la proxy war dell’Iran che finanzia e guida i ribelli yemeniti Houthi che continuano a guerreggiare nel Mar Rosso costringendo il naviglio commerciale internazionale ad allungare le rotte circumnavigando l’Africa dove però i pirati somali sono già in agguato: hanno attaccato una nave cargo liberiana subito liberata dalla marina indiana presente con una sua fregata nell’area di mare interessata.
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