di Redazione
L’esercito di Israele, durante l’offensiva a Sud di Gaza, ha intensificato le operazioni cosiddette psyops (guerra psicologica). Qualche giorno fa l’Idf (Israeli Defense Forces) hanno annunciato la morte di Wissam Farhat, comandante del Battaglione Shujaiya. Sono poi state disseminate immagini di volti degli ufficiali del Battaglione mentre lanciavano messaggi di resa. Una seconda iniziativa ha coinvolto la distribuzione, tra i soldati israeliani, di un mazzo di carte raffiguranti i capi di Hamas. Sarebbero diecimila i mazzi unici di carte distribuiti, ognuno contenente 52 immagini dei principali dirigenti di Hamas, tra cui il leader, Yahya Sinwar, e il capo della sua ala militare, Mohammed Deif.
La stessa tecnica venne usata in Iraq a favore dei militari americani. Questa strategia mira a sottolineare la determinazione di Tel Aviv ad annientare Hamas e i suoi leader sparsi tra Gaza, Libano, Turchia e Qatar.
Il mazzo include i profili di dirigenti come Khaled Meshal (Asso di cuori) e Ismail Haniyeh (Asso di denari), quest’ultimo ospitato a Doha, centro dei negoziati sugli ostaggi. Circolavano indiscrezioni sulle presunte garanzie date dal governo Netanyahu all’emiro del Qatar riguardo a Haniyeh, escluso dalla lista dei bersagli per ragioni di opportunità. Tuttavia, le promesse fatte in segreto potrebbero essere revocate, considerando il nuovo inizio delle ostilità e l’esplicita dichiarazione di Gerusalemme di neutralizzare l’avversario ad ogni livello.
Lo Shin Bet, il servizio di sicurezza interno israeliano, ha comunicato pubblicamente la determinazione nel voler eliminare, ad ogni costo, gli esponenti di Hamas, anche se ci vorranno anni, facendo riferimento alla campagna israeliana contro i fedain dopo la strage ai Giochi Olimpici del 1972. Le dichiarazioni hanno provocato una reazione del presidente turco Erdogan, avvertendo gravi conseguenze in caso di attacchi a palestinesi sul territorio turco. Ankara ha sostenuto di aver scoperto cellule ispirate dal Mossad coinvolte nel monitoraggio di membri in esilio di Hamas e nell’appoggio finanziario alla lotta armata.
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