La regione autonoma del Kurdistan iracheno ha celebrato il referendum sull’indipendenza, nella tensione locale e nella paura internazionale che si scateni un altro conflitto regionale. I seggi hanno chiuso alle 18 italiane, un’ora dopo quanto inizialmente previsto, e secondo l’ultimo dato ufficiale sull’affluenza delle 17 la partecipazione è stata del 78%. La previsione è che il sì all’indipendenza vincerà agevolmente. Si è votato in quattro province curde (Dohuk, Erbil, Suleimaniya, Halabja) e nelle province contese di Kirkuk, Diyala e Ninive, cioé nel Kurdistan autonomo e nelle zone di fatto controllate dalle forze curde peshmerga. In totale sono stati 5,3 milioni i curdi chiamati a esprimersi nel voto non vincolante, oltre a circa 150000 della diaspora, che hanno espresso la propria preferenze dal 23 settembre con un sistema elettronico. L’Alta commissione elettorale curda non ha rivelato quando saranno resi noti i risultati della consultazione, ma secondo vari osservatori internazionali ciò accadrà entro 24 o 48 ore dalla chiusura delle urne. Sulle schede, il cui conteggio è iniziato poco dopo la chiusura delle urne, gli elettori hanno scelto tra ‘Sì’ e ‘No’ alla domanda in curdo, arabo, turcomanno e assiro: “Vuoi che la regione del Kurdistan e le zone curde fuori dall’amministrazione della regione diventino uno Stato indipendente?”. La giornata, festiva in tutta la regione, è trascorsa senza incidenti e gli osservatori spagnoli inviati nella regione hanno descritto un “ambiente festoso”.Il referendum ha alzato la tensione fra il governo di Erbil e quello di Baghdad, così come con i Paesi confinanti Iran e Turchia, che hanno respinto duramente la consultazione. Lo stesso ha fatto la comunità internazionale, che vede nella votazione una nuova fonte di instabilità in Medioriente. Il Parlamento di Baghdad ha chiesto al premier, Haidar al Abadi, di dispiegare le forze di sicurezza nelle zone contese, così come la chiusura dei valichi terrestri, ha fatto sapere un deputato, il giorno dopo che Baghdad ha affermato che non avrebbe riconosciuto i risultati del voto “di secessione”. L’Iran ha annunciato un divieto di voli da e per il Kurdistan, mentre Baghdad ha chiesto ai Paesi terzi di fermare il commercio diretto di petrolio con le regioni curde. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha minacciato di interrompere il flusso dell’oleodotto che trasporta petrolio dal nord dell’Iraq verso l’esterno del Paese e ha minacciato un intervento militare. Sono anche iniziate manovre militari congiunte tra Iraq e Turchia alla frontiera comune. Il segretario generale Onu, Antonio Guterres, ha espresso appoggio a “sovranità, integrità territoriale e unità dell’Iraq”, avvertendo che il referendum potrebbe avere “effetti destabilizzanti”.