“In Italia e in Europa le persone vogliono la fine di questi massacri, di questa violenza, di questa macelleria. Le persone pensano che cosa possiamo fare per portare la pace”. “Dobbiamo utilizzare ogni canale per la pace, per un cessate il fuoco e l’avvio di negoziati credibili”. “Quello che sta succedendo in Ucraina ha portato un drastico cambiamento nell’Unione europea, eravamo vicini e ora siamo ancora piu’ vicini e so che possiamo contare sul tuo sostegno come un sincero amico dell’Ue e dell’Italia“. Cosi’ il presidente del Consiglio Mario Draghi alla Casa Bianca a colloquio con Biden.
(di Massimiliano D’Elia) Una guerra che si sta protraendo oltre ogni più lucida previsione, il conflitto ha raggiunto una situazione stabile sul terreno dove non si registrano sostanziali cambiamenti di fronte da entrambi le parti. Un vero e proprio pantano che rischia di coinvolgere in maniera diretta ed indiretta tutti i Grandi della Terra. Ed ecco che l’Europa, tramite Mario Draghi, chiede agli Usa di intraprendere la via della pace ritornando all’interlocuzione diplomatica. A sciogliere ogni dubbio sulle iniziative in tale direzione l’incontro da remoto tra i leader di Cina, Francia e Germania. Nello stesso momento in cui Draghi stava intessendo la nuova tela della pace con Biden, Francia e Germania dialogavano con la Cina, l’attore che forse più di tutti è oggi in grado di disinnescare Putin consentendogli una exit strategy dignitosa. Xi Jinping si è reso conto che continuare ad essere simpatizzanti della politica di Putin, considerati i risultati sul campo e la rinnovata compattezza di Ue, Nato, Usa e Uk, può alla lunga nuocere agli affari della Cina. L’isolamento di un singolo Paese o di uno sparuto blocco di Paesi emergenti, rispetto ad un mondo che volente o nolente è globalizzato e dipendente dal libero mercato non è affatto producente.
Le conversazioni telefoniche avute negli ultimi due giorni dal presidente Xi Jinping prima col cancelliere tedesco Olaf Scholz, poi con il presidente francese Emmanuel Macron, possono essere il segnale di una nuova postura verso il conflitto, la cui durata sta andando oltre ogni previsione”. Tra la comunita’ diplomatica straniera nella capitale cinese non sono passati inosservati i contenuti del doppio colloquio resi pubblici da Pechino. Come inosservato non e’ passato il fatto che tra le due telefonate Scholz e Macron si sono pure incontrati di persona a Berlino. Xi ha sollecitato per una autonoma strategia dell’Unione europea e per una sicurezza dell’Ue che sia “in mano agli europei”. Con Scholz, il presidente cinese ha ricordato l’importanza di “fare del nostro meglio per evitare che il conflitto si intensifichi e si espanda, portando ad una situazione ingestibile“. Mentre con Macron ha convenuto che “tutte le parti interessate dovrebbero sostenere la Russia e l’Ucraina per ripristinare la pace attraverso i negoziati“, riconoscendo – secondo l’Eliseo – “il rispetto dell’integrita’ territoriale e della sovranita’” di Kiev.
In altri termini, “e’ come se il presidente cinese sollecitasse i leader europei a prendere l’iniziativa verso la Russia cercando uno spiraglio negoziale con Vladimir Putin e indicandogli una via d’uscita, invece che continuare con il sostegno armato ad oltranza dell’Ucraina voluto da Usa e Gran Bretagna”, ha commentato con l’ANSA una fonte diplomatica europea, secondo cui la Cina “non potrebbe mai seguire un’eventuale proposta americana, difficilmente ipotizzabile allo stato”.
La mossa di Xi, che non ha mai condannato l’aggressione o chiamato finora il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo un’altra fonte punterebbe a evitare, viste le difficolta’ incontrate dall’Armata russa, ripercussioni sulla tenuta stessa della Russia e della leadership di Putin che, sulla Piazza Rossa del 9 maggio per la Giornata della Vittoria, ha avuto parole dure da Guerra Fredda contro gli Stati Uniti ma non verso l’Europa.
Per la Cina, la distensione serve ad allentare le pressioni sull’economia domestica in affanno per via dei Lock down dovuti al Covid.
Macron e’ il leader europeo che piu’ ha sentito il capo del Cremlino anche dopo l’aggressione all’Ucraina e lunedi’ ha ricordato che “non dobbiamo cedere alla tentazione dei revanscismi. Domani avremo una pace da costruire” e “dovremo farlo con Ucraina e Russia attorno al tavolo. Ma questo non si fara’ ne’ con l’esclusione reciproca, e nemmeno con l’umiliazione”.
Le richieste di Biden all’Italia
Biden ha comunque stilato a Mario Draghi le richieste da portare in seno all’Ue. E in questo senso vanno lette la necessita’ di inasprire le sanzioni e il via libera italiano all’embargo del petrolio, su cui Bruxelles fatica ancora a chiudere una intesa. Entrambi i leader riconoscono che Putin ha fallito nel tentativo di dividerli. All’alleato il premier garantisce una nuova tranche di aiuti economici a Kiev e un impegno maggiore delle forze armate a difesa del fianco est: la missione italiana in ambito Nato, come ha annunciato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini in Parlamento, sara’ estesa a breve anche a Bulgaria e Ungheria per “rafforzare la postura di deterrenza e rassicurazione”. Sulle armi, su cui pero’ si moltiplicano i mal di pancia della maggioranza che sostiene il governo a Roma, l’Italia si appresta a valutare un terzo decreto per l’invio di pezzi piu’ ‘pesanti’. Si e’ parlato, tra l’altro, dei semoventi d’artiglieria M109. Non escluso che ci siano anche i blindati leggeri Lince. Altro fronte comune, sui cui Roma chiede il sostegno di Washington, quello degli approvvigionamenti energetici. Gli Usa hanno siglato a fine marzo l’accordo per aumentare di 15 miliardi di metri cubi le forniture di Gnl all’Europa. Una quota andra’ all’Italia che nel frattempo sta implementando la capacita’ di rigassificazione, con una nave che dovrebbe essere operativa gia’ a inizio 2023 e un secondo rigassificatore galleggiante da attivare entro la fine del prossimo anno. In questo quadro, nel medio periodo, gli States potranno giocare (il messaggio che arriva da Draghi) un ruolo “fondamentale”, perche’ le forniture a stelle e strisce al momento si fermano al 10% ma il governo ha tutta l’intenzione di incrementarle per arrivare al 2024 alla piena indipendenza dal gas russo. Ma sul fronte dell’impatto economico della guerra, oltre all’inflazione galoppante che crea problemi in entrambi i Paesi, c’e’ un altro aspetto su cui Draghi continua a puntare l’attenzione, convinto che vada messo al centro e non ai margini dell’agenda internazionale, ed e’ quello della sicurezza alimentare. Nei Paesi piu’ poveri, e in particolare quelli che si affacciano sul Mediterraneo, il conflitto rischia di innescare una vera e propria crisi alimentare, visto che da Russia e Ucraina dipendono gran parte dei rifornimenti di grano e mais.