di Emanuela Ricci
In piena guerra in Ucraina, la Germania ha recentemente annunciato il congelamento di ogni nuovo aiuto militare destinato a Kiev, segnando una svolta importante nella sua politica di sostegno all’Ucraina. Questa decisione è stata confermata da una fonte governativa e riportata dal Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAS).
I finaziamenti già stanziati per l’aiuto militare all’Ucraina saranno onorati, ma l’importo sarà dimezzato, passando da 8 miliardi di euro nel 2024 a 4 miliardi nel 2025. Per il 2026, il governo tedesco prevede un tetto massimo di soli 3 miliardi di euro, con ulteriori riduzioni drastiche previste per il 2027 e il 2028. Questa decisione ha sorpreso Boris Pistorius, il ministro della Difesa, che ha appreso la notizia da una lettera datata 5 agosto. Una richiesta di finanziamento aggiuntivo per un sistema di difesa aerea Iris-T, già negoziata, è stata respinta da Christian Lindner, il ministro delle Finanze.
Questo annuncio ha suscitato una valanga di critiche, sia a livello nazionale che internazionale. L’ambasciatore ucraino in Germania, Oleksiy Makeev, ha reagito con forza, sottolineando che “la sicurezza dell’Europa dipende dalla capacità e dalla volontà politica della Germania di continuare a svolgere un ruolo di primo piano nel sostegno all’Ucraina”.
Questo congelamento dell’aiuto militare arriva mentre il governo Scholz si trova in difficoltà nei sondaggi, a due settimane dalle elezioni regionali in Sassonia e in Turingia.
Indirettamente, questa decisione potrebbe anche essere vista come un appello agli altri paesi contributori, in particolare la Francia, spesso accusata da Berlino di “parlare molto ma consegnare poco”. Sul piano politico, questo annuncio sembra anche servire gli interessi elettorali di Olaf Scholz, che cerca di presentarsi come il “cancelliere della pace”, e di Christian Lindner, che vuole essere visto come il “grande tesoriere che stringe i cordoni della borsa”.
In sintesi, la decisione della Germania di congelare l’aiuto militare all’Ucraina rappresenta una svolta significativa nella politica di sostegno a Kiev, suscitando reazioni contrastanti e sollevando interrogativi sul futuro dell’impegno europeo in Ucraina.
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