Guerra dell’energia e del grano
(di Massimiliano D’Elia) Alla fine Putin probabilmente sta riuscendo nel suo folle piano, che poi tanto folle non è: mettere in crisi le democrazie occidentali che per anni si sono adagiate sulla convinzione di una pace duratura garantita da Nato e Nazioni Unite. Meno convincente, invece, la capacità d’influenza dell’Unione europea, organizzazione di Stati ancora molto acerba e vittima di contraddizioni interne, al momento, apparentemente insanabili. Una Bruxelles sempre più debole è certificata dagli avvenimenti di queste ultime ore.
Poco dopo l’inizio della guerra ucraina tutti i 27 ma soprattutto le due più forti economie dell’eurozona, Germania e Francia, sembravano coese con le decisioni della Commissione su finanziamenti e fornitura di armi a Kiev. La decisione più audace è stata quella di varare un sontuoso pacchetto di aiuti (9 miliardi di euro) rimborsabili da Kiev in 25 anni e senza interessi (i fondi sarebbero coperti dagli “eurobond” messi sul mercato, garantiti quindi dall’Ue).
Oggi tutto è cambiato. All’epoca Putin non aveva ancora utilizzato, sul serio, la sue armi più potenti, quelle degli approvvigionamenti energetici e del grano, armi in grado di condizionare la vita reale, l’economia e forse anche la stabilità di interi sistemi governativi. Come pere mature che stanno lì, lì per cadere è caduto il governo Johnson in Inghilterra mentre quelli retti da Macron, Sholz e Draghi vacillano pericolosamente, in preda a difficoltà interne susseguenti alla guerra (dibattito su invio di armi e sostegni all’Ucraina, crescente ed insostenibile inflazione, aumento disoccupazione, decremento previsionale del Pil, aumento flussi migratori dall’Africa, esigenza approvvigionamento diversificato di gas e petrolio e questione carestia Africa, Asia e Medio Oriente a seguito del blocco del grano ucraino).
La Germania, come scrive Fubini su Corsera da oltre un mese sta, quindi, bloccando il pacchetto da 9 miliardi di euro di aiuti previsti dall’Unione europea all’Ucraina. Secondo Zelensky la Germania oltre a bloccare i finanziamenti Ue sarebbe pronta a violare alcune sanzioni contro Mosca pur di riattivare la regolarità del flusso di gas russo, tramite il Nord Stream.
Il ministro delle Finanze di Berlino, Christian Lindner, di fatto, è contrario che Bruxelles ricorra a debito comune europeo anche per la crisi ucraina dopo averlo fatto anche per la pandemia.
Gazprom, per problemi tecnici dovuti alla rottura di una turbina Siemens, ha annunciato un primo taglio delle forniture su Nord Stream del 60%, quindi un secondo fino al 90% nella terza settimana di luglio.
La turbina Siemens è stata inviata in Germania per la riparazione ma non è stata mai restituita per via delle sanzioni alla Russia sui prodotti tecnologici. Nel frattempo Siemens ha dovuto inviare la turbina in Canada che a sua volta l’ha trattenuta per via delle medesime sanzioni.
Il ministro dell’Economia Robert Habeck ha chiesto con forza ed ottenuto la restituzione della turbina: non è escluso pertanto che la turbina, in violazione delle sanzioni esistenti, possa essere rispedita in Russia. Habeck ha detto pubblicamente: “In Germania abbiamo bisogno delle capacità di Nord Stream per riempire gli stoccaggi di gas”.