di Antonio Adriano Giancane
La guerra di aggressione russa in Ucraina ha ormai superato i 1.000 giorni, con il fronte che si trova in una fase di stallo. Le truppe russe avanzano lentamente, pagando un pesante tributo di vite umane, mentre la popolazione civile ucraina subisce quotidianamente l’impatto devastante di droni e missili. Sul campo, i soldati ucraini lottano disperatamente per difendere il loro territorio, ma la mancanza di risorse e munizioni limita la capacità di prendere l’iniziativa.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha denunciato l’intensificazione degli attacchi russi, sottolineando che l’Ucraina è stata colpita da quasi 500 droni e oltre 20 missili nella sola ultima settimana. “L’Ucraina non è un terreno di prova per le armi, ma uno Stato sovrano e indipendente. La Russia continua a diffondere paura e panico per indebolirci,” ha dichiarato Zelensky.
Molti degli attacchi aerei russi sono effettuati con droni Shahed-136 di progettazione iraniana, noti come Geran-2 in Russia, prodotti in massa in fabbriche situate nel Tatarstan. Con una testata da 5 kg, questi droni rappresentano una sfida per le difese aeree, pur essendo più facili da abbattere rispetto ai missili ad alta velocità. Solo a ottobre sono stati lanciati oltre 2.000 droni Shahed sull’Ucraina, con un tasso di attacchi che resta elevato.
Le difese ucraine si affidano spesso a mitragliatrici montate su camion o a droni economici dotati di tecnologie FPV per contrastare queste minacce, dato che i missili Patriot risultano troppo costosi (circa 3,2 milioni di euro ciascuno) per abbattere bersagli così economici.
Con il primo utilizzo del missile balistico russo Oreshnik, un’arma a raggio intermedio potenzialmente nucleare, che giovedì scorso ha colpito la città di Dnipro, la guerra ha raggiunto un nuovo livello di intensità. Il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che il missile verrà utilizzato nuovamente, giustificando il suo impiego come una reazione diretta alla fornitura di missili occidentali all’Ucraina, tra cui gli ATACMS statunitensi e gli Storm Shadow britannici.
Anche la Francia ha dato il via libera all’utilizzo di missili a lunga gittata da parte di Kiev, sebbene tale decisione abbia sollevato proteste da parte della Russia. La portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha definito questa mossa come un “colpo mortale” per l’Ucraina.
L’utilizzo del missile Oreshnik potrebbe segnare una svolta, alimentando il timore di una spirale di escalation. Tuttavia, secondo esperti militari, Mosca sembra agire con estrema cautela. Gustav Gressel, analista militare, ha sottolineato come i meccanismi di preavviso e de-escalation tra Russia e Stati Uniti siano ancora funzionanti, evidenziando che Mosca avrebbe avvertito Washington prima del lancio del missile.
“Nonostante le minacce, il rischio di un conflitto diretto tra Russia e NATO resta basso,” ha dichiarato Gressel. La Russia è consapevole di non potersi permettere un conflitto generalizzato mentre il suo esercito è impegnato in Ucraina.
L’imminente insediamento del futuro presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, previsto per il 20 gennaio, aggiunge un ulteriore elemento di incertezza. Mosca teme che la promessa elettorale di Trump di porre fine alla guerra possa comportare una rinegoziazione degli equilibri attuali.
Secondo Mychajlo Podoljak, consigliere del presidente Zelensky, le recenti mosse e dichiarazioni del Cremlino riflettono “paura assoluta”. L’attuale situazione suggerisce che Putin potrebbe essere più incline a concludere il conflitto, ma alle sue condizioni.
Tuttavia, con il conflitto che si avvicina al quarto anno di durata, il futuro dell’Ucraina resta avvolto nell’incertezza. La guerra in Ucraina si conferma come una delle crisi più gravi dei nostri tempi, evidenziata non solo dal drammatico numero di perdite umane, ma anche dalla distruzione delle infrastrutture e dall’immenso impatto psicologico che pesa sui sopravvissuti. È un conflitto che ha devastato intere comunità, lasciando cicatrici profonde nel tessuto sociale del Paese e oscurando le prospettive di una ricostruzione a breve termine.
Sul piano internazionale, questa guerra ha acutizzato tensioni già esistenti, alimentando un clima di crescente instabilità. Le rivalità tra grandi blocchi di potere si sono intensificate, portando con sé un’accelerazione nella corsa agli armamenti e, con essa, il concreto rischio di una escalation nucleare. Questi segnali inquietanti delineano un mondo sempre più polarizzato, in cui la paura di un allargamento del conflitto – che potrebbe coinvolgere altre nazioni o persino degenerare in uno scontro su scala globale – continua a essere una minaccia persistente e difficile da scongiurare.
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