di Francesco Matera
La Guerra Israele-Hamas continua con un’unica variabile: la vita di 130 ostaggi israeliani ancora nelle mani dei miliziani. Dopo l’uccisione a Gaza, da parte dei militari dell’Idf, di tre israeliani rapiti il 7 ottobre scorso, cresce la rabbia. E mentre Hamas avverte che “non ci sarà nessun altro accordo sugli ostaggi fino a quando Israele non fermerà l’aggressione“, il premier Benjamin Netanyahu è lapidario: “Continuiamo fino alla fine, nulla ci fermerà“.
Nel frattempo diplomazia e intelligence stanno agendo sottobanco per riportare a casa circa 130 cittadini israeliani ancora in mano ai jihadisti.
Il capo del Mossad ha avuto ieri un incontro a Oslo con il premier del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad Al Thani, per negoziare la liberazione. Prima di lui, il ministro della Difesa Gallant ha avuto incontri con i vertici militari e dell’intelligence. In serata, il Gabinetto di guerra si è riunito per discutere sugli sviluppi.
Il tragico errore dei soldati israeliani che hanno ucciso tre dei rapiti nella Striscia, scambiandoli per terroristi nonostante la bandiera bianca e il grido di “aiuto”, ha scatenato la protesta a Tel Aviv, dove migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro il governo chiedendo la liberazione immediata.
La pressione aumenta anche su Joe Biden negli Stati Uniti per il ritorno degli ostaggi americani. Il direttore della CIA, Bill Burns, e il ministro dell’intelligence egiziano stanno lavorando per trovare un accordo basato sul colloquio tra il capo del Mossad e il Qatar.
La situazione non coinvolge solo la vita dei circa 130 ostaggi, tra cui diversi soldati, ma anche il consenso dell’opinione pubblica nazionale e internazionale che inizia ad aprire gli occhi di fronte agli orrori di ambo le parti. Nel frattempo, la guerra continua nella Striscia, con bombardamenti e scontri con i jihadisti, aumentando così il rischio di causare altre vittime tra gli ostaggi.
Nel frattempo in Iran è stato ucciso un presunto componente del Mossad mentre il conflitto nella regione si intensifica, con gli Stati Uniti che hanno abbattuto droni yemeniti Huthi nel Mar Rosso. Molte navi commerciali e dedite al turismo stanno evitando le rotte che dal Canale di Suez vanno al Mar Rosso, facendo così lievitare i prezzi dei beni per via della scelta di altre rotte più lunghe e, quindi, più costose. Il Canale di Suez collega il Mediterraneo al Mar Rosso ed è la via marittima più breve fra Asia e Europa.
Una task force militare per proteggere le navi
Gli alleati degli Stati Uniti (per ora Francia e Inghilterra) stanno valutando l’invio di una task force navale per proteggere le navi nel Mar Rosso e lo stesso Consigliere per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, ha detto che gli Usa potrebbero istituire, da subito, scorte lungo quella rotta commerciale marittima considerata vitale. L’Italia avrebbe dato la sua disponibilità a far parte della task force riservandosi di per decidere sull’entità del contributo.
Le conpagnie marittime sospendono i viaggi nella tratta che attraversa il Mar Rosso
La compagnia di trasporti marittimi MSC ha deciso di interrompere provvisoriamente i suoi viaggi attraverso il canale di Suez per proteggere la vita dei suoi marinai, si legge in un comunicato. Una delle navi portacontainer della compagnia leader mondiale nel settore cargo, il cui nome per esteso è Mediterranean Shipping Company, è stata attaccata l’altro giorno da un drone mentre si trovava nel Mar Rosso. Tutti i membri dell’equipaggio della “MSC Palatium III” sono sani e salvi, ha riferito in un comunicato la compagnia.
Tuttavia, la nave ha subito danni a causa di un incendio ed è stata ritirata dal servizio. Dopo questo incidente, la flotta MSC non passerà più dal canale di Suez finché la zona non tornerà sicura. Il nuovo tragitto prevede di circumnavigare l’Africa lungo la rotta del capo di Buona Speranza. I viaggi dureranno quindi diversi giorni di più.
Anche altre compagnie, come Maersk, Hapag-Lloyd e CMA CGM, hanno a loro volta deciso di evitare il canale di Suez.
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