(di Andrea Pinto) Cinque giorni di incontri tenuti nel massimo riserbo, così Arabia Saudita e Iran hanno riannodato a Pechino la tela delle relazioni interrotta nel 2016: entro due anni riapriranno anche le ambasciate. Il Medio Oriente può ora contare su un’alleanza forte grazie alla longa manus della Cina che acquisisce, in una regione calda del pianeta, inaspettata rilevanza strategica.
Dal 2016 i rapporti tra i due “big” mediorientali, erano stati congelati dopo l’esecuzione a Riad dello sceicco sciita Nimr al-Nimr e i seguenti attacchi all’ambasciata saudita in Iran. Così come non passò inosservato l’attivismo saudita nella guerra in Yemen.
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A far stringere la mano al segretario del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale iraniana, Ali Shamkhani, e al consigliere per la sicurezza nazionale saudita, Musaid Al Aibane, annunciando così al mondo il nuovo asse, il neo ministri degli esteri cinese Wang Yi.
In un comunicato congiunto si enfatizza di fatto “il riavvio delle relazioni che porterà allo sviluppo della stabilità e della sicurezza regionale”. “In qualità di mediatore affidabile, la Cina ha adempiuto fedelmente ai suoi doveri di ospite”, ha dichiarato Wang.
A dicembre, Xi Jinping ha firmato 34 accordi durante la visita a Riad. A metà febbraio ne ha sottoscritti altri 20 alla presenza del presidente iraniano Ebrahim Raisi. La Cina così facendo rinvigorisce la sua Global Security Initiative, in cui si vuole porre come garante di stabilità mondiale.
“Nel mondo non c’è solo la crisi in Ucraina”, ha commentato a caldo Wang. L’interesse cinese sarebbe rivolto, infatti, in quelle parti del globo dove vi è ancora insicurezza e dove l’Occidente ha mostrato disinteresse. La Cina vuole riempire il vuoto lasciato dagli americani e alleati: Africa, Afghanistan ed aree calde del Medioriente, in primis, con un occhio di riguardo alla Russia, India e Pakistan.