La “maionese impazzita” dei gruppi filoiraniani

di Emanuela Ricci

La situazione in Medio Oriente continua ad arroventarsi. L’attacco alla base americana in Giordania che è costata la vita a tre militari ha costretto il presidente Joe Biden ad alzare l’asticella della tensione, annunciando una pronta risposta nei confronti degli esecutori e, soprattutto, dei mandanti. L’Iran, secondo i rapporti d’intelligence, risulta il maggiore contributore di armi e finanziamenti a favore dei gruppi filo-sciiti dell’intera regione che continua ad essere interessata da conflitti di bassa e media intensità. Le varie crisi che si infiammano con il passare dei giorni sono tutte ricondotte alla “resistenza” contro l’Asse del Male, individuato in un gruppo di paesi occidentali guidati da Stati Uniti ed Israele.

L’Iran, il giorno dopo l’attacco alla base americana, si è affrettata, però, a precisare che “le forze della resistenza nella regione non ricevevano ordini dalla Repubblica islamica. Prendono le loro decisioni per difendere il popolo palestinese in modo indipendente”. Teheran ha anche voluto ribadire il pericolo “di allargare la cerchia del conflitto a causa dei continui attacchi israeliani a Gaza”.

Hossein Salami, capo dei Guardiani della Rivoluzione, sostiene, non a caso, che i suoi uomini non desiderano una guerra. Il notiziario Al-Araby al-Jadeed, scrive Il Messaggero, ha rivelato una indiscrezione su un incontro segreto avvenuto lunedì scorso a Baghdad tra il comandante della Forza Quds, il generale Esmail Qaani, il primo ministro iracheno, Mohammed Shia’ al-Sudani, e alcuni comandanti delle milizie sciite legate all’Iran. Scopo dell’incontro è stato quello di mitigare ogni eventuale escalation, cercando di interferire con i gruppi filo-iraniani che, a quanto pare, agirebbero in piena autonomia senza una precisa strategia comune e condivisa con l’Iran. Il loro focus è la liberazione di Gaza dalle truppe di Tel Aviv.

Subito dopo l’incontro di Baghdad la milizia irachena Kataib Hezbollah ha annunciato la sospensione di tutti gli attacchi contro le forze statunitensi in Medio Oriente.

Anche il Wall Street Journal ha scritto, a chiare lettere, circa le presunte difficoltà dell’Iran nel mantenere il controllo di tutti i gruppi a lei affigliate nella regione. Di fatto dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso la guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, prevedendo l’inevitabile, aveva convocato a Teheran tutti i capi delle milizie che combattevano sotto la comune bandiera del cosiddetto asse della resistenza, per evitare ogni paternità alle loro azioni sul campo e scongiurare un conseguente coinvolgimento diretto dell’Iran, in una guerra su larga scala contro Usa e Israele.

Nonostante le premure di Teheran, a quanto pare, le varie milizie filo-sciite non vogliono, però, ascoltare la “casa madre” perchè cercano di ritagliarsi importanti fette di influenza nelle loro aree di interesse, come gli Houthi nel Mar Rosso, le milizie in Iraq e Hexbollah in Libano. Una specie di maionese impazzita che rischia di compromettere la posizione dell’Iran nei confronti di Usa ed Israele sempre più sul piede di guerra, anche alla luce delle pressioni e difficoltà interne per via delle prossime elezioni americane e della crescente impopolarità del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

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