Per il premier Netanyahu “è il momento della verità:vincere o cessare di esistere. La guerra dentro Gaza sarà dura e lunga, sarà la nostra seconda Guerra d’Indipendenza. Vogliamo restituire agli assassini quello che hanno fatto”.
di Massimiliano D’Elia
Non un’invasione di terra in stile radi al suolo tutto e tutti, ma operazioni chirurgiche, mirate e con una precisa strategia “cangiante”, cioè in grado di cambiarla in ogni momento anche in corso d’opera. Parola d’ordine è la sorpresa, ovvero sorprendere Hamas in ogni operazione per non consentire loro di capire la prossima mossa. Anche se i piani rimangono segreti, osservatori ed esperti militari cercano di spiegare l’approccio tattico dell’IDF (Israel Defence Forces).
Si susseguono senza sosta operazioni aeree con bombardamenti precisi verso obiettivi individuati dall’intelligence (attività humint), mentre la fanteria meccanizzata continua incessantemente a colpire quello che rimane nella zona a nord di Gaza, specialmente gli edifici alti per evitare che vengano utilizzati dai cecchini di Hamas per colpire le truppe di Tel Aviv.
La persistenza delle operazioni è iniziata venerdì scorso e non ha mai avuto alcuna sosta. L’unica variante è che questa volta i carri armati sono rimasti all’interno della Striscia per coprire il lavoro di unità speciali che stanno iniziando a rastrellare il territorio isolato per isolato.
I militari israeliani sono entrati da Nord e dal campo di al Burej, a metà della Striscia, con l’intenzione di circondare in una morsa infernale la parte di Gaza City occupata da Hamas.
L’esercito di Israele ha deciso di avviare mini operazioni mediante gruppi di circa 100-200 militari, con tank Merkava, corazzati Namer e bulldozer blindati Dg.
Molto importante, scrive Corsera, sono gli uomini di Yahalom, una unità speciale di genieri che è incaricata di rimuovere tutti gli ostacoli e le trappole esplosive per agevolare i movimenti degli altri: scelgono i passaggi buoni, manovrano i bulldozer corazzati, scoperchiano i tunnel, disinnescano le mine.
Poi c’è la Oketz con i cani dotati di telecamere mandati a esplorare un magazzino, l’inizio di una galleria, un’abitazione. Quindi sezioni delle forze speciali Duvdevan, Magian, Egoz, Maktal incaricate di agire sul fronte terrestre mentre la Shaldag dell’aviazione e la Flottiglia 13 della Marina coprono le loro rispettive aree di operazione.
Una minuziosa avanzata che richiede tempo, ingenti risorse e tantissimi uomini. Gli israeliani non hanno fretta perché la questione tempo gioca a loro favore. I giornali americani hanno svelato, secondo fonti di intelligence di origine araba, che Hamas può sopravvivere nei tunnel soterranei per soli quattro mesi, le risorse di cibo e carburante sono limitate e gli approvvigionamenti in guerra risultano non praticabili. E proprio su questa vulnerabilità che i militari israeliani starebbero basando la loro strategia per annientare Hamas definitivamente.
L’opera di bonifica dei cunicoli verrà fatta chirurgicamente cercando di renderli inutilizzabili con le “sponge bombs”: introducono nei tunnel una schiuma esplosiva che li riempie indurendosi dopo poco tempo. Una tecnologia sviluppata interamente in Israele.
Durante le operazioni di questi giorni si sentono con maggiore costanza anche gli spari di mitragliatrici, a dimostrazione che sarebbe già in atto anche uno scontro ravvicinato con le truppe di Hamas tra i vari isolati a nord di Gaza City.
Incognita Iran
Le milizie di Hezbollah, Hamas, Jihad Islamica Palestinese, ma anche i palestinesi della Cisgiordania potrebbero unirsi per cacciare una volta per tutte Israele dai territori. Una eventualità non tanto velata ma che potrebbe concretizzarsi improvvisamente anche se in presenza delle portaerei americane schierate in maniera dissuasiva in Medio Oriente.
Finora si è temporeggiato per non infiammare i sostenitori della causa palestinese in Siria, Iraq, Egitto etc. L’altro giorno un colpo di artiglieria che i libanesi dicono provenisse da Israele è caduto nel la base di Naqoura, sede del comando Unifil. Il ministro degli Esteri iraniano, intervistato dalla Cnn, dice che Teheran non vuole una guerra regionale ma che le forze del cosiddetto “Asse della Resistenza”, le milizie in Iraq, Siria, Libano, Yemen, sono indipendenti e prenderanno le loro decisioni. Il deputato di Hezbollah Ali Fayad era in piazza a Sidone nella manifestazione convocata in solidarietà con i palestinesi: “Se Israele continuasse nelle sue aggressioni, gli orizzonti della Resistenza rimarrebbero aperti e tutte le opzioni sarebbero sul tavolo”.
Quali, lo decideranno Khamenei e Nasrallah, il leader di Hezbollah, che per ora tace.
Subscribe to our newsletter!