L’omicidio del sindaco pescatore Angelo Vassallo, avvenuto il 5 settembre 2010 a Pollica, ha segnato una delle pagine più tragiche e misteriose della storia recente del Cilento. Nonostante il passare degli anni, le indagini continuano a gettare luce su nuovi dettagli inquietanti, e la verità sembra sempre più lontana da quella ufficiale. L’ultima evoluzione dell’inchiesta riguarda la figura di Pietro Campo, un testimone chiave che ha rivelato dettagli fondamentali, spingendo il giudice ad approfondire la pista del delitto premeditato, orchestrato da figure legate al mondo della camorra.
Il racconto di Pietro Campo
Pietro Campo, residente ad Acciaroli e nipote del sindaco Vassallo, ha raccontato di aver visto il brigadiere Lazzaro Cioffi, braccio destro del colonnello Fabio Cagnazzo, alla guida di un’Audi nera A6 nei giorni precedenti l’omicidio. Secondo la testimonianza di Campo, Cioffi sarebbe stato presente nelle vicinanze della casa di Vassallo il 28 agosto 2010, insieme all’imprenditore Giuseppe Cipriano, legato a un boss degli scissionisti di Secondigliano. La presenza di Cioffi e Cipriano nella zona, insieme a due sopralluoghi effettuati nelle settimane precedenti l’omicidio, confermerebbe la tesi di un delitto studiato nei minimi dettagli, con la possibilità di aver cercato anche di evitare telecamere di sorveglianza.
Le intercettazioni e il depistaggio
Ulteriori elementi che confermano la pista del delitto premeditato emergono dalle intercettazioni. Un dialogo captato tra Anna Amendola, madre di Pietro Campo, e Angelina Vassallo, vedova del sindaco, racconta di un’auto nera avvistata nei giorni precedenti l’omicidio. Una “persona chiatta”, che gli inquirenti identificano come Cioffi, è stata avvistata in quella zona, un dettaglio che rafforza il racconto di Campo.
Nel contempo, emerge il nome di Cagnazzo, il colonnello dei Carabinieri che, secondo le indagini, avrebbe cercato di occultare la sua connessione con l’omicidio, al punto da orchestrare un depistaggio. Un episodio emblema di questa operazione riguarda il prelievo di un CD contenente le immagini delle telecamere di sorveglianza di un negozio ad Acciaroli. Secondo gli inquirenti, Cagnazzo avrebbe rimosso le immagini che avrebbero potuto inchiodarlo, creando un dossier contro un innocente per distogliere l’attenzione da sé.
I moventi del delitto
Un aspetto fondamentale della ricostruzione è il possibile coinvolgimento della camorra nel delitto. Secondo le indagini, Vassallo aveva avvertito chi gli era vicino di aver visto tentativi di portare la camorra nel Cilento. La testimonianza di un ex sindaco cilentano, Vaccaro, riporta che Vassallo temeva che la criminalità organizzata stesse cercando di espandere la propria influenza nella zona. Questo contesto rende la pista della camorra più concreta, con Vassallo che avrebbe cercato di opporsi a tali tentativi, mettendo a rischio la propria vita.
Inoltre, le indagini hanno portato alla luce l’uso strumentale dei pentiti di camorra, che venivano ospitati in strutture turistiche ad Acciaroli, secondo quanto riferito da Romolo Ridosso, un ex boss salernitano. Questi pentiti, legati agli affari della camorra, avrebbero potuto essere utilizzati per traffici di droga sulla rotta Acciaroli-Napoli, e Vassallo avrebbe ostacolato tali traffici, rendendolo un obiettivo da eliminare.
Un altro elemento inquietante riguarda i rapporti economici tra Cagnazzo e Cioffi. La ricostruzione suggerisce che il colonnello dei Carabinieri avrebbe ricevuto prestiti da Cioffi e avrebbe anche avuto rapporti con il clan Contini, con scambi di denaro che coinvolgevano Cipriano. Questo intreccio di affari e criminalità potrebbe aver avuto un ruolo cruciale nell’assassinio del sindaco, come confermato anche dalla testimonianza di Ridosso, che racconta di aver visto uno scambio di soldi tra Cioffi e Cagnazzo dopo il delitto.
La ricerca della verità
A distanza di 14 anni dall’omicidio di Angelo Vassallo, l’inchiesta sta finalmente portando alla luce nuovi dettagli, ma le domande rimangono ancora vive. La vicinanza di Cagnazzo e Cioffi con la criminalità organizzata, i tentativi di depistaggio e l’intreccio di affari e droga sembrano indicare che l’omicidio del sindaco pescatore non fosse un atto isolato, ma un’operazione pensata e realizzata per mettere a tacere chi si opponeva alla camorra. Ora, con nuovi sviluppi e indizi che emergono, si spera che la verità possa finalmente venire alla luce, rendendo giustizia a un uomo che ha sacrificato la propria vita per difendere la sua terra.
Subscribe to our newsletter!