(di Nicola Simonetti) Un miliardo di persone, nel mondo convivono, oggi, con un disturbo neurologico di rilievo che incide sul loro equilibrio psico-fisico e relazionale e ne deteriora la qualità di vita.
In Italia: 5 milioni soffrono di emicrania, tra cui l’emicrania cronica (dolore costante per oltre 15 giorni al mese) in particolare donne; 120.000 di sclerosi multipla, una malattia che induce disabilità progressiva e che necessita di servizi sanitari e assistenziali continui; 150.000 i casi di Ictus con circa 800.000 persone che sono sopravvissute allo stroke ma che portano i segni di invalidità causati dalla malattia; 300.000 i pazienti con Malattia di Parkinson; 1 milione le persone affette da decadimento mentale;.
La demenza colpisce 46,8 milioni di persone nel mondo ed è previsto che, entro il 2050, il suo numero raggiungerà 131,5 milioni: ogni anno, saranno 9,9 milioni i nuovi casi: 1 ogni 3 secondi.
“E si prevede, in Italia, uno dei più anziani Paesi in Europa /17% over 65), – dice il prof. Gianluigi Mancardi, università, Genova, presidente della Società Italiana di Neurologia che celebra, a Roma, il suo 49° Congresso nazionale – una crescita esponenziale delle malattie croniche legate all’età. A fronte di questi numeri, La sfida della neurologia italiana per il futuro si presente impegnativa e sarà necessario uno sforzo comune per mantenere i livelli scientifici (siamo al 7° posto nel mondo per il numero di pubblicazioni scientifiche in neurologia) mentre la qualità dell’assistenza medica, seppur di buon livello, deve fare i cont con i modesti investimenti in sanità”.
La ricerca neurologica ha fatto passi da gigante sia dal punto di vista farmacologico che fisiopatologico sul ruolo della corteccia motoria cerebrale. Possiamo, inoltre, beneficiare dell’innovazione digitale per monitorare, anche a distanza, l’evoluzione della malattia (prof. Alfredo Berardelli – università La sapienza, Roma) – presidente Congresso)”.
“In particolare – dice Mancardi – novità della ricerca in campo di sclerosi multipla: dalle terapie con anticorpi monoclonali, alle terapie anti linfocitarie B, molto efficaci nelle forme a ricadute e remissioni. Buone notizia, anche, per le forme secondariamente progressive sulle quali sembrano essere attivi alcuni farmaci che agiscono sui recettori della sfingosina 1 fosfato. Nei casi particolarmente aggressivi della malattia, la terapia con trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche si dimostrano particolarmente efficaci”.
“L’innovazione digitale è il futuro sul quale si basa il trattamento della malattia di Parkinson. Sistemi di telemonitoring – dice Berardelli – consentono di controllare le variabilità, nella giornata, di voce, mobilità digitale, marcia, equilibrio e tempo di reazione. Ne risultano migliorate la valutazione clinica e la terapia con una continuità di cura che si avvale anche di piattaforme di tele riabilitazione.
Nel prossimo futuro, la terapia farmacologica potrà offrire nuove prospettive grazie agli anticorpi monoclonali”.
Per quanto riguarda il decadimento mentale – dice il prof. Carlo Ferrarese (università Milano Bicocca) – le sperimentazioni attuali sono rivolte alla prevenzione della malattia. Il declino cognitivo lieve, può essere rallentato dai farmaci.
Per la diagnosi di malattia di Alzheimer, la PET permette di stabilire un rischio di sviluppare la malattia prima della comparsa di gravi deficit cognitivi, rendendo fattibile l’avvio di strategie terapeutiche preventive. Queste sono basate su molecole che bloccano gli enzimi (Beta secretasi) che producono beta-amiloide (il cui accumulo causa la malattia). In alternativa, disponibili gli anticorpi capaci, addirittura, di determinare progressiva scomparsa della stessa proteina (beta amiloide) già presente nel tessuto cerebrale. Questi anticorpi, prodotti in laboratorio e somministrati sottocute o endovena, penetrano nel cervello e sono capaci di rimuovere la beta-amiloide ancor prima del suo pericoloso accumulo”.
Al Congresso si parlerà anche di cefalee, ictus e di cronicità in neurologia. Ne riferiremo domani.