di Aniello Fasano
La Russia continua la sua operazione militare speciale in Ucraina bombardando con costanza i territori occupati, dimostrando la tenuta dei suoi arsenali, apparentemente inesauribili ed in grado di rifornirsi senza soluzione di continuità. Anche se la popolazione, nella vita reale, inizia a soffrire lo sforzo bellico, secondo la propaganda del Cremlino, gli obiettivi rimangono invariati anche per il 2024.
Alla luce dei dati open source, solo un folle penserebbe di invadere l’Ucraina e combattere indirettamente l’Occidente con una forza militare convenzionale non predominante anche se detentore del primato mondiale nel campo degli armamenti nucleari: 5889 testate russe a fronte delle 5646 americane (Stockholm International Peace Research Institute – Sipri – gennaio 2023). I numeri comprendono le testate nucleari strategiche, tattiche e quelle da distruggere, in aderenza al trattato bilaterale New START, al momento sospeso unilateralmente dalla Russia.
Il rapporto dell’Intelligence lituana
Il rapporto annuale dell’Intelligence lituana, presentato ieri a Vilnius, fornisce alcuni utili elementi di riflessione sulla resilienza russa nella guerra in Ucraina, rispondendo alle domande che militari e diplomatici occidentali si fanno da lungo tempo, proprio sulla persistenza dei bombardamenti russi.
Il rapporto è chiaro: “La Russia dispone delle risorse finanziarie, umane, materiali e tecniche sufficienti per continuare la guerra in Ucraina a un’intensità simile a quella attuale per almeno altri due anni”.
Il documento sottolinea che la Russia sta dirottando enormi risorse verso la guerra in Ucraina e si sta preparando a un confronto di lungo termine con l’Alleanza atlantica. Il documento evidenzia, inoltre, che le elezioni presidenziali in programma per il prossimo 17 marzo potrebbero rafforzare ulteriormente, Vladimir Putin, ponendo le basi per un’ulteriore escalation del conflitto in Ucraina. Particolare attenzione viene prestata, nel documento, alla ristrutturazione delle forze armate e al potenziamento delle strutture militari nell’exclave di Kaliningrad. Il rapporto rileva, inoltre, che la Bielorussia sta sviluppando le proprie capacità per il dispiegamento sul suo territorio di armi nucleari controllate dalla Russia: “Il dispiegamento di armi nucleari non strategiche in Bielorussia non farà altro che approfondire i legami tra i due Paesi e incoraggiare Mosca a mantenere il controllo su Minsk a tutti i costi“.
Il Pil russo e i fondi per la Difesa
Ma come si fa a combattere un nemico, l’Occidente, che spende in armamenti venticinque volte di più? La Russia con un Pil di 2241 mld di dollari, impegna nella Difesa 86,4 miliardi di dollari (anno 2022). Secondo i dati del Sipri, sempre in riferimento all’anno 2022, l’America del Nord spende, invece, ben 877 miliardi di dollari, pari al 3,7% del suo Pil, ma soprattutto pari al 39% dell’intera spesa militare di tutte le nazioni mondiali che impegnano complessivamente 2240 miliardi di dollari. Per capire l’entità dell’impegno, gli Usa spendono tre volte più della Cina che si attesta comunque come secondo Paese al mondo in termini di fondi destinati alla Difesa.
Nel corso del 2024 la Russia ha intenzione di continuare ad aumentare la spesa militare portandola al 6% del suo Pil. Il budget destinato alla Difesa schizzerebbe così da 86,4 miliardi di dollari annui a 112 miliardi che sono comunque apparentemente insufficienti se paragonati ai quasi 900 miliardi di dollari impegnati dagli americani.
Al riguardo, occorre però fare una considerazione non secondaria: le materie prime e la manodopera provengono principalmente dall’interno della Federazione dove, notoriamente, il costo della vita è molto basso se paragonato alle economie moderne (110° posto a livello mondiale).
Come indicatore è eloquente il valore dello stipendio medio a Mosca che si aggira intorno a 900 euro al mese (senza alcuna differenza sostanziale tra operai, minatori ed ingegneri). Non sono tanti, ma comunque sempre di più della media nazionale che, secondo i numeri forniti dall’ufficio federale statistiche di Mosca, si attesta in media a 450 euro al mese.
Il Fondo Monetario Internazionale ha poi certificato la resilienza dell’economia della Federazione russa alle sanzioni occidentali. A suffragare la salute dell’economia di Mosca anche il World Economic Outlook di luglio scorso che vede nel 2024 la crescita del pil a +1,3%.
L’aumento costante del Pil russo, secondo gli osservatori internazionali, è dovuto soprattutto ai ricavi dell’esportazione di petrolio e gas, rimasti invariati anche dopo la guerra e le sanzioni.
La Russia vende gas e petrolio nonostante le sanzioni
Un’inchiesta del quotidiano tedesco Die Welt, mesi fa, ha svelato la strategia adottata da Mosca per continuare a vendere il suo petrolio, specialmente verso il mercato asiatico, utilizzando compagnie di navigazione straniere che caricano il greggio dai porti russi che insistono sul Mar Nero. Ogni mese il Paese esporta circa 60 milioni di barili di greggio, un terzo del totale, attraverso il porto di Novorossijsk.
Tuttavia, i pericoli derivanti dalle incursioni ucraine nel Mar Nero potrebbero accelerare gli sforzi della Russia per utilizzare la Northern Sea Route (NSR) per trasportare il greggio verso i mercati internazionali, soprattutto in Asia. Decine sono le petroliere che, negli ultimi mesi, hanno attraversato la rotta artica per raggiungere Cina ed India.
Le transazioni che coinvolgono la Russia sono, però, consentite solo se in linea con il limite massimo di prezzo a barile stabilito dai paesi del G7, dell’Ue e dell’Australia. Per aggirare tale vincolo, sempre secondo il Die Welt, Mosca avrebbe acquistato vecchie petroliere battenti bandiere occidentali per trasportare la propria materia prima. Tali navi evitano di pagare le assicurazioni previste e spengono il sistema radio in mare (transponder) per viaggiare nell’anonimato e nascondere così le loro rotte. L’Ue sta cercando di dare un giro di vite al fenomeno vietando alle navi di fare scalo nei porti europei. La misura è prevista nell’undicesimo pacchetto di sanzioni.
Per continuare a sostenere lo sforzo bellico un terzo dell’economia russa, secondo l’intelligence occidentale, è stata totalmente convertita per soddisfare le esigenze del fronte. La produzione delle fabbriche interessate è stata convertita, pertanto, da civile a militare, imponendo agli operai turni estenuanti, sette giorni su sette.
Per quanto riguarda la componentistica di pregio come i microchip Mosca riesce comunque ad approvvigionarsi in Asia ma anche in Occidente tramite paesi terzi. Per razzi e proiettili d’artiglieria è stato siglato un accordo con la Nord Corea che ha i depositi pieni di munizioni che, anche se datate, possono comunque favorire la strategia del Cremlino nel perseguire l’obiettivo tattico della persistenza dei bombardamenti in Ucraina.
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