L’ascesa della Destra in Europa

di Antonio Adriano Giancane

Negli ultimi anni, l’Europa ha assistito a una significativa avanzata dei partiti di destra e di estrema destra, un fenomeno che ha suscitato un acceso dibattito sulle sue cause. Alcuni analisti lo considerano un’inversione politica naturale, mentre altri sostengono che sia il risultato delle politiche della sinistra, accusata di essere troppo focalizzata su valori minoritari e distante dalle preoccupazioni quotidiane della maggioranza della popolazione.

Le elezioni europee del 2024 hanno segnato un punto di svolta, con i partiti di estrema destra che hanno guadagnato terreno in diversi Stati membri. In Germania, l’Alternative für Deutschland (AfD) ha registrato un aumento significativo dei consensi, mentre in Francia il Rassemblement National di Marine Le Pen continua a consolidare la propria posizione. Anche in Italia, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni ha rafforzato la sua presenza politica. Questa tendenza non si limita ai grandi Paesi: in nazioni come l’Austria e i Paesi Bassi, i partiti di destra hanno ottenuto risultati rilevanti, influenzando le politiche nazionali e comunitarie.

Le elezioni federali tedesche del 2025 hanno confermato una chiara svolta politica, con l’affermazione della CDU/CSU al 28,6% e la crescita dell’AfD al 21%, a scapito di un crollo storico dell’SPD al 16,4%. L’affluenza record dell’84%, la più alta dalla Riunificazione del 1990, segnala un forte coinvolgimento dell’elettorato in un momento di cambiamento, in cui il malcontento verso i partiti tradizionali e le politiche progressiste ha spinto molti elettori verso forze conservatrici e di destra, percepite come alternative più vicine alle loro esigenze.

Tuttavia sempre più spesso si assiste a leader di sinistra che attaccano personalmente i leader di destra invece di analizzare le ragioni per cui gli elettori si spostano verso quest’area politica. Si crea così una retorica basata sulla paura, evocando scenari di ritorno al fascismo piuttosto che affrontare i problemi reali della società. Questo approccio rafforza l’idea che i partiti tradizionali non abbiano soluzioni concrete.

Giorgia Meloni, Marine Le Pen e altri leader di destra vengono spesso dipinti come “pericolosi” o “nemici della democrazia”, ma senza un’analisi approfondita dei motivi che spingono milioni di cittadini a votarli. Questo atteggiamento di demonizzazione contribuisce a rafforzare la loro posizione politica, facendoli apparire come gli unici capaci di rappresentare il malcontento popolare.

Negli ultimi anni, molti elettori hanno percepito una crescente distanza tra le élite politiche e la realtà quotidiana della popolazione. I partiti tradizionali, in particolare quelli di sinistra, vengono visti come scollegati dai problemi concreti della gente, più concentrati su battaglie ideologiche che sulle esigenze economiche e sociali della maggioranza.

L’establishment politico e mediatico tende a etichettare come “populisti”, “fascisti” o “razzisti” coloro che sollevano critiche sulle politiche progressiste. Questo atteggiamento porta gli elettori a sentirsi zittiti e ad avvicinarsi ai partiti di destra, percepiti come un’alternativa al pensiero unico imposto dai media e dai governi.

Se un cittadino esprime preoccupazioni sull’immigrazione o critica certe politiche progressiste, rischia di essere accusato di discriminazione. Questo porta molte persone a scegliere di votare per chi “dice le cose come stanno” senza filtri, rafforzando così il consenso verso la destra.

La sinistra moderna ha spinto molto sulla tutela dei diritti individuali, specialmente per minoranze e gruppi svantaggiati. Questo approccio, per quanto nobile, può generare uno sbilanciamento quando i diritti individuali vengono privilegiati rispetto al concetto di comunità e identità collettiva.

Come conseguenza, la società perde un senso di appartenenza comune e le radici culturali vengono erose in nome di un universalismo astratto. L’attenzione a politiche di inclusione che, invece di integrare, finiscono per cancellare tradizioni locali per evitare di “offendere” altre culture, ha come conseguenza la perdita di un’identità culturale e nazionale condivisa.

Un’analisi critica suggerisce che le politiche portate avanti dalla sinistra europea abbiano contribuito, in parte, a questo spostamento verso destra. La sinistra è stata accusata di concentrarsi eccessivamente su temi cari a minoranze, trascurando le esigenze e le preoccupazioni della maggioranza. Questa percezione di disconnessione ha alimentato un senso di alienazione tra gli elettori, che si sono rivolti a forze politiche alternative in cerca di rappresentanza.

Inoltre, la frammentazione interna e le divisioni ideologiche all’interno dei partiti di sinistra hanno ulteriormente indebolito la loro capacità di presentarsi come un fronte unito e credibile.

Di fronte a questa realtà, è essenziale che le forze progressiste europee intraprendano una profonda riflessione sulle proprie strategie e priorità.

Riconnettersi con le esigenze della popolazione, affrontare temi come la sicurezza, l’occupazione e l’immigrazione in modo pragmatico e inclusivo potrebbe essere fondamentale per recuperare la fiducia degli elettori.

La politica deve tornare a essere al servizio del popolo, salvaguardando i diritti delle minoranze ma senza mortificare la maggioranza che vede sempre più lesi i propri diritti.

Il futuro dell’Europa dipenderà dalla capacità dei partiti tradizionali di ascoltare i cittadini, offrire risposte concrete e abbandonare la retorica dell’esclusione e della paura per costruire una democrazia realmente rappresentativa e inclusiva.

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