“Il presidente ha recentemente incaricato il suo team di garantire che l’Ucraina sia in grado di utilizzare le armi fornite dagli Stati Uniti per scopi di controfuoco nella regione di Kharkiv in modo che l’Ucraina possa rispondere alle forze russe che la stanno attaccando o si preparano ad attaccarla“, ha affermato un funzionario americano, confermando che non è cambiata la politica riguardo al divieto dell’uso dell’ATACMS o degli attacchi a lungo raggio all’interno della Russia.
Aniello Fasano
Il presidente Biden ha autorizzato l’Ucraina a condurre attacchi limitati all’interno della Russia con armi di fabbricazione americana, aprendo quello che potrebbe essere un nuovo capitolo nella guerra per la difesa dell’Ucraina, così riportano alcuni funzionari statunitensi. É la prima volta che un presidente americano autorizza attacchi militari limitati contro artiglieria, basi missilistiche e centri di comando all’interno dei confini di un avversario dotato di armi nucleari anche se l’autorizzazione è stata fornita solo per gli atti di autodifesa, permettendo così all’Ucraina di proteggere Kharkiv, la sua seconda città più grande, e tutte le aree circostanti.
“Il presidente ha recentemente incaricato il suo team di garantire che l’Ucraina sia in grado di utilizzare le armi fornite dagli Stati Uniti per scopi di controfuoco nella regione di Kharkiv in modo che l’Ucraina possa rispondere alle forze russe che la stanno attaccando o si preparano ad attaccarla“, ha affermato un funzionario americano, confermando che non è cambiata la politica riguardo al divieto dell’uso dell’ATACMS o degli attacchi a lungo raggio all’interno della Russia.
Sebbene la Casa Bianca abbia considerato la decisione ristretta, consentendo agli ucraini di colpire preventivamente se vedono prove di preparativi per un attacco, o in risposta a uno sbarramento russo vicino a Kharkiv, le implicazioni sono chiaramente molto più ampie. Biden ha chiaramente oltrepassato una linea rossa che lui stesso aveva precedentemente tracciato prendendo una decisione che potrebbe rivelarsi una delle più importanti nella guerra in Ucraina.
La Russia ha subito avvertito che risponderà, in modi non specificati alla decisione americana e già da tempo sta giocando ripetutamente la carta dell’utilizzo di armi nucleari. È impossibile sapere esattamente dove il presidente russo Vladimir V. Putin traccerà la sua linea rossa. Già il Segretario di Stato Antony J. Blinken di ritorno da un viaggio a Kiev affermava che in 27 mesi di guerra il divieto americano, e di altri paesi, di utilizzare armi in territorio russo stava ora seriamente portando alcune regioni dell’Ucraina al tracollo. I russi, ha detto, stanno sfruttando il divieto e lanciano attacchi costanti appena all’interno del confine russo che inevitabilmente rappresenta un rifugio sicuro. L’aver approvato l’utilizzo delle armi statunitensi fornisce a Kiev la possibilità di condurre contrattacchi verso siti missilistici e di artiglieria che ora godono di una sorta di intoccabilità poco più in là del confine, all’interno della Russia.
Preoccupa giustamente la deriva bellicistica, ma non è la vigilia di una guerra mondiale, e se l’Occidente vuole che l’Ucraina non soccomba, deve rispondere. Perché fare la guerra a metà, per non innervosire il nemico aiuta solo il presidente russo. Se Putin può sparare a suo piacimento, da dove vuole, sui civili e sugli obiettivi militari ucraini, mentre l’Ucraina non può colpire l’artiglieria russa che ben tranquilla, pochi chilometri entro i suoi confini, la bombarda giorno e notte, quale potrà essere il risultato finale se non una sicura sconfitta?
In Ucraina la Russia approfitta tatticamente del singhiozzo e dei ritardi nell’assistenza militare americana ed europea per puntare ad un’umiliazione strategica della Nato, del G7 e dell’Ue nel fitto programma di vertici dei prossimi due mesi. Questo il motivo degli allarmi di Jens Stoltenberg e Josep Borrell. In ballo non c’è solo Kiev. La Russia sta ristabilendo una zona d’influenza sull’intera ex-Urss. E l’occidente non può rispondere prendendo tempo. L’aiuto che fornisce all’Ucraina non può essere un aiuto dato in extremis, quando Kiev è alle strette.
Il motivo per cui l’Ucraina sta ricevendo ora luce verde dalle capitali occidentali, finora negata, è uno solo: assicurarne la tenuta. Nato e Ue vogliono che l’Ucraina non soccomba.
Jens Stoltenberg, solitamente cauto, ha dichiarato in un’intervista pubblicata alla fine della scorsa settimana all’Economist che le perdite di territorio da parte dell’Ucraina vicino a Kharkiv potrebbero essere contrastate solo se l’Ucraina fosse libera di eliminare artiglieria, lanciamissili e posti di comando sul lato russo del confine. Sulla base delle ultime dichiarazioni nel gruppo degli Stati a favore si annoverano Finlandia, Svezia, Paesi Baltici, Polonia, Repubblica Ceca, Danimarca, Olanda, Regno Unito, Canada, Francia e Germania (con tutta probabilità anche la Romania). La Gran Bretagna consente già che le sue armi vengano lanciate contro obiettivi militari all’interno della Russia. A questi paesi si sono uniti ufficialmente anche gli Stati Uniti. Restano invece contrari Italia, Spagna, Belgio, Ungheria, Slovacchia e, probabilmente, Bulgaria. É fondamentale in questo momento dare l’immagine di una NATO unita nel prossimo mese fitto di appuntamenti tra gli alleati, prima in occasione dell’80° anniversario del D-Day, poi in una riunione del G7 e infine in una celebrazione, a Washington, della creazione della NATO 75 anni fa.
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