Defensepoint.com ha dimostrato tramite l’app gratuita FlightRadar 24 (monitorizza tutti i voli delle compagnie aeree con transponder acceso) che la Turchia starebbe utilizzando voli civili per trasportare materiale bellico e personale in Libia. Recenti rapporti evidenziano, infatti, un insolito traffico aereo da Costantinopoli alla Libia, sorvolando lo spazio aereo greco e all’interno della FIR di Atene.
La Turchia è uno stato membro di Eurocontrol e per questo motivo la Grecia non deve autorizzare i voli sul suo spazio aereo, diretti o in partenza dalla Turchia.
Inoltre, non è necessario ottenere un permesso di sorvolo sulla Turchia (ad esempio FIR Istanbul o FIR Ankara) per viaggiare verso destinazioni come Teheran, Armenia (Yerevan) o Georgia (Tbilisi). Lo stesso vale, ovviamente, per le compagnie aeree turche che volano verso destinazioni greche o che attraversano la FIR di Atene.
Va comunque evidenziato che direttive specifiche (restrizioni) sono state emesse sia dalla FAA statunitense che dall’AESA europea per quanto riguarda la Libia.
Queste avvertono le compagnie aeree di non utilizzare lo spazio aereo libico e, naturalmente, di non operare da e verso gli aeroporti di quel paese in quanto si trova in uno stato di guerra.
La Grecia, come qualsiasi paese membro di Eurocontrol, potrebbe quindi vietare qualsiasi volo che attraversi il suo spazio aereo (FIR: Flight Information Region) verso un aeroporto in Libia per motivi di sicurezza nazionale. Si riserva inoltre il diritto di vietare il sorvolo anche sui voli che hanno altre destinazioni ma che presentano piani di volo alternativi per la Libia.
Se, ad esempio, una compagnia aerea presenta un piano di volo da Kiev alla Tunisia con uno scalo o alternato a Tripoli, in Libia o Misurata (MRA basato sulla codifica IATA, HLMS con codifica ICAO), la Grecia ha il potere di non autorizzarlo.
La Grecia potrebbe anche emettere un NOTAM per chiudere il suo confine aereo con la Libia.
L’app gratuita FlightRadar 24 mostra la rotta aerea turca che attraversa la Grecia, l’Italia e Malta per poi forse andare in Libia. Perchè anche l’Italia non traccia queste rotte ed applica le restrizioni della FAA e AESA? Forse per questo motivo il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte aveva proposto una “no fly zone”, senza ricevere convincenti risposte dai partner europei e la bocciatura da parte di Mosca.
Per non autorizzare un volo al passaggio di un determinato spazio aereo non occorre un mandato governativo, ovvero un passaggio parlamentare perchè i controllori del traffico aereo possono decidere autonomamente … il NOTAM da emettere (se rilasciato …) sarà redatto dalla CAA (Autorità dell’aviazione civile) in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri.
La situazione diplomatica internazionale
Intanto, Germania e Italia lavorano per la soluzione diplomatica: la Merkel telefona al leader turco Erdogan, il ministro degli Esteri Di Maio parla col suo omologo egiziano, la Lega Araba si riunisce oggi e la Tunisia rafforza i controlli alla frontiera con la Libia. La Russia è contraria alla “no Fly zone” chiesta da Roma. A suon di raid coordinati con i consiglieri e i caccia degli Emirati arabi, e l’appoggio militare dell’Egitto, Haftar continua a martellare le posizioni governative a Tripoli. L’Esercito di liberazione nazionale di Haftar punta dritto al cuore della capitale, al governo riconosciuto da Onu e Ue di Al Serraj, costretto a sua volta ad accettare l’aiuto di Erdogan. Contro la no-fly zone si esprime il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, al termine dei colloqui con l’omologo iraniano: «L’idea di istituire una no-fly zone sulla Libia genera brutti ricordi, è una pessima associazione: la Nato cominciò a bombardare la Libia dopo che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu aveva preso esattamente quella decisione, dichiarare una no-fly zone».
Sul Messaggero ha commentato la no Fly zone il generale dell’Aeronautica Vincenzo Camporini, ex capo di Stato maggiore della Difesa e dell’Aeronautica: “avviare le ostilità con l’uso delle armi, varcando la famosa linea rossa». La minaccia di no-fly zone dovrebbe servire in realtà a rassicurare il governo di Al Serraj, e la Turchia che lo spalleggia. Ma il problema è che la situazione sul campo precipita ogni giorno di più, a dispetto della proclamata volontà di una soluzione politica da parte di tutti gli attori, compresi quelli che stanno fornendo aiuti militari alle parti in conflitto. E i combattimenti continuano. ll battaglione Al Marsa di Misurata, fedele a Al Serraj, ha ordinato l’evacuazione di Al Habda, un quartiere di Tripoli, in previsione dell’avanzata dell’esercito di Haftar. E il ministro turco Cavusoglu promette di fare «tutto il necessario per impedire che la Libia si divida e scivoli nel caos». Nessuna velleità espansionista di Ankara, secondo Cavusoglu, solo gesti di responsabilità per la «pace e la sicurezza del popolo libico amichevole e fraterno», perché l’interesse nazionale si protegge anche proteggendo «i tuoi amici e alleati».
Fervono infine i preparativi della missione europea del 7 gennaio in Libia. Ma Khalid Al Mashri, presidente dell’Alto consiglio di Stato di Tripoli, dice di non avere «grandi speranze» neppure nella conferenza di Berlino prevista il prossimo mese, «tanto meno nella comunità internazionale per risolvere la crisi».