Il 5 novembre, il presidente Trump ha proseguito il suo piano per reintrodurre le sanzioni alla Repubblica islamica dell’Iran dopo aver ritirato gli Stati Uniti dall’accordo nucleare iraniano del 2015.
Il Segretario di Stato Mike Pompeo su USA Today: “Il nostro obiettivo è stressare il regime iraniano sulle entrate che usa per finanziare attività violente e destabilizzanti in tutto il Medio Oriente e, in realtà, in tutto il mondo. Il regime iraniano ha una scelta: può fare una svolta di 180 gradi dalla sua linea di azione fuorilegge e comportarsi come un normale paese, l’alternativa è quella di vedere il crollo della sua economia”.
Le sanzioni imposte all’Iran sono piuttosto rilevanti: 400 obiettivi nel settore delle spedizioni e dell’energia, 50 banche e le loro sussidiarie e 250 persone giuridiche. Per un totale di 700 entità. L’amministrazione Usa ha applicato sanzioni su oltre 900 obiettivi iraniani da quando Trump è entrato in carica nel gennaio 2017. Secondo il Dipartimento del Tesoro, questo è il “più alto livello di pressione economica americana sull’Iran”.
L’amministrazione ha emesso deroghe temporanee per otto nazioni – India, Cina, Corea del Sud, Giappone, Italia, Grecia, Taiwan e Turchia – che attualmente dipendono dal petrolio iraniano. Ma queste deroghe sono valide solo per sei mesi e probabilmente non verranno rinnovate. Sette delle otto nazioni citate sono i maggiori clienti di greggio dell’Iran. Tuttavia, dal ritiro degli Stati Uniti dall’accordo nucleare iraniano e la semplice minaccia di sanzioni ha già mandato in crisi l’economia della Repubblica Islamica. La proroga a breve termine di queste sanzioni non aiuterà l’Iran nel lungo periodo. Le esenzioni hanno lo scopo di dare alle nazioni acquirenti del tempo per procurarsi il petrolio altrove.
Diverse nazioni europee, Cina e Russia hanno dichiarato che manterrebbero l’accordo nucleare iraniano senza gli Stati Uniti. Le nazioni europee si sono addirittura impegnate a lavorare economicamente con l’Iran nonostante le sanzioni statunitensi. Ma quel piccolo atto di sfida dell’Europa è svanito rapidamente perché gli importatori europei non possono permettersi di mettersi contro il più grande mercato commerciale del pianeta. Quindi l’Iran è rimasto da solo ad affrontare ciò che equivale ad un blackout economico quasi totale imposto dagli Stati Uniti.
Si ricorda che l’Iran è estremamente dipendente dalle sue esportazioni di greggio e, sebbene Teheran abbia conservato i suoi principali consumatori di energia, l’economia iraniana sta soffrendo e sta causando disordini politici interni.
Da parte sua, l’Iran considera le sanzioni come qualcosa di simile a un atto di guerra. “Siamo in una situazione di guerra economica. Siamo di fronte a un nemico prepotente “, ha detto il presidente iraniano Hassan Rouhani in un discorso televisivo dopo che le sanzioni erano state annunciate da Washington. Rouhani ha proseguito affermando che l’Iran deve “resistere”. Ma la sua capacità di farlo sarà devoluta ad altri elementi del potere nazionale iraniano, come operazioni segrete volte a minare gli interessi degli Stati Uniti in Medio Oriente.
Alcuni esperti temono che una possibile contromossa da parte dell’Iran porterebbe a un altro conflitto armato in una regione che ha già assistito ad alcuni dei combattimenti più orrendi dall’inizio del XXI secolo.
In effetti, Rouhani potrebbe raddrizzare il tiro e parlare delle sanzioni statunitensi come un atto di guerra economica. Le sanzioni sono semplicemente un blocco contemporaneo volto a far cambiare una nazione il suo comportamento o indebolirlo al punto tale da fare desistere la nazione stessa. L’esempio più concreto e recente è quello che è avvenuto con la Corea del Nord.
Per le democrazie occidentali, le sanzioni sono state a lungo lo strumento utilizzato al posto dei violenti conflitti armati per influenzare pacificamente il comportamento.
Il comportamento iraniano del passato e l’aumento dei presunti atti clandestini suggeriscono che Teheran farà di più che semplicemente cercare di superare questa tempesta. Le questioni politiche alla base della crisi economica potrebbero rivelarsi troppo difficili da gestire, sopratutto alla luce del fermento in atto da parte della popolazione all’interno dell’Iran.