di Redazione
Il 2024 vede una situazione internazionale altamente instabile da una parte all’altra del globo con importanti appuntamenti elettorali che interesseranno, Unione europea, Bangladesh, Brasile, India, Indonesia, Messico, Pakistan, Russia, Stati Uniti, Taiwan e 18 paesi dell’Africa. Ripercorriamo, pertanto, le maggiori crisi-guerre (sono 59 ad oggi) che tengono le cancellerie mondiali con il fiato sospeso per l’alto rischio di un convolgimento militare diretto dei paesi occidentali.
Cina-Taiwan
Il presidente cinese Xi Jinping ha dichiarato ieri che Taiwan sarà riunita al continente, affermando che Pechino “impedirà risolutamente a chiunque di dividere” le due parti in qualsiasi modo (per ora si esclude nella retorica l’opzione dell’intervento militare). Le dichiarazioni, durante un simposio a Pechino in commemorazione del 130º anniversario della nascita di Mao Zedong, il padre fondatore della Cina comunista.
Nel corso del 2023 la Cina ha organizzato diverse importanti esercitazioni militari intorno a Taiwan ed invia regolarmente navi da guerra e aerei da combattimento nello Stretto. Gli occhi della Comunità internazionale sono tutti puntati sulle prossime elezioni a Taiwan del 13 gennaio dove Pechino sostiene Lai Ching-te, leader del Partito Progressista Democratico (DPP).
Polveriera Medio Oriente
Le crescenti preoccupazioni riguardano la questione nel Mar Rosso a seguito degli attacchi contro navi commerciali (da parte del gruppo ribelle yemenita , Houthi) e contro le truppe statunitensi stanziate in Iraq. Gli incidenti coinvolgono l’Iran e i gruppi a lei affiliati in tutto il Medio Oriente, mentre il conflitto tra Israele e Hamas a Gaza continua e secondo gli israeliani durerà per tanti mesi.
Secondo Christopher O’Leary, ex agente dell’FBI, la guerra tra Israele e Hamas è parte di un disegno più ampio dell'”asse della resistenza”, una strategia controllata dall’Iran per ottenere influenza e potere regionale attraverso gruppi come Hamas, la Jihad islamica palestinese, Hezbollah, Kataib Hezbollah e gli Houthi. Il ministro israeliano della Difesa, Yoav Gallant, afferma che Israele sta affrontando una “guerra su vari fronti”, con attacchi provenienti da sette diverse direzioni: Gaza, Libano, Siria, Cisgiordania, Iraq, Yemen e Iran.
O’Leary avverte che se l’Iran decidesse di agire in modo più deciso, scatenando le forze surrogate con tutta la loro potenza, potrebbe verificarsi un serio problema regionale, specialmente considerando la presenza delle truppe statunitensi in Iraq e Siria. La CNN riporta che i soldati statunitensi sono sempre più esposti a una linea di fuoco pericolosa, e la situazione nel Medio Oriente sta diventando tesa, con il quadro della sicurezza che peggiora in diverse aree, dal Mar Rosso all’Iraq, dalla Siria al Libano e ad Israele.
Gli attacchi recenti, le minacce reciproche tra Iran e Stati Uniti, insieme alle operazioni in corso in diverse regioni, rendono la situazione particolarmente delicata. Incidents futuri, in cui soldati o asset navali statunitensi potrebbero essere gravemente colpiti, potrebbero portare Washington a essere “risucchiata nel profondo” nel Medio Oriente, in contrasto con gli sforzi precedenti di disimpegno.
La CNN suggerisce che la possibilità di un’azione militare in Medio Oriente rappresenterebbe una sfida significativa per il Presidente Biden, che ha già affrontato varie crisi internazionali e ha concentrato l’attenzione sulla situazione in Ucraina. La cautela nell’adottare un approccio più aggressivo riflette la preoccupazione che un confronto diretto con l’Iran potrebbe innescare una conflagrazione regionale di proporzioni maggiori.
Conflitto russo-ucraino
Gli Stati Uniti forniranno all’Ucraina un nuovo pacchetto di aiuti militari, il 54esimo dall’agosto del 2021, da 250 milioni di dollari che comprende munizioni per la difesa aerea per i sistemi Himars, Stinger, Javelin, e per l’artiglieria, oltre che missili anti carro AT-4. Un pacchetto di aiuti da 61 miliardi di dollari per Kiev è ancora bloccato al Congresso dalla compagine dei Repubblicani.
Secondo quanto ha reso noto il Pentagono si tratta di “capacità per supportare le necessità più pressanti dell’Ucraina per consentire alle sue forze militari di difendere la sua sovranità e indipendenza. La leadership degli Usa è essenziale per sostenere gli sforzi di una coalizione in sostegno dell’Ucraina di cui fanno parte circa 50 alleati e partner. “L’assistenza nella sicurezza per l’Ucraina è un investimento intelligente nella nostra sicurezza nazionale“, ha precisato il dipartimento della Difesa in un comunicato.
Lo stanziamento è stato reso possibile dall’autorità di prelievo del Presidente, uno strumento di politica estera che consente la consegna veloce a Paesi stranieri in crisi di componenti nei magazzini del dipartimento della Difesa. Uno strumento usato di recente nel dicembre del 2022 per assistere Taiwan con un pacchetto di 345 milioni di aiuti militari, contro la crescente pressione militare della Cina.
Secondo i media dovrebbe essere l’ultimo pacchetto, in attesa delle prossime elezioni presidenziali.
Di fronte al quasi totale disimpegno politico americano dalla guerra in Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin ha detto lo scorso marzo al suo omologo cinese Xi Jinping che la Russia “combatterà per (almeno) cinque anni” in Ucraina. A scriverlo è stato il settimanale giapponese Nikkei Asia, che cita diverse fonti anonime a conoscenza delle relazioni tra Cina e Russia. Secondo il settimanale, durante la visita di Xi in Russia, Putin ha voluto riassumere così una situazione che all’epoca non era favorevole a Mosca, assicurando il leader cinese che alla fine la Russia avrebbe vinto la guerra. Nikkei Asia commenta poi che, alla luce delle parole di Putin a Xi, l’apertura del leader russo a un cessate il fuoco – riportata dal New York Times la settimana scorsa – potrebbe significare che Putin desideri semplicemente creare l’illusione di muoversi verso una tregua o addirittura la pace in vista delle elezioni presidenziali russe di marzo, credendo che tale atmosfera lo possa favorire alle urne.
La Turchia e i curdi
La Turchia ha colpito, alcuni giorni fa, con attacco a mezzo droni postazioni dei curdi nel nord della Siria. Sarebbero cinquanta gli obiettivi utilizzati dai militanti curdi in Siria come rappresaglia per i 12 soldati turchi uccisi in Iraq durante lo scorso fine settimana. La Agenzia di intelligence turca ha diffuso i filmati degli attacchi con droni a Qamishli, Ain Al Arab (Kobani) e Amuda tutte nella Siria del nord, strutture utilizzate per scopi militari, economici e logistici dai militanti curdi.
Un mondo frastagliato da microconflitti
L’Afghanistan in mano ai talebani rimane un paese altamente instabile così come altri che vivono una perenne situazione di guerra civile come Libia, Siria, Iraq e Sud Sudan.
Alcuni conflitti interni alle nazioni, o transnazionali sono legati a gruppi terroristici, come nei casi degli indipendentisti dell’IRA e dell’ETA in Irlanda del Nord e nei paesi baschi spagnoli. Numerose organizzazioni jihadiste armate sono presenti in nazioni africane come Nigeria, Mali, Somalia o Repubblica Centrafricana oppure in paesi mediorientali come Siria e Iraq, ovvero in Pakistan.
A tali tipologie, infine, possono essere affiancati i conflitti “a bassa intensità” come quello tra India e Pakistan, i cui rapporti diplomatici sono estremamente tesi da decenni, e che in più di un’occasione si sono affrontati anche in modo diretto.
Il leader della Corea del Nord, Kim Jong-un, ha esortato ieri il suo partito ad “accelerare” i preparativi di guerra, compreso il programma nucleare del Paese.
Lo riporta l’agenzia di stampa ufficiale nordcoreana. La notizia giunge solo una settimana dopo il suo avvertimento, secondo cui Pyongyang non esiterà a lanciare un attacco se “provocata” con armi nucleari.
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