L’era di Trump e il “Nuovo Ordine Mondiale”

di Antonio Adriano Giancane

Lo “scontro” avvenuto lo scorso 28 febbraio tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky rappresenta un punto di rottura in un equilibrio globale che sembrava solidamente stabilito dopo la fine della Guerra Fredda. La caduta del muro di Berlino, nel 1989, aveva segnato simbolicamente l’inizio di un nuovo ordine internazionale, in cui le grandi potenze si erano impegnate a cooperare, dando vita a un sistema di alleanze politiche, economiche e militari che, pur tra alti e bassi, aveva garantito una stabilità relativa. Tuttavia, l’incontro tra Trump e Zelensky, con il contesto geopolitico che ne è seguito, sta mettendo in discussione quelle dinamiche che avevano retto l’assetto mondiale per decenni. L’ombra di un nuovo scossone globale si staglia ora all’orizzonte, con la riscoperta di vecchi conflitti e la nascita di nuovi protagonisti pronti a riscrivere le regole del gioco, portando alla destabilizzazione degli equilibri che una volta sembravano inattaccabili.

La reazione del mondo intero a questo incontro, infatti, è stata rapida e destabilizzante, segnando l’inizio di una nuova era geopolitica. Con la rielezione di Trump alla Casa Bianca, il panorama internazionale sembra quindi essere entrato in una fase di ristrutturazione, dove le alleanze consolidate rischiano di sgretolarsi e i poteri emergenti stanno trovando nuovi spazi di manovra.

Trump, da un lato, sta dando una scossa potente a un ordine internazionale che, fino a pochi anni fa, sembrava inattaccabile. Con il suo ritorno al potere, il presidente americano ha ribaltato le carte, mettendo in discussione relazioni che, fino a quel momento, sembravano saldamente stabilite. La sua politica “America First”, infatti, non è più solo un motto; è un’azione concreta che sta ridisegnando i confini della diplomazia internazionale.

A testimonianza di questo cambiamento, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha dichiarato qualche settimana fa, appena arrivata in India per un incontro con il premier Narendra Modi: «In un’epoca di conflitti e intensa competizione, c’è bisogno di amici fidati. Per l’Europa, l’India è un’amica e un’alleata strategica». Un chiaro segnale che, mentre gli Stati Uniti si allontanano o si concentrano su altre aree di interesse, nuove alleanze stanno prendendo piede. La posizione dell’Europa, dunque, è sempre più ambigua, alle prese con il disinteresse della Casa Bianca per le problematiche europee e la crescente preoccupazione per il futuro del continente.

Il contesto globale sembra essere sempre più dominato dal motto “Follow the money“. Le azioni politiche di Trump, insieme ai potenti leader come il principe ereditario saudita Mohammad Bin Salman e il premier israeliano Benjamin Netanyahu, stanno tracciando una nuova via, dove l’economia diventa l’elemento centrale di una geopolitica sempre più complessa. Tra le numerose trattative in corso, spicca l’incontro Usa-Russia tenutosi a Riyadh, in Arabia Saudita, in cui le potenze mondiali si sono trovate a trattare sulla fine della guerra in Ucraina e sul futuro assetto del Medio Oriente. Questi incontri, pur ufficialmente ritenuti discussioni diplomatiche, nascondono in realtà una serie di trattative segrete tra miliardari e capi di Stato, intenzionati a riplasmare l’opinione pubblica mondiale.

Anche se il mondo europeo rimane emarginato, Paesi come la Cina e la Russia non stanno solo cercando di rafforzare la propria posizione internazionale, ma si stanno alleando con Paesi che un tempo erano considerati rivali. Il recente riavvicinamento tra Trump e la Cina, nonostante la sua retorica anti-Pechino durante la campagna presidenziale del 2016, dimostra che la politica estera americana sta seguendo logiche completamente nuove. La Russia, inoltre, non solo è pronta a rientrare nel G7, ma sembra ormai essere di nuovo parte integrante del grande gioco geopolitico internazionale.

Un ulteriore segnale di questo sconvolgimento nelle dinamiche globali è rappresentato dall’accordo di cooperazione tra Cina, Giappone e Corea del Sud. Nonostante le forti pressioni commerciali degli Stati Uniti, i tre Paesi asiatici hanno deciso di rafforzare la loro cooperazione economica, con l’intento di contrastare la politica protezionista di Trump. Le dichiarazioni di Wang Yi, ministro degli Esteri cinese, e di Takeshi Iwaya, omologo giapponese, sono chiare: la globalizzazione deve essere sostenuta da tutti, non solo da chi ha il potere di imporre dazi e restrizioni.

In effetti, la politica commerciale di Trump ha messo sotto pressione Paesi come Giappone e Corea del Sud, che ora si trovano costretti a fronteggiare un nuovo scenario internazionale, dove l’interesse economico prevale su quello politico. I dazi sulle automobili imposti da Washington, che entreranno in vigore il prossimo aprile, rischiano di danneggiare gravemente le economie giapponese e sudcoreana, che vedono nei colossi come Toyota, Hyundai e Honda una risorsa fondamentale. Tuttavia, ciò che emerge da questi negoziati è che la cooperazione tra Cina, Giappone e Corea del Sud non è solo una risposta alle politiche di Trump, ma un chiaro messaggio alla Casa Bianca: il mondo sta cambiando, e anche gli alleati tradizionali si stanno adattando a un nuovo ordine.

Anche il Giappone, che ha da tempo espresso preoccupazione per l’influenza crescente della Cina nella regione, ha dovuto fare i conti con le sue divergenze politiche con Pechino, specialmente riguardo alla sicurezza nel Mar Cinese Orientale. Tuttavia, il Giappone ha anche dovuto prendere atto della necessità di una cooperazione economica con la Cina, che rimane uno dei suoi principali partner commerciali. La diplomazia, quindi, deve fare i conti con una crescente complessità, dove le differenze politiche vengono messe da parte per garantire la stabilità economica e la cooperazione regionale.

Nel frattempo, la Corea del Sud, che ha sempre avuto una linea più dura nei confronti della Corea del Nord, sta cercando di conciliare le proprie alleanze con gli Stati Uniti e la crescente influenza della Cina. Le posizioni contrastanti sulla guerra in Ucraina, la cooperazione militare illegale tra Russia e Corea del Nord e le tensioni sull’Asia orientale mostrano che la regione è più divisa che mai, nonostante gli sforzi per trovare una via comune.

In definitiva, il mondo sta vivendo una svolta storica. La politica internazionale, in particolare la diplomazia economica e commerciale, sta assumendo nuove forme, con l’emergere di nuovi poli di potere e alleanze che non si basano più solo sulla tradizione, ma su una continua ricerca di stabilità economica e strategica.

L’era di Trump e il “Nuovo Ordine Mondiale”