Europa limita aziende controllo mail ai dipendenti

   

Europa limita aziende controllo mail ai dipendenti

Una recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) potrebbe influenzare in maniera significativa le modalità e le possibilità di monitoraggio dei messaggi di posta elettronica da parte delle aziende. Il tribunale di Strasburgo, infatti, su ricorso presentato da un cittadino rumeno licenziato in seguito a controllo della sua casella mail, ha stabilito che monitorare i messaggi e le comunicazioni web di un impiegato sul posto di lavoro equivale ad una violazione del diritto alla vita privata e alla corrispondenza e che i datori devono, in ogni caso, informare il personale se stanno spiando i loro messaggi e le loro conversazioni anche quando fossero effettuate in contesto aziendale.

Il lavoratore in questione, tale Bogdan Barbulescu, era stato licenziato dieci anni fa per aver utilizzato internet e la casella di posta lavorativa per fini personali; tale licenziamento avveniva in seguito all’esibizione, da parte della sua  società, delle conversazioni private con la sua famiglia effettuate attraverso l’indirizzo mail di lavoro. I giudici hanno scoperto che tale società aveva violato il diritto di Barbulescu alla privacy senza averlo preventivamente informato in merito all’accesso alle sue  comunicazioni. Tra l’altro, alcuni dei messaggi presentati come prova sono stati descritti come di natura “strettamente intima”.

Secondo quindi la Grande Camera della CEDU, sentenza del 5 settembre 2017, le autorità nazionali rumene non hanno protetto in modo adeguato il diritto al rispetto della vita privata e della corrispondenza del lavoratore licenziato. La Corte di Strasburgo ha di conseguenza condannato la Romania per violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – che tutela appunto il diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza – equiparando così la privacy digitale dei lavoratori ai diritti di cui sopra.

I giudici hanno dunque stabilito che “un datore di lavoro non può ridurre a zero la vita sociale privata di un impiegato”, come si legge  nella nota della Corte. “I diritti personali continuano ad esistere, pur quando siano previste restrizioni sul posto di lavoro”. I giudici di Strasburgo hanno poi fissato una serie di paletti che limitano l’azione del datore di lavoro: ossia, le aziende possono  sicuramente sorvegliare le comunicazioni dei propri dipendenti sulla rete aziendale, prevedendone anche il licenziamento in caso di utilizzo  per fini personali, ma solo rispettando determinate condizioni. Il datore di lavoro deve infatti comunicare ai propri dipendenti  l’inizio dei controlli; in caso di mancata notifica decade la legittimità del monitoraggio e dell’eventuale licenziamento o azione  disciplinare. In altri termini la natura delle verifiche deve essere ben chiara al lavoratore prima che si proceda con il monitoraggio. Lo stesso amministratore di sistema potrà accedere alle comunicazioni telematiche del lavoratore solo dopo specifica notifica.

I giudici suggeriscono inoltre di sondare, caso per caso, il “grado di intrusione” nella privacy di un lavoratore. “Bisogna  distinguere tra il monitoraggio del flusso delle comunicazioni e del loro contenuto”, afferma la sezione Q & A della sentenza. Risulta necessario, inoltre, considerare se siano state monitorate tutte le comunicazioni o solo una parte di esse, e se il monitoraggio sia stato o meno limitato nel tempo e quante persone abbiano avuto accesso ai risultati.

Va poi accertato che le misure di sorveglianza messe in atto servano esclusivamente agli scopi dichiarati dal datore di lavoro, vale a dire  se la verifica serva effettivamente a controllare la produttività ed il rispetto delle regole aziendali da parte del dipendente. Le autorità devono inoltre stabilire se le aziende abbiano fornito motivazioni sufficienti a giustificare tutte le indagini intraprese.

Sebbene la CEDU non abbia il potere di emanare nuove leggi, questa sua sentenza potrebbe influenzare in maniera netta le decisioni nazionali in merito a quando e come possa considerarsi accettabile il monitoraggio delle email. Alcuni stati europei, come ad esempio la Francia, hanno già adottato misure per dare ai cittadini più diritti in materia di comunicazione aziendale. Infatti all’inizio di quest’anno, tale paese ha adottato una legge che richiede alle aziende di concordare periodi in cui il personale può ignorare i messaggi email aziendali e utilizzare il tempo per altra corrispondenza.

Per quanto riguarda invece l’Italia, bisogna ricordare che il Garante della privacy si è recentemente espresso in merito all’utilizzo della posta elettronica e di internet: nello specifico, ha statuito che i datori di lavoro pubblici e privati non possono controllare la posta elettronica e la navigazione in Internet dei dipendenti, se non in casi eccezionali. Spetta al datore di lavoro definire le modalità d’uso di tali strumenti ma tenendo conto dei diritti dei lavoratori e della disciplina in tema di relazioni sindacali.

di Giovanni Calcerano