Libano in fiamme

di Antonio Adriano Giancane

Il Libano è devastato da un’escalation senza precedenti di violenza. I bombardamenti israeliani, che secondo le autorità locali hanno già causato la morte di oltre 600 persone, non mostrano segni di arresto. Le tensioni tra Israele e Hezbollah, il potente gruppo sciita libanese, continuano a crescere, rendendo sempre più fragile la situazione sul terreno.

Nelle ultime ore, l’esercito israeliano ha dichiarato di aver risposto ai continui lanci di razzi da parte di Hezbollah, i cui missili hanno colpito il nord di Israele, provocando incendi e danni materiali. Le forze israeliane hanno distrutto le postazioni di lancio utilizzate dai miliziani, continuando poi a colpire il Libano con una serie di raid aerei. Martedì pomeriggio, un nuovo attacco ha centrato il sobborgo di Ghobeiri, a sud di Beirut, colpendo un edificio. Tuttavia, non è ancora chiaro se ci siano state vittime o feriti.

Le operazioni militari si sono estese ben oltre la capitale, coinvolgendo l’artiglieria e i carri armati lungo la zona di confine. Decine di attacchi aerei sono stati lanciati su obiettivi di Hezbollah, mentre nel nord di Israele si sono susseguiti per ore gli allarmi per il rischio di nuovi razzi. La popolazione, terrorizzata, si è rifugiata nei bunker, e diversi civili hanno riportato ferite lievi durante la fuga o in incidenti stradali provocati dal panico.

La recente ondata di violenza ha messo a dura prova Hezbollah, che ha sempre cercato di presentarsi come il baluardo della resistenza libanese contro Israele. I bombardamenti israeliani hanno evidenziato crepe nella strategia difensiva del gruppo, che sta perdendo consenso sia in Libano che a livello regionale. In passato, Hezbollah godeva di un ampio supporto popolare, ma oggi il quadro appare diverso: la partecipazione del gruppo alla guerra civile siriana al fianco di Bashar al-Assad ha alienato parte della popolazione, accrescendo le divisioni interne al Paese.

Anche l’ex direttore della CIA, Leon Panetta, ha evidenziato la gravità della situazione, definendo gli attacchi israeliani con i cercapersone come una forma di terrorismo. Secondo Panetta, questo tipo di strategia, che entra nelle catene di approvvigionamento e colpisce oggetti di uso quotidiano, avrà conseguenze di lungo periodo, non solo per il Libano ma anche per l’intera regione.

Nel frattempo, la crisi umanitaria si aggrava. Migliaia di persone stanno fuggendo dal sud del Paese verso il nord, cercando rifugio in città come Beirut e Sidone. Le famiglie hanno passato la notte in rifugi di emergenza, spesso allestiti in scuole, mentre chi non ha trovato un posto dove stare è costretto a dormire in auto, parchi o persino sulle spiagge. A Baalbek, la popolazione si è riversata in massa alle stazioni di servizio e alle panetterie per garantirsi scorte di cibo e carburante, temendo ulteriori bombardamenti.

La portata della devastazione è enorme: i dati satellitari indicano che solo nelle ultime 24 ore sono stati colpiti oltre 1700 chilometri quadrati di territorio libanese, con vasti incendi che stanno divorando la regione meridionale del Paese, dalla valle della Bekaa fino alla città costiera di Nakura, dove si trova una base della missione di pace dell’ONU (Unifil).

Il Capo di Stato Maggiore israeliano, Herzi Halevi, ha chiarito che non ci sarà tregua per Hezbollah. Gli attacchi continueranno nei prossimi giorni e le forze israeliane verranno ulteriormente rafforzate. L’obiettivo di Israele è quello di convincere Hezbollah a ritirarsi dalle aree di confine, ma la popolazione libanese sta pagando un prezzo altissimo.

Sebbene il governo israeliano speri che questi attacchi possano scatenare una ribellione contro Hezbollah, la realtà sul campo appare molto più complessa. I libanesi, spaventati e stremati da anni di instabilità, sembrano troppo esausti per reagire nel bel mezzo di un conflitto. Nonostante la crescente sfiducia nei confronti del gruppo sciita, molti in Libano guardano con orrore ai bombardamenti israeliani e alle distruzioni causate dai raid a Gaza, e questo potrebbe portare a una naturale mobilitazione contro Israele.

La situazione rimane dunque estremamente tesa e delicata. La popolazione libanese, già fortemente provata dalla mancanza di risorse e infrastrutture, sta affrontando una nuova ondata di violenza e terrore. I prossimi sviluppi militari e politici saranno determinanti per il futuro non solo del Libano, ma anche dell’intera regione, che continua a vivere nell’incertezza e nella paura di una guerra che potrebbe allargarsi e dagli esiti imprevedibili.

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