Gli Stati Uniti mandano nel Mediterraneo l’Abraham Lincoln Carrier Strike Group. Il “Carrier strike group” sarà operativo nella zona della Sesta flotta degli Stati Uniti che ha base a Napoli, dove si trova anche il Comando della United States Naval Forces Europe. La portaerei è entrata in acque europee “per addestrare, pattugliare e mostrare forza nelle regioni in cui la Marina russa è diventata più attiva”, cita un comunicato della marina americana.
L’Abraham Lincoln Carrier Strike Group, riferisce la Marina statunitense, vanta “capacità di risposta ovunque e ogniqualvolta ciò sia richiesto attraverso una serie di missioni, oltre ad avere flessibilità e sostenibilità per combattere guerre importanti e garantire la libertà dei mari”. L’ingresso delle forze statunitensi segue le voci ventilate dalla stampa sul presunto rientro di un team di forze speciali statunitensi in Libia, nella zona di Misurata, città-Stato alleata di Tripoli nella conflitto contro il generale Khalifa Haftar. Lo scorso 7 aprile, il comando statunitense in Africa (Africom) aveva annunciato il “temporaneo trasferimento” dei suoi uomini dal teatro libico “per ragioni di sicurezza”.
In un’intervista al “Corriere della Sera”, il senatore Usa Lindsey Graham, considerato come un punto di riferimento del presidente Donald Trump in politica estera, aveva ammesso che sulla Libia gli Stati Uniti dovrebbero fare di più: “Sarà mio impegno incalzare l’amministrazione Trump a essere più presente, più visibile. Posso già dire una cosa: il governo degli Stati Uniti è contrario a qualsiasi soluzione militare imposta da una delle due parti in conflitto, semplicemente perché non sarebbe sostenibile. Il paese resterebbe nel caos. E le conseguenze si scaricherebbero sulla popolazione, ma anche sulla stabilità della Tunisia e dell’Egitto”.
La situazione sul terreno
Il generale Khalifa Haftar ha ripreso la sua avanzata intorno a quella città di Azizya, cento chilometri a sud della capitale, fondamentale per creare uno snodo logistico da cui muovere benzina munizioni e viveri alle truppe impegnate sui diversi versanti della prima linea. Azizya sarebbe caduta nella notte di venerdì dopo una prolungata serie di attacchi che hanno costretto alla ritirata i gruppi fedeli al premier Al Serraj. Ma il successo non è definitivo. La logistica delle truppe di Haftar, divise tra diversi gruppi poco coordinati tra loro, è tutta da costruire e richiederà diversi giorni per consolidarsi. Un’altra direttiva dell’avanzata si snoda su Suani ben Adem, 25 chilometri a sud di Tripoli. Gli aerei del generale ieri hanno bombardato la zona di Ain Zara ritornata sotto il controllo delle milizie di Tripoli dopo i combattimenti dei giorni scorsi. Altri raid dell’Esercito Nazionale Libico hanno avuto come obiettivo la base militare di Rahbet Al-Deroua nella zona di Tajoura, a est di Tripoli. Nella base è di stanza il 33esimo Reggimento Fanteria guidato da Bashir Khalafullah al-Maqni. Le forze vicine al governo libico di concordia nazionale hanno intanto annunciato l’arresto di diversi uomini fedeli al generale Haftar nella città di Zwara, a ovest di Tripoli.
Problemi per i flussi umanitari anche per l’Italia
Stando a quanto comunicato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari (Ocha) nella capitale sarebbero almeno 15mila gli sfollati in fuga dai quartieri di Tripoli. Il bilancio dei morti tra i quali 28 bambini ha raggiunto ieri quota 100. I feriti sono oltre cinquecento. Tra questi ultimi vi sono almeno 200 bambini.
Il premier italiano Giuseppe Conte ha detto che l’Italia è pronta ad affrontare anche questa emergenza.