La situazione in Libia in questi giorni sta subendo un’escalation senza precedenti dove la Turchia sta già inviando materiale bellico e miliziani (provenienti dalla Siria) a Tripoli per affiancare le truppe del capo del Governo provvisorio, riconosciuto dall’Onu, Fayez al Serraj. Erdogan è in attesa del sigillo parlamentare che dovrebbe avere il prossimo 2 gennaio, in una riunione straordinaria del consiglio legislativo turco.
Al riguardo molto autorevole la dichiarazione dell’ammiraglio di divisione (della riserva) Nicola De Felice che conosce bene la problematica per via del suo ultimo incarico, terminato nel 2018, in qualità di responsabile territoriale e logistico della Marina Militare in Sicilia dove ha trattato direttamente le incombenze legate alla gestione del flusso migratorio irregolare in Sicilia
Così l’ammiraglio ha commentato gli ultimi eventi: “Il caos libico rischia di farci catapultare foreign fighters dell’ISIS già combattenti in Siria direttamente in Sicilia.
Quello che mi preoccupa è l’incosciente spola delle navi ONG tra le coste libiche e l’Italia, potenziali traghettatori di cellule terroristiche. Ricordo che con la Sea Watch 3 di Carola Rackete arrivarono i tre torturatori libici poi arrestati. La politica dei porti aperti non può che accentuare il fenomeno. Il Viminale già a Natale aveva emesso un’ordinanza con cui parlava di «persistenza della minaccia terroristica internazionale».
Ma c’è qualcosa in più da evidenziare: ben presto avremo in Libia combattenti stranieri che oltre a minare la sicurezza nazionale con il controllo del rubinetto dei flussi migratori, delle armi e della droga, avremo degli eserciti di mercenari che condizioneranno pesantemente i nostri interessi economici ponendo le mani sulle concessioni petrolifere ENI, sulle piattaforme off-shore e sul gasdotto Greenstream che collega la Libia con Gela, da lì nella rete nazionale fino a permettere alle nostre casalinghe di Verona di preparare il caffè ogni mattina.
Ciò che mi sconcerta non è tanto quello che fanno le altre nazioni come la Turchia o la Russia, ma quello che non fa il nostro Governo per tutelare i nostri interessi nazionali in Libia. La conservazione della libertà di un popolo è direttamente proporzionale alla capacità del suo governo di tutelare i suoi interessi nazionali. Senza degli statisti capaci di definire e di attuare una strategia di sicurezza nazionale, l’Italia è persa.”