Libia, Conferenza di Berlino: “Una passerella ormai tardiva”

IL RISULTATO DELLA CONFERENZA DI BERLINO

Le delegazioni di Fayez al Serraj e quella del generale Haftar si sono rifiutate di incontrarsi durante tutte le fasi della Conferenza di Berlino. 

l premier di Tripoli Fayez al Serraj ha anche detto all’agenzia Dpa che “Se l’aggressione del generale Khalifa Haftar riprenderà, continueremo a difenderci con forza fino a quando non sarà sconfitta. Noi non abbiamo attaccato nessuno“.

(di Massimiliano D’Elia) La cancelliera Angela Merkel a margine della conferenza di Berlino per il dossier Libia ha espresso, invece, un cauto ottimismo: “Abbiamo messo a punto un piano molto ampio, tutti hanno collaborato in modo molto costruttivo, tutti sono d’accordo sul fatto che vogliamo rispettare l’embargo delle armi con maggiori controlli rispetto al passato. Non abbiamo risolto tutti i problemi ma abbiamo creato lo spirito, la base per poter procedere sul percorso Onu designato da Salamé“.

Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, in conferenza stampa: “Non esiste soluzione militare, tutti sono d’accordo con questo anche quelli che possono avere ruolo diretto nel conflitto”, ha aggiunto, spiegando anche che i partecipanti sono d’accordo anche sulla fine delle interferenze esterne.

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte su twitter: “Finalmente sono stati nominati i componenti del Comitato militare congiunto per la Libia. Avanti così“. Il riferimento è alla nomina dei membri del comitato ‘5+5’ incaricato di monitorare il cessate il fuoco. Durante la conferenza stampa ha detto: “Ci possiamo ritenere soddisfatti perché comunque abbiamo compiuto passi avanti, 55 punti condivisi, che includono il cessate il fuoco, l’embargo sull’arrivo di nuove armi ed un percorso politico-istituzionale ben definito. E’ stato nominato anche il comitato militare congiunto che veglierà, monitorerà che la tregua sia rispettata, abbiamo dei passi avanti significativi“.

Anche il segretario di Stato americano Mike Pompeo appare soddisfatto: “Dialogo produttivo a Berlino per trovare una soluzione politica in Libia. Siamo a fianco del popolo libico mentre lavora per un futuro sicuro, libero dalla violenza e dalle interferenze straniere”.

I punti dell’accordo nella dichiarazione finale

La questione della missione militare

Durante il vertice ha tenuto banco la questione di una missione internazionale di pace in Libia: il tema più “caldo” della conferenza di Berlino sembra essere affrontato con visioni opposte dal Ghassan Salamè e da Giuseppe Conte. “Non sono sicuro che ci sia spazio per una missione europea in Libia”, dice Salamè. Secondo l’inviato dell’Onu per la Libia, l’opzione di un intervento esterno deve essere considerata ultima ratio. “Se c’è un accordo politico forte, sono meno necessari i soldati. Se invece l’accordo politico è molto debole, non ci saranno mai abbastanza soldati sul terreno per controllare la pace“. “Abbiamo presentato un piano di sicurezza che prevede il ritiro di tutti i ‘foreign fighter’, a prescindere dalla loro nazionalità“, ha detto Salamè”. 

Luigi Di Maio ritiene che l’Italia possa far parte di una “missione di interposizione” sotto l’egida delle Nazioni Unite: “Roma è pronta a ospitare la prossima riunione“. Il ministro degli Esteri ha poi aggiunto: “In Libia non devono entrare più armi. Nell’ambito dell’ombrello Onu e con precise regole sul cessate il fuoco e sullo stop alla vendita delle armi, penso che l’Italia possa far parte di una missione di interposizione“.

Tuttavia ai buoni propositi della conferenza di Berlino sono seguiti nuovi scontri nella periferia a sud di Tripoli, secondo una news di questa notte da parte di Al Jazeera. Ora toccherà vedere cosa faranno Russia e Turchia nel Mediterraneo e in Libia. Molto probabilmente  i punti dell’accordo di Berlino rimarranno impressi solo sulla carta e non avranno gli effetti sperati sul terreno dal momento che la Turchia a breve inizierà le attività di ricerca ed estrazione nel Mediterraneo orientale a seguito dell’accordo dell’8 dicembre scorso firmato tra Fayez al Serraj e Recep Tayyip Erdogan, con l’avallo “silenzioso ma influente” della Russia. Putin e Erdogan vogliono, in tutti i modi, ostacolare il gasdotto EastMed proveniente da Israele che approderà a Cipro e rivitalizzare la rilevanza del nuovo gasdotto Russo-Turco, Turkstream. Italia e Europa in tutto questo si sono mossi con  un imbarazzante ritardo.

Il problema delle estrazioni del petrolio in Libia 

Il Noc  – National Oil Corporation – ha dovuto bloccare la produzione di petrolio anche a Sud-Ovest nei campi di El Sharara ed El Feel dopo che le milizie del generale Khalifa Haftar hanno chiuso un oleodotto collegato ai pozzi.

Una milizia vicina ad Haftar ha bloccato l’oleodotto che trasporta il greggio dal giacimento alla raffineria di Zawiya, sulla costa del Mediterraneo. Sia i pozzi che la raffineria sono gestiti dalla “MOG”, Mellitah Oil & Gas, la società in joint venture fra Noc e l’italiana Eni.

Il capo della NOC chiede “se la Conferenza di Berlino possa procedere come se nulla fosse se il blocco del petrolio non verrà revocato. Qualsiasi decisione adottata in queste circostanze non sarebbe legittima e non potrebbe essere duratura“. L’ingegner Sanalla, capo del Noc continua dicendo che “queste tattiche sono inaccettabili, si deve reagire nel modo più duro possibile. Bloccare il petrolio è un crimine per la legge libica. La Libia che dovrebbe emergere dalla conferenza di Berlino dovrebbe essere uno stato legale. Continuare la conferenza in queste condizioni di illegalità sarebbe una accettazione della illegalità inaccettabile“.

I lavoratori del campo di El-Sharara (Akakus) hanno confermato che la produzione si è fermata gradualmente domenica dopo la chiusura delle valvole lungo il gasdotto che collega Rayan alla raffineria di Zawiya, nella regione occidentale, nell’ambito di un’iniziativa popolare contro le interferenze straniere e l’intervento turco in Libia. La rabbia del Fezzan, un movimentato giovanile che riunisce giovani di diverse tribù nel sud della Libia, si era detto pronto in mattinata a chiudere nuovamente i campi petroliferi perchè le loro domande erano rimaste inascoltate, mentre il Consiglio presidenziale continua ad usare le entrate del settore petrolifero per pagare mercenari e milizie che prolungano il conflitto.

La produzione sarebbe stata sospesa anche nei campi di el-Feel e Abu Attifel. La chiusura dei campi petroliferi, dopo la sospensione delle esportazioni dai porti della Libia centro – orientale e l’annuncio di forza maggiore da parte della National Oil Corporation (NOC), è avvenuta mentre Berlino ospitava la Conferenza internazionale di Berlino che ha riunito 12 paesi interessati al fascicolo libico oltre a Nazioni Unite, Unione Africana, Lega degli Stati Arabi ed Unione Europea. Il capo del Consiglio supremo per le tribù di Azawiyah, lo sceicco al-Senussi al-Haliq, ha dichiarato ieri che la chiusura dei giacimenti petroliferi e la cessazione del pompaggio di petrolio era una richiesta puramente popolare e non aveva nulla a che fare con nessun altra fazione politica o militare.

Al-Haliq, rispondendo alle accuse di NOC verso il Libyan National Army (LNA) ha spiegato che “le varie tribù libiche hanno partecipato a un incontro tenutosi venerdì nell’area di Zwaitina chiedendo ai propri figli all’interno del campo di smettere di pompare petrolio perchè il Governo di Riconciliazione a Tripoli ha portato mercenari siriani, armi e munizioni per uccidere il popolo libico con i suoi soldi, oltre a legittimare l’intervento militare turco sul suolo libico”.

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