Secondo Nova, Tripoli guidato dal premier Fayez al Sarraj nato dagli accordi del 2015 continuerà a essere l’unico esecutivo libico riconosciuto fino alle prossime elezioni nel 2018: nel frattempo la Comunità internazionale non tollererà alcuna soluzione di tipo militare minacciata dal generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica e comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna). E’ quanto emerge dalla seduta del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite presieduta ieri a New York dal ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Angelino Alfano, e che ha visto l’intervento dell’inviato Onu in Libia, Ghassan Salamé, il quale ha parlato di “importanti passi avanti” nel dialogo in corso a Tunisi tra la Camera dei rappresentanti di Tobruk e l’Alto Consiglio di Stato di Tripoli. Che venga emendato oppure no, l’Accordo politico libico sottoscritto il 17 dicembre 2015 a Skhirat, in Marocco, “deve rimanere il quadro” per trovare una soluzione politica alla crisi in Libia, ha detto Salamé. Il diplomatico libanese dell’Onu ha spiegato che il piano d’azione per risolvere la crisi in Libia “non riguarda particolari candidati o meccanismi per un nuovo capo del Consiglio presidenziale o del governo”.
E’ fondamentale, ha detto Salamé, che si arrivi a nuove elezioni nel 2018. “Non è importante chi, ma come. E questo significa che ci deve essere un processo giusto, libero e trasparente. Questo è quello che chiede la stragrande maggioranza dei libici”, ha detto l’inviato Onu. Tuttavia, secondo Salamé, non ci sarà alcun voto senza certezza che le elezioni non produrranno un terzo parlamento o un quarto governo. “Non ci saranno elezioni finché non saremo sicuri che non verranno aggiunti un terzo parlamento o un quarto governo. I libici meritano istituzioni nazionali incontestate. L’Alta commissione elettorale sta lavorando per avviare un censimento degli elettori prima della fine dell’anno. La Comunità internazionale è pronta a sostenere questo processo”, ha detto Salamé, invitando la Camera dei rappresentanti di Tobruk, il parlamento monocamerale libico, ad approvare la legislazione elettorale quanto prima.
Secondo il ministro Alfano, correre alle elezioni in Libia senza progressi nel campo della sicurezza e della riconciliazione nazionale potrebbe essere controproducente. “Votare senza avere delle regole potrebbe alimentare le tensioni”, ha detto il titolare della Farnesina, invitando i libici a “sostenere il processo politico e l’opportunità offerta dal piano d’azione di Salamé”. Il capo della diplomazia italiana ha sollecitato le parti libiche a mostrare “spirito di compromesso di apertura” nel dialogo mediato dall’Onu per trovare una soluzione alla crisi. L’anniversario dei due anni dell’Accordo politico libico sottoscritto in Marocco, ha sottolineato Alfano, “non è una scadenza”. La data del 17 dicembre prossimo, ha aggiunto il capo della diplomazia italiana, “non è una deadline, ma dovrebbe essere usata per raddoppiare gli sforzi per il compromesso politico e la riconciliazione”. La comunità internazionale non può permettersi un “pericoloso vuoto” nelle istituzioni politiche libiche e per questo l’Accordo politico libico rimane “l’unico quadro per la transizione” della Libia verso la democrazia, ha aggiunto Alfano.
Non ci sono scorciatoie militari per risolvere la situazione in Libia, ha proseguito il ministro degli Esteri italiano. “Una soluzione politica è indispensabile. Non ci sono scorciatoie militari, perché se una parte adotta l’opzione militare la crisi può continuare ancora per un lungo periodo e Daesh (acronimo di Stato islamico dell’Iraq e del Levante) potrebbe riemergere”, ha detto il titolare della diplomazia italiana. “La lotta contro il terrorismo deve rimanere una priorità strategica”, ha detto ancora Alfano. A tal riguardo, il controllo delle frontiere libiche è fondamentale per evitare l’eventuale ritorno in Europa dei foreign fighter sconfitti in Siria e in Iraq. “Oggi dopo la sconfitta di Daesh (acronimo arabo di Stato islamico dell’Iraq e del Levante) in Iraq e in Siria i combattenti stranieri potrebbero ritornare in Libia e da lì in Europa”, ha spiegato il titolare della Farnesina. “L’Italia ha salvato migliaia di migranti e rifugiati combinando solidarietà e sicurezza. Soprattutto in questo momento è un imperativo di sicurezza contrarsi sulle frontiere libiche. Si tratta di un compito che deve essere condiviso dai maggiori attori della Comunità internazionale”, ha detto Alfano.
Per migliorare la situazione di sicurezza in Libia, ha proseguito Alfano, è necessario che vi siano delle forze armate nazionali unite sotto il controllo del Consiglio presidenziale. “La Libia non può cadere vittima di nuovi conflitti armati. L’Italia ha condannato i raid aerei a Derna e le orribili uccisioni scoperte vicino a Bengasi”, ha detto il capo della diplomazia italiana, unendosi all’appello di Salamé affinché venga avviata “un’indagine imparziale sugli ultimi tragici episodi”. Il calo dei flussi migratori in Libia è “incoraggiante”, ha aggiunto il ministro, ma “non può avvenire a spese dei diritti umani”. L’Italia, con l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), ha pubblicato da poco un bando, che prevede dotazioni finanziarie pari 2 milioni di euro, per interventi di primissima emergenza nei centri per migranti e rifugiati in Libia. Il bando, che rientra nell’impegno dell’Italia a lavorare a fianco delle Libia per migliorare le condizioni dei centri per migranti, scade il 29 novembre 2017. “Vogliamo migliorare le condizioni dei centri per migranti e rifugiati. Stiamo ora lanciando nuovi progetti per le Ong e stiamo lavorando insieme all’Unhcr e Oim”, ha detto il capo della diplomazia italiana.
Salamé, da parte sua, ha detto che le Nazioni Unite sono pronte a trovare “soluzioni sostenibili” insieme al governo di Tripoli e ai vicini “settentrionali e meridionali” della Libia per risolvere il problema dei migranti e dei rifugiati che vengono “arbitrariamente detenuti” nel paese nordafricano. “Su migranti e rifugiati abbiamo visto che un numero crescente di persone vengono detenute in modo arbitrario. I migranti continuano essere soggetti a violenza estrema, lavoro forzato, estorsioni, uccisioni e altri gravi abusi all’interno e all’esterno dei centri ufficiali di detenzione”, ha detto Salamé. Il diplomatico libanese ha quindi invitato il governo libico “ad affrontare frontalmente e completamente” questo tema per “trovare soluzioni che rispettino i diritti dei migranti”. Le Nazioni Unite, ha aggiunto Salamé, “sono pronte a lavorare con le autorità libiche e i vicini meridionali e settentrionali per trovare soluzioni sostenibili”.
La situazione umanitaria in Libia, ha avvertito infine l’inviato Onu, è “catastrofica” e il 25 per cento della popolazione necessita di aiuti. “Non possiamo ignorare la situazione umanitaria catastrofica della Libia. Nel passato il paese era un donatore per l’Africa, mentre ora il 25 per cento della popolazione ha bisogno di aiuto”, ha detto il diplomatico libanese. In particolare, il sistema sanitario nazionale libico opera in condizioni critiche e solo una parte di esso funziona. “Mancano medicine, attrezzature e personale”, ha detto ancora l’inviato delle Nazioni Unite, sottolineando che in queste condizioni il paese è “vulnerabile a una potenziale epidemia”.