Fayez al Sarraj ha dichiarato lo stato di emergenza a Tripoli dopo l’avanzata micidiale della 7/ma brigata ribelle (era stata sciolta da Sarraj ad aprile scorso) che non sembra avere alcuna intenzione di fermarsi. Il consiglio presidenziale è stato costretto alle misure di emergenza dopo la violazione reiterata delle fragili tregue proclamate nei giorni scorsi.
Il governo etichetta l’avanzata della milizia «attentato alla sicurezza della capitale e dei suoi abitanti, davanti ai quali non si può restare in silenzio». L’obiettivo dei miliziani – sempre secondo il consiglio – «è quello di interrompere il processo pacifico di transizione politica» cancellando «gli sforzi nazionali e internazionali per arrivare alla stabilizzazione del Paese».
I militari italiani in Libia stanno bene e sono in sicurezza. Nessun problema è stato riscontrato all’ospedale da campo a Misurata. Lo fanno sapere fonti della Difesa. Il ministro Elisabetta Trenta segue costantemente l’evolversi dei fatti ed è in continuo contatto con lo Stato Maggiore della Difesa, che le fornisce aggiornamenti puntuali sulla situazione. I funzionari dell’ambasciata italiana a Tripoli, così come ha detto ieri sera Matteo Salvini durante un suo intervento a Bergamo, starebbero tornando in Italia.
Sarraj ha passato la domenica protetto nel suo quartier generale in una base navale incontrando ministri e responsabili militari, ai quali ha affidato i piani per ristabilire l’ordine. I consigli municipali degli anziani, in uno strenuo tentativo di mediare tra le parti, hanno lanciato un appello a fermare gli scontri. Un appello che tuttavia sembra destinato a rimanere inascoltato.
La 7/ma brigata, protagonista dell’assalto alla capitale che da lunedì scorso è costato la vita a oltre 40 persone e ha provocato centinaia di feriti, avanza da sud e punta sul centro della città. I miliziani hanno annunciato l’imminente assalto al quartiere di Abu Salim a Tripoli, tristemente celebre perché vi sorge il carcere dove il defunto rais Muammar Gheddafi fece strage di oppositori nel 1996, quasi 1.300 i prigionieri massacrati a colpi di granate. La Brigata «continuerà a combattere fino a quando le milizie armate non lasceranno la capitale e la sicurezza sarà ripristinata», ha tuonato il leader Abdel Rahim Al Kani. «Noi non vogliamo la distruzione, ma stiamo avanzando in nome dei cittadini che non riescono a trovare cibo e aspettano giorni in coda per avere lo stipendio, mentre i leader delle milizie si godono il denaro libico», ha incalzato Kani. La Brigata ha assunto il controllo di diversi quartieri, nei quali «i residenti erano costretti a pagare un tributo» alle milizie fedeli al governo Sarraj.
Nella serata di domenica i suoi portavoce militari hanno annunciato la conquista di centri strategici lungo l’asse verso l’aeroporto, chiuso da due giorni dopo il lancio di alcuni razzi e colpi di mortaio verso lo scalo. Proprio in quest’area, stando a quanto si apprende, si sarebbero consumati «feroci combattimenti», i miliziani di Kani affermano di aver conquistato un’accademia di polizia e una sede del ministero dell’Interno lungo la direttrice verso l’aeroporto. Intanto Reuters riporta che circa 400 prigionieri sono fuggiti da una prigione nella capitale libica domenica, mentre i combattimenti tra gruppi armati rivali hanno imperversato nelle vicinanze, un funzionario giudiziario ha detto che le Nazioni Unite hanno chiesto alle parti in conflitto di incontrarsi martedì.
I detenuti hanno forzato le porte della prigione di Ain Zara e le guardie non sono state in grado di fermarli, ha detto il funzionario, confermando una dichiarazione della polizia giudiziaria pubblicata sui social media.
Ha chiesto di non essere identificato e non ha potuto fornire ulteriori dettagli.