Riproponiamo l’intervista di AGENPARL al generale Pasquale Preziosa, già Capo di stato maggiore dell’Aeronautica militare e ora Presidente di PRP Channel.
Gentiloni ha chiesto al Parlamento di approvare la linea dell’interventismo militare in Libia. Corriamo ancora una volta dietro ai francesi? «Il problema non è di correre dietro ai francesi e l’Italia non è mai stata interventista, anzi al contrario ha sempre preso tempo, talvolta troppo tempo, prima di decidere. La Libia e il mediterraneo sono sicuramente un nostro problema ma anche una nostra risorsa strategica, come lo è per la Francia, storicamente presente in tutta l’area del nord Africa. La politica francese è stata sempre molto attiva in Africa e i suoi rapporti con il nord Africa sono di primordine e più estesi rispetto all’Italia. Certamente da quando Jean Yves Le Drian è stato nominato ministro degli esteri nell’esecutivo del presidente francese Macron era chiaro che avrebbe cercato di capitalizzare il lavoro fatto come Ministro della difesa nella precedente legislatura, riposizionando la politica francese in Libia dietro l’uomo forte del momento sul terreno libico: il generale Khalifa Haftar. Il 17 Luglio vi è stata la riunione dei ministri degli esteri europei a Bruxselles e il ministro Le Drian ha avuto modo di parlare con il capo della EEAS (European External Action Service) Federica Mogherini. In una intervista al giornale Le Mond del 17 luglio la Mogherini riconosce che Haftar risulta essere un interlocutore importante per le negoziazioni del futuro della Libia. A Le Drian è stato chiesto di utilizzare la sua influenza per evitare che Egitto e Emirati Arabi Uniti possano peggiorare la situazione in Libia prendendo vantaggio dall’isolamento cui è stato messo il Qatar, rinforzando ancora di più il generale Haftar, e gli è stato ricordato che la città di Misurata è della stessa importanza di Tripoli e Tobruk.».
È Sarraj che ha chiesto all’Italia di intervenire oppure è il contrario? «L’Italia ha la necessità di porre in essere azioni concrete, secondo un piano strategico di interesse nazionale coniugato con quello comunitario per non subire l’esodo dei migranti sulle proprie coste. L’Italia è stata sempre molto presente in Libia e vuole continuare ad esserlo, nel passato ha richiesto di detenere la leadership sulla dossier Libia che le è stata concessa . Purtroppo i frutti di questa leadership non si sono visti e il mondo non aspetta tempi biblici per risolvere i problemi. Non è dato di sapere chi ha chiesto cosa e perché: la situazione che era confusa sembra esser stata dipanata dal nostro governo, le discussioni sui giornali, talvolta, rischiano di peggiorare la percezione dell’Italia in Libia, mettendo a dura prova quel poco che si è riusciti a fare in quel paese.
Chi vuole l’intervento militare in Libia e perché? «Nessun paese vuole un intervento diretto in Libia, perché manca un nemico. L’annuncio ‘avventato’ di inviare 5000 soldati, rimasto fortunatamente senza seguito, scatenò reazioni negative in Libia da parte di tutte le tribù: non fu una buona mossa politica, prima perché fu annunciata poi perché non fu attuata, anzi ci alienò qualche simpatia guadagnata col tempo in quel paese. I libici anche se divisi in tribù e famiglie, portatrici di interessi locali non sono i nemici, loro devono trovare la via della convivenza e a noi stranieri serve aiutarli a trovare la via nuova verso la stabilizzazione. La Libia è stata destabilizzata dall’occidente. Quello Libico è stato un disastro generato da alcuni paesi europei, non certo dall’Italia, che va avanti dal 2011. In una relazione del parlamento inglese del 2016 è riportato che per la Libia potevano essere prese decisioni differenti, invece è stata presa la peggiore. La politica Italiana in quel momento fu ininfluente per evitare il disastro, nonostante gli accordi con la Libia firmati con Gheddafi che ci impegnavano in molti campi. La stabilizzazione della Libia è un interesse nazionale, in primis, italiano per evitare la marea di immigrati che vogliono lasciare l’Africa. La politica di immigrazione dell’Italia non è stata condivisa dall’Europa che teme l’instabilità sociale nei propri paesi e la possibilità di radicalizzazione di alcuni migranti di cui si conosce quasi nulla. Siamo rimasti politicamente isolati con le nostre decisioni di fronte ad una urgenza per chiudere la falla della immigrazione.».
Non sarebbe stato più opportuno per il Governo italiano parlare anche con il generale Haftar? «Ogni paese parla con gli attori che ritiene più appropriati con le conseguenze che ne derivano. La Francia ha parlato con due interlocutori, l’Italia solo con uno di loro. Sicuramente il governo di Tobruk e quindi anche il generale Haftar, ha reagito negativamente alla supposta missione militare dell’Italia. Sarraj è stato presente in Francia come capo di un governo Libico voluto dall’ONU ma non votato dai libici, il generale Haftar era presente come autorità Militare forte del governo di Tobruk eletto dai libici. Il generale Haftar è riuscito a sconfiggere il terrorismo islamico in terra di Libia, riportando un po’ di ordine nella regione; tra i due non corre buon sangue e Sarraj è stato apostrofato “un FANFARONE” da Haftar.»
L’Italia si sta imbarcando in una solitaria avventura bellica dagli esiti imprevedibili. Potrebbero essere anche peggio di quelli ottenuti alla fine del 2011? «L’Italia non si imbarcherà in nessun buco nero. All’Italia è stato richiesto un aiuto tecnico, peraltro contestato dal governo libico di Tobruk e l’Italia sta rispondendo con tutte le cautele del caso. Mi sembra che non sono stati stanziati fondi aggiuntivi per la missione stabilita, : ciò dà la cifra del nostro impegno in base a quanto ci è stato richiesto. Queste missioni vanno giudicate dagli effetti prodotti sul terreno o in mare: se il numero dei migranti sarà costante o in aumento nei prossimi periodi vuol dire che tale missione è stata non efficace o inutile.».
Le nostre forze armate sono in grado di affrontare anche questo ennesimo impegno sul campo?
«Le forze armate italiane sono da annoverare tra le più competenti della NATO: questo non è il mio giudizio ma quello dei comandanti NATO non Italiani. Essere in grado di fare una operazione vuol dire avere competenza che si acquisisce con l’addestramento e l’impiego continuo dei reparti nonché dalle risorse finanziarie assegnate. La Gran Bretagna ha un bilancio per la difesa da 60 miliardi circa, la Francia stanzia 43 miliardi circa , la Germania 40 miliardi annui e l’Italia 12 miliardi circa di Euro all’anno, questa scaletta evidenzia chi può fare qualcosa e con quale sostenibilità, considerando le quasi eque dimensioni del personale delle forze armate dei paesi citati.».