(di Massimiliano D’Elia) Pochi giorno fa vi è stata la riunione straordinaria del COPS – Comitato Politico di Sicurezza – sulla Libia. Il rappresentante del Servizio europeo di azione esterna (Seae) ha rappresentato ai vari ambasciatori intervenuti il piano per una rimodulazione della missione EunavforMEd – Sophia per la sorveglianza della risoluzione Onu sull’embargo delle armi.
Secondo quando scrive l’Ansa il documento è articolato in due fasi di intervento. Il primo realizzabile in tempi brevi prevede che il COPS fornisca linee guida operative al comandante della missione, per focalizzare i principali sforzi sull’attuazione dell’embargo sulle armi. Successivamente viene, invece, rimandata la ristrutturazione formale delle priorità del mandato con un cambio del nome della missione. Nella prima fase, così come per la seconda è previsto il ritorno all’utilizzo di assetti navali e viene introdotto l’uso di satelliti e droni per la sorveglianza.
Sula questione dei porti di sbarco per i migranti soccorsi in mare, il documento propone accordi ad hoc per gli sbarchi, ovvero un meccanismo condiviso per lo sbarco e la redistribuzione. La redistribuzione dei migranti, tuttavia, ha posto i maggiori dubbi e riserve da parte degli ambasciatori intervenuti.
Ricordiamo che fu l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini a mettere in discussione proprio la missione Sophia per il fatto che la stessa prevedeva la distribuzione dei migranti solo sul territorio italiano (porto di primo approdo). Vennero infatti sospese le missioni navali affidandosi esclusivamente alla sorveglianza tramite velivoli APR dell’Aeronautica Militare.
La situazione in Libia
A Sirte si respira una nuova aria da quando il generale Khalifa Haftar ha imposto le sue regole. Chiusura dei pozzi di petrolio e attacchi brevi e randomici intorno a Tripoli per tenere alta la tensione e non applicare il “cessate il fuco” chiesto con voce unanime dai Paesi del vertice di Berlino. Il popolo di Sirte è particolarmente grato a Khalifa Haftar perchè lo ha liberato dalle milizie di Misurata. Le Milizie di Misurata entrarono a Sirte con l’aiuto degli americani per combattere contro l’Isis.
A Sirte, oggi, tutti vorrebbero che a governare il Paese ci sia il figlio più avvezzo alla politica di Gheddafi, Saif al Isiam: “Ancora non sappiamo se Saif al Isiam, il figlio politico di Muammar, sarà davvero in grado di ricostruire la Libia. Dal 2011 è stato a lungo in prigione a Zintan, rischia di essere assassinato in ogni momento se esce allo scoperto. Ma certo ci proverà. E noi saremo con lui”.
La Libia dopo la morte di Gheddafi ha subito la rivoluzione il 17 febbraio 201. Prima l’avanzata delle brigate della rivolta, poi le controffensive delle tribù fedeli a Gheddafi, quindi i trionfi delle milizie di Misurata sostenute dalla Nato, seguiti dall’arrivo di Isis e le battaglie per debellarlo nel 2016. Il racconto della recente vittoria di Haftar, viene raccontata da Cremonesi su il Corriere della Sera che ha intervistato Ahmad Milud, un imprenditore di Tripoli che ai primi di gennaio si era trasferito dalla capitale a Sirte: “La decisione di venire è stata repentina, dettata dalla paura. Il 2 gennaio alle otto di mattina sono uscito in auto dalla mia casa nel quartiere di Hadba a Tripoli per comprare il pane. Ma sono rimasto stupefatto nell’incontrare due miliziani siriani appena inviati dalla Turchia a presidiare da soli un posto di blocco. È stato insopportabile. Non possiamo venire governati da truppe straniere e per giunta mercenari jihadisti. Prima di sera ero già in viaggio per Sirte con mia moglie e le nostre tre bambine».
L’arrivo in città delle truppe di Haftar. “È stato del tutto indolore, pacifico, senza alcuno spargimento di sangue in tutta Sirte. Neppure un colpo di fucile, se non quelli di gioia sparati in aria dalla popolazione per essere stata liberata. Alle cinque del pomeriggio Tv218, l’emittente di Bengasi, avvisava che le loro colonne stavano entrando dalla zona orientale. Altre erano in procinto di tagliare la strada costiera a ovest. Evidentemente le milizie di Misurata circondate da una popolazione ostile hanno scelto la ritirata veloce per evitare di rimanere accerchiate senza scampo“.
Ora occorre non perdere altro tempo perchè a sud della Libia l’Isis si starebbe organizzando per gettare sempre più il Paese nel caos. L’Onu e l’Ue devono affrettarsi ad imporre un cessate il fuoco duraturo e favorire il voto nazionale “protetto dalle ingerenze esterne” per la nomina di un nuovo capo politico escludendo i nomi di Haftar e al Serraj, troppo il risentimento e gli interessi dei due.
L’unica strada è la riattivazione della missione Sophia (prevedendo una soluzione strutturale equanime per la ridistribuzione dei migranti) e l’invio di una missione Onu, Ue, ovvero Nato, sul terreno, come forza di interposizione e “peace enforcing” per favorire libere e democratiche elezioni. L’alternativa è la destabilizzazione dei fragili equilibri esistenti lasciando il Mediterraneo quale area di conquista e crocevia di traffici illeciti di armi, droga, petrolio e soprattutto migranti.
In sostanza: “Tempo scaduto, urge una missione di terra prima che sia troppo tardi”.
Un cessate il fuoco fasullo, le preoccupazioni dell’inviato speciale dell’Onu Ghassam Salamè
Ieri in una intervista a France 24, l’inviato speciale del segretario generale delle Nazioni Unite in Libia, Ghassan Salamè, ha rivelato che la Missione (UNSMIL) ha registrato almeno 50 violazioni del cessate il fuoco, successive alla Conferenza di Berlino. Salamè ha spiegato che la Missione e gli esperti stanno ancora lavorando per accertare le responsabilità. documentare e fermare queste violazioni, la maggior parte delle quali si sono verificate nei pressi dell’aeroporto internazionale di Mitiga.
L’inviato, commentando l’avvertimento dell’LNA di abbattere qualsiasi “oggetto volante” nei cieli della capitale libica, ha detto che queste dichiarazioni arriverebbero in risposta alla fornitura di sistemi anti-missilistici e di difesa alle parti ingaggiate nella battaglia, un chiaro riferimento alla Turchia e agli altri sostenitori delle milizie affiliate al Governo di Accordo Nazionale (GNA). Come anticipato due giorni fa, sistemi difensivi presumibilmente forniti da Ankara sono stati istallati presso le torri di controllo e nel perimetro dello scalo aeroportuale di Tripoli. A tal proposito, l’inviato ha ribadito l’importanza di rispettare l’embargo perchè le violazioni di Stati terzi si trasformano in altre battaglie. La guerra civile è diventata “una guerra regionale, alla luce della forte interferenza dell’aviazione straniera e dell’uso di antiaerei contro l’aviazione straniera”.
Salamè ha confermato inoltre l’arrivo di uomini siriani in Libia, precisando che almeno 1000-2000, persone arrivate dalla Siria, starebbero già partecipando alla battaglia. Tuttavia la Missione non conoscerebbe l’identità politica di questi combattenti. Va anche detto che la Turchia ha confermato la presenza di proprie squadre di ufficiali, a Tripoli e Misurata, impegnati in attività di coordinamento e formazione, altrettanti stanno arrivando in queste ore in sostegno delle forze già schierate sul terreno, il chè lascia intendere che il conflitto continuerà.
Salamè ha dichiarato che “ciò che abbiamo generato dalla conferenza di Berlino non è una soluzione alla crisi, ma un’opportunità per i libici di concordare le tre tracce che abbiamo impostato”, sottolineando che la pista economica e finanziaria sta andando bene dall’incontro di Tunisi del 6 gennaio. L’inviato ha espresso le sue speranza affinchè il processo di dialogo militare e di sicurezza possa iniziare a metà della prossima settimana a Ginevra, soprattutto dopo che i nomi dei dieci ufficiali, cinque per il GNA e 5 per l’LNA saranno stati concordati tra le due parti in conflitto in Libia. In concomitanza con la pista militare, o subito dopo, si dovrebbe procedere con il dialogo politico.