Il “The Guardian” ha pubblicato una fotografia della situazione politico-militare in Libia dalla quale emerge chiaramente il rafforzamento del generale Khalifa Haftar dopo la conquista, lo scorso mese, di gran parte della regione meridionale del Fezzan. Lo riporta l’agenzia di stampa italiana Nova.
Patrick Wintour, analista di affari diplomatici, ricorda come, con le recenti vittorie militari, l’uomo forte della Cirenaica ora domini due terzi dell’intero territorio della Libia, la maggior parte delle sue frontiere esterne e le risorse petrolifere situate nel bacino di Murzuk.
Per esprimere le preoccupazioni di quanti temono che il nuovo rapporto di forze sul terreno possa mettere il generale Haftar nelle condizioni di dettare i termini della soluzione dell’ormai annosa crisi della Libia, il “Guardian” dà voce soprattutto a Khalid al Mishri, il presidente dell’Alto consiglio di Stato libico di cui è espressione il governo guidato dal premier Fayez al Sarraj: viene chiamato “governo di accordo nazionale”, afferma il quotidiano britannico, ma in realtà controlla a malapena la Tripolitania anche se è riconosciuto dalle Nazioni Unite e da gran parte della comunità internazionale.
“Haftar non è affatto interessato alla democrazia”, denuncia Al Mishri: “Il suo unico obiettivo è governare il paese con lo stesso pugno di ferro utilizzato in Egitto dal presidente Abdel Fatah al Sisi”, afferma. Khalid al Mishri, ricorda il giornale britannico, è un fiero avversario del generale, è legato al Qatar ed alla Turchia mentre Haftar è appoggiato dall’Egitto appunto, dagli Emirati Arabi Uniti e dalla Francia.
Lo scorso 27 febbraio Haftar e Al Sarraj si sono incontrati a Doha in un vertice a cui era presente anche l’inviato dell’Onu per la Libia, Ghassan Salamé. Un vertice che non soddisfatto nessuno, soprattutto per quanto concerne le forniture di idrocarburi ed i flussi migratori. I due potrebbero incontrarsi nuovamente la prossima settimana, ma intanto il vertice di febbraio ha già avuto un effetto concreto: la ripresa della produzione petrolifera nel grande giacimento meridionale di Sharara, il più grande del paese. Proprio dove la compagnia petrolifera francese Total ha grandi initeressi, sottolinea il “Guardian”, e secondo diverse testimonianze in quella zona operano unità delle forze speciali della Francia. Quale sia il punto di vista del Regno Unito lo esprime al “Guardian” l’ex ambasciatore britannico a Tripoli, Peter Millett: il vertice di Doha potrebbe contribuire al successo degli sforzi dell’Onu per avviare la crisi libica ad una soluzione politica, dice Millett. Ma aggiunge: “Se vuole però diventare parte della soluzione, Haftar deve sottomettersi alla supervisione dei poteri civili; e se vuole diventare presidente della Libia, deve presentarsi alle elezioni da civile rinunciando al suo ruolo militare”.
Quanto alla questione dirimente della gestione delle risorse energetiche libiche, secondo l’ex ambasciatore britannico è essenziale che esse rimangano sotto l’esclusiva amministrazione della National Oil Corporation (Noc), l’ente libico indipendente dalle fazioni presieduto dal tecnico Mustafa Sanallah. Per ora però, conclude l’analisi del “Guardian”, Haftar ha imposto una “no-fly zone” su tutta la Libia meridionale e sono forti i timori che stia solo prendendo tempo per rafforzarsi ulteriormente allo scopo di lanciare un’offensiva contro Tripoli e conquistare così tutto il paese.