Secondo uno studio dell’Ispi l’obiettivo per la Repubblica islamica “è diventare il primo paese della regione dell’Asia sud-occidentale (che comprende oltre al Medio Oriente anche Asia centrale e Caucaso) per lo sviluppo economico, scientifico e tecnologico. Grande enfasi viene quindi data al settore hi-tech, del quale viene riconosciuto il potenziale per la creazione di posti di lavoro e per il raggiungimento di una crescita economica rapida e continua”. Fin dal suo primo mandato, apertosi nel 2013, il presidente Hassan Rouhani ha posto un forte accento su quella che è stata definita la quarta rivoluzione industriale del paese, quella digitale. Elemento portante di questa rivoluzione è stata l’estensione della rete internet, che raggiunge oggi 932 città e 28 mila villaggi, per un totale di 45 milioni di utenti collegati su una popolazione totale di 80 milioni, e l’aumento della velocità di connessione è cresciuta del 300% negli ultimi tre anni, grazie alla tecnologia 4G. Ma la risorsa principale alla base della rivoluzione digitale è la demografia: il 60% della popolazione iraniana ha un’età compresa tra i 20 e i 32 anni. Questo dato, associato agli elevati livelli di istruzione soprattutto nei settori dell’ingegneria e delle scienze, sostiene lo sviluppo hi-tech del paese, come appare evidente se si guarda ai fondatori di numerose start-up.
Da Snapp (l’Uber iraniano) aTakhfifan (il Groupon autoctono), passando per ZarinPal (l’equivalente persiano di PayPal) e Bamilo (la prima start-up di e-commerce iraniana), i creatori sono tutti giovani iraniani e iraniane che a partire da intuizioni in ambito tecnologico hanno saputo sfruttare l’ampio spazio di mercato lasciato libero nel paese dal permanere delle restrizioni per le major del settore tech, tutte statunitensi e dunque impossibilitate a intrattenere relazioni economiche con Teheran.
Una crescita resa possibile anche dallo sviluppo in loco di veri e propri “distretti digitali”, come quello presente nel nord di Teheran – la Silicon Valley iraniana – dove ha sede l’incubatore di start-up Finnova, o come Avatech, altro incubatore nato all’interno della facoltà di ingegneria dell’Università di Teheran. Obiettivo prioritario di Teheran “la riconosciuta necessità di diversificare la struttura economica del paese, allentando la pericolosa dipendenza dalle rendite petrolifere. Anche se va ricordato che, nonostante la dipendenza dal petrolio sia ancora elevata, l’economia iraniana presenta già elementi di diversificazione, a differenza delle economie interne della regione. Nel periodo 2012-2014 le entrate fiscali riconducibili a settori diversi da quello dell’energia sono state pari al 56% del totale: la quota più alta tra i paesi esportatori di petrolio dell’area MENA. Lo sviluppo del settore tech in Iran è legato a doppio filo alla storia economica del paese e alle sanzioni. Da una parte, il progressivo isolamento della Repubblica islamica ha stimolato lo sviluppo autoctono di numerosi settori, compreso quello dell’innovazione tecnologica. La forte importanza riservata dal governo allo sviluppo dell’R&D, insieme ai considerevoli incentivi accordati ai soggetti locali hanno fatto sì che l’ampio spazio libero lasciato dalla mancata penetrazione delle major occidentali del settore tech venisse ampiamente colmato da soggetti iraniani. Al tempo stesso, però, le sanzioni hanno avuto anche un impatto negativo: la difficoltà nel reperire componenti necessarie per l’assemblaggio di prodotti high-tech ha allungato i tempi di produzione e innalzato i costi, mentre le restrizioni alle esportazioni hanno influito negativamente sulle vendite. Ora, con il progressivo allentamento delle sanzioni, si aprono nuovi spazi di opportunità: il progressivo reintegro dell’Iran nei circuiti internazionali da un lato facilita l’accesso a materiali, componenti e software necessari allo sviluppo del digitale, dall’altro apre potenziali mercati in regioni quali Europa, Asia e Oceania, più remunerative degli attuali mercati iracheno e afghano. Se l’esecutivo di Teheran continuerà ad accordare un forte sostegno al settore, esistono spazi di sviluppo e cooperazione tra soggetti iraniani e partner internazionali, non solo in termini di rapporti commerciali ma anche di vero e proprio dialogo e scambio di cervelli.
Una dinamica, questa, che potrebbe aiutare il paese a superare l’annoso problema del “brain drain” e instaurare invece dinamiche positive di rientro dei cervelli.