L’Iran va al ballottaggio con Pezeshkian e Jalili

di Emanuela Ricci

La vera vittoria è stata quella del movimento dell’astensione, così come chiesto alla popolazione dagli oppositori al regime. Molti di questi oppositori, che comprendono diverse personalità, sono in carcere. Per meglio capire l’entità dell’astensione, il presidente Ebrahim Raisi era stato eletto nel 2021 con la partecipazione più bassa di sempre, il 48,8%, mentre l’attuale consultazione è arrivata al minimo storico: 39,9%. Un’altra indicazione è importante da tenere in mente: senza osservatori internazionali indipendenti è davvero difficile stabilire se l’astensione è stata di portata ancora maggiore.

La Guida Suprema Ali Khamenei per dimostrare una velata apertura aveva accolto la candidatura del chirurgo riformista di origine armena, ma fedele al regime, Pezeshkian (70 anni).

A contrapporsi a Pezeshkian, c’è Jalili, il rappresentante conservatore più duro tra i tre in corsa venerdì, conosciuto come negoziatore ai colloqui sull’arricchimento nucleare iraniano dopo che Donald Trump aveva unilateralmente disdetto il trattato precedente.

Le urne hanno, pertanto, sancito non solo una velata competizione tra i candidati, ma una profonda spaccatura tra il governo e il popolo iraniano. Anche se vincerà il riformista la situazione in Iran non cambierà, aumenterà pericolosamente il divario tra le istituzioni clericali e la popolazione sempre più ridotta alla povertà con una inflazione che ha raggiunto la cifra record del 53%. Una situazione che spinge sempre di più l’Iran ad allinearsi a Cina e Russia, vedasi partecipazione ai BRICS di inizio anno, e alla crescita a due cifre degli interscambi commerciali basati principalmente su energia, armi e tecnologia per il nucleare. Tutto ciò con all’orizzonte la guerra in Medio Oriente dove Israele potrebbe colpire Hezbollah direttamente in Libano, oltrepassando così quella linea rossa che gli Ayatollah hanno avvertito di non oltrepassare, pena il coinvolgimento diretto nel conflitto contro Tel Aviv.

Per mitigare l’attuale impopolarità degli Ayatollah potrebbe pertanto servire, come il pane, la vittoria del riformista Pezeshkian perchè unica alternativa ad un’altro presidente ultraconservatore. Anche se Pezeshkian in tutte le sue uscite pubbliche non si è mai apertamente dichiarato contrario al regime clericale.

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