di Redazione
L’Isis, a mezzo telegram, ha rivendicato l’attentato di Kerman in Iran. Sarebbero stati due kamikaze a farsi esplodere tra la gente accorsa a celebrare il quarto anniversario della morte del generale Soleimani, causando 84 morti e 284 feriti. Sorpresa e incredulità degli iraniani riguarda l’infiltrazione dei kamikaze, mentre gli ayatollah cercano di mantenere un basso profilo, cancellando i funerali pubblici per evitare sterili slogan che alimentino la propaganda.
La Guida suprema Ali Khamenei invita i pasdaran a pazientare, mentre l’incendio mediorientale si allarga di ora in ora. Martedì, l’uccisione mirata in Libano del numero due di Hamas. Mercoledì, i due kamikaze Isis in Iran. Ieri è toccato all’Iraq: mentre entrava con l’auto in un garage di Bagdad, è stato ammazzato Mushtaq Taleb al-Saidi, per tutti Abu Taqwa, capo della sicurezza delle 70 milizie di Mobilitazione Popolare che sostengono il governo iracheno di Muhammad Sudani. Gli iracheni sostengono che dietro l’uccisione ci sia la mano americana. Mobilitazione Popolare riunisce diverse anime: milizie sunnite, sciite, cristiane, yazide, tutte animante da un’unico sentimento, quello antiamericano. Il debole governo sciita di Sudani è ora costretto ad affrontare la piazza che da tempo chiede la cacciata delle truppe di Washington.
L’ennesima visita di Antony Blinken nel Medio Oriente, la sesta in soli novanta giorni, aggiunge un ulteriore strato di complessità incentrato sulle discussioni su un piano per il dopoguerra a Gaza e aperture agli aiuti. Nel frattempo, la trattativa sugli ostaggi, inclusa la situazione del piccolo Kfir Bibas, rimane incerta, suscitando preoccupazioni e manifestazioni di solidarietà in Israele.
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