di Emanuela Ricci
Ieri a Tripoli il ministro del Mimit Adolfo Urso e il rappresentante paritetico Ahmed Ali Abouhisa hanno firmato un accordo di cooperazione tra Italia e Libia. Tra i filoni di interesse nazionale in testa risultano materie prime, materie prime critiche e terre rare. In tale ottica il governo italiano nel prossimo decreto sulle materie prime intende inserire clausole di salvaguardia per le aziende nazionali che opereranno all’estero nell’estrazione e lavorazione dei prodotti citati per poi importarli.
Eloquenti le parole di Urso: “Abbiamo sottoscritto un accordo per quanta riguarda le materie prime critiche, cioè su quelle materie, su quei minerali e su quelle terre rare che sono fondamentali per realizzare la tecnologia digitale e la tecnologia green, l’economia digitale e l’economia sostenibile su cui la nostra Italia è particolarmente impegnata al fine di fornire all’Europa stessa quella tecnologia necessaria alla duplice transizione ambientale e digitale. E qui in Libia, accanto allo sviluppo del petrolio e del gas e delle fonti energetiche fossili che sono in questa fase storica assolutamente necessarie per l’Italia e per l’Europa, si può da subito sviluppare quella che è l’energia vera del futuro, cioè l’estrazione mineraria, la lavorazione di minerali che sono fondamentali per le tecnologie green e digitali”.
Non solo materie prime, critiche e terre rare, nell’accordo ci sono chiari riferimenti anche allo sviluppo delle relazioni per quanto riguarda i cavi sottomarini. Come riporta il quotidiano La Verità all’incontro oltre al ministro Abouhisa erano presenti quello dell’Economia, Mohamed al Hwai.j e il titolare delle telecomunicazioni Walid Ellafi.
Per quanto riguarda i cavi sottomarini l’azienda italiana Sparkle, controllata da Tim, è impegnata nella costruzione del cavo Bluemed che collegherà Italia, Francia, Grecia e Giordania. In previsione ci saranno anche altre terminazioni che copriranno parti importanti ed estese del Mediterraneo. Bluemed fa parte di un più ampio programma noto con il nome Blue e Raman submarine cable system, al quale fa parte il colosso Google e altri operatori del settore; coprirà una fitta rete di connessioni che si estenderà fino all’India passando per il Nord Africa grazie a 3.000 chilometri di cavi in grado di raggiungere i 400 terabit al secondo. Il principale nodo di approdo della rete sarà a Genova che consentirà così all’Italia di ergersi a vero hub strategico del Mediterraneo nel settore della movimentazione dei dati digitali tramite cavidotti sott’acqua.
Il maggiore competitor regionale, la Francia ha, invece, con il progetto Medusa submarine cable system un approdo diretto a Tripoli per poi raggiungere e coprire tutta l’area del Marocco. I nostri cugini transalpini non rimarranno a guardare e sicuramente interferiranno a loro modo alle nostre ambizioni.
Tuttavia a fine anno ci sarà il primo forum tra Italia e Libia per implementare l’accordo ed attuare i propositi dell’accordo di cooperazione, inserito nel solco del più ampio Piano Mattei per l’Africa, fortemente voluto dal nostro Paese.
L’Italia, per portare a compimento i propri progetti, non dovrà però sottovalutare l’influenza ormai evidente della Russia in Libia. Mosca potrebbe ostacolare concretamente nuove iniziative virtuose, in grado di legare il Paese nordafricano esclusivamente all’Occidente in settori strategici come materie prime, materie critiche, terre rare e cavi sottomarini. Senza dimenticare l’ormai consolidata penetrazione cinese in tutta l’Africa, attiva con aziende statali che hanno già in mano contratti trentennali per l’estrazione di fonti e minerali ritenuti ormai strategici a livello globale.
Il 15 aprile scorso una grande nave militare russa, non a caso, è attraccata al porto libico di Tobruk. Sono stati scaricati grossi camion con armi e munizioni e tanti militari, probabilmente appartenenti al neo costituito gruppo regolare militare Africa Corp che sta rimpiazzando la compagnia privata Wagner nelle varie aree africane, ormai sotto il diretto controllo di Mosca. Parliamo di Burkina Faso, Mali, Repubblica Centrafricana, Niger e Ciad. Indicativa è anche l’influenza russa in quella parte della Libia (Est) guidata dal generale Kalifa Haftar. Il generalissimo della Tripolitania che se da un lato stringe la mano al nostro presidente del Consiglio Giorgia Meloni dall’altro strizza l’occhio alla Russia di Vladimir Putin. Mosca intende estendere la propria influenza in tutto il Sahel e Nord Africa per poter disporre di un’altra potentissima arma, quella della gestione dei flussi migratori irregolari verso il Vecchio Continente e il controllo delle risorse minerarie ed energetiche. L’arma demografica, quella della migrazione incontrollata, è un’arma altamente impattante sulla stabilità dei governi che concorre, con la sua forza destabilizzante, insieme alla disinformazione ad hackerare le società moderne, così come scritto a chiare lettere nella moderna dottrina militare del generale russo Gerasimov.
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