(di Andrea Pinto) Lo spazio ogni giorno è sempre più conteso dalle superpotenze perché ritenuto fondamentale per le operazioni militari, non solo in fase difensiva, per la rilevazione e tracciamento dei missili, ma anche in fase offensiva, per la geolocalizzazione, navigazione, identificazione dei bersagli e rilevazione/controllo delle attività militari più in generale.
Cina, Stati Uniti e Russia, al momento, sono tra i primi paesi e livello globale ad aver sperimentato armamenti per distruggere propri satelliti militari ormai desueti, generando un’altro problema non secondario, quello dei detriti spaziali che ormai hanno raggiunto quantità inaccettabili e pericolose per costellazioni di satelliti ad uso civile (come quelli per le telecomunicazioni e GPS) essenziali per la vita quotidiana sulla Terra. Sono oltre 30.000 i detriti spaziali in orbita identificati e regolarmente monitorati per evitare collisioni, ma i modelli statistici stimano che potrebbero essercene addirittura più di un milione con dimensioni superiori al centimetro, e il loro numero è in continuo aumento.
Per questo affascinante dominio urge, pertanto, una normativa che lo regoli per evitare che diventi quello che in molti lo hanno definito “il nuovo far west nell’era digitale e spaziale”.
In un contesto dove le regole del gioco non sono affatto chiare l’orbita terrestre bassa rischia di congestionarsi pericolosamente di oggetti sempre più grandi. Si registrano sempre più spesso lanci in orbita di mega-costellazioni di satelliti da parte di aziende come SpaceX e Amazon. Nel 2018 si contavano solo 2.000 satelliti in orbita, entro la fine di questo decennio, secondo alcune stime, potrebbero diventare 100.000. A lanciare l’allarme sono state l’Agenzia Spaziale Europea e la Nasa: “è reale la minaccia di sovraffollamento e collisioni a causa della presenza nello Spazio di milioni di detriti di diverse dimensioni”.
Occorrono, pertanto, urgentemente regole universali per capire quali attività possono essere sostenute dalle orbite terrestri, così come abbiamo fatto per le rotte marittime e lo spazio aereo civile.
Venerdì scorso se ne è parlato al convegno organizzato da Fondazione Leonardo, Università Sapienza e Bocconi School of management, in occasione della Giornata nazionale dello spazio. Tra le Autorità interventute il ministro delle imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso ha detto: “Lo hanno già fatto almeno 40 Paesi e in Italia è urgente una riflessione sull’assetto giuridico del settore”. “Una legge sullo spazio “dovrà rientrate in un successivo riordino della governance globale” del settore e potrà “fornire all’industria gli strumenti perché sia competitiva”.
Favorevole a una legge che regoli anche l’aspetto duale, ossia civile e militare dello spazio, è il ministro della Difesa, Guido Crosetto, per il quale le norme potranno consentire “una puntuale definizione di ruoli, funzioni e compiti” per “individuare il perimetro di azione della Difesa e individuare e proteggere lo spazio aereo dell’Italia. Ma anche nella protezione degli assetti anche non esclusivamente militari“.
Per il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Giorgio Saccoccia, la legge “è necessaria per fare in modo che gli investitori privati rispettino regole precise”. E’ tanto più importante, considerando che lo spazio è un settore in decisa crescita, con 10,7 miliardi assegnati complessivamente dalla metà del 2019 e il budget dell’Asi più che raddoppiato nello stesso periodo: da meno di 1 miliardo a oltre 2,4.
Per i prossimi 3-5 anni i finanziamenti previsti per lo spazio italiano sono pari a 7,2 miliardi, ha detto Simonetta Di Pippo, che alla Bocconi è docente della School of Management e direttrice dello Space Economy Evolution Lab (See Lab). Applicazioni dei dati satellitari, ad esempio per l’agricoltura di precisione, e connessioni internet via satellite sono per Di Pippo tra i futuri campi di applicazione delle attività spaziali, con le sperimentazioni in microgavità, magari in future stazioni spaziali private e alla produzione di energia solare dallo spazio.
L’esigenza di una legge è sentita anche dall’industria, che nello spazio gioca un ruolo tecnologico di primo piano anche con piccole e medie imprese e startup, ha osservato l’amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo. Una legge è necessaria anche per il presidente di Leonardo, Luciano Carta, e Luigi Pasquali, coordinatore delle attività spaziali di Leonardo e amministratore delegato di Telespazio, ritiene che una legge nazionale sullo spazio “non deve diventare un vincolo per l’innovazione. Il legislatore deve immaginare soluzioni flessibili” perché il settore spaziale si evolve rapidamente e la legge potrebbe non essere al passo con questa evoluzione. La sfida è perciò regolare, in modo flessibile e aperto, una realtà nella quale le piccole e medie imprese stanno dando un grande contributo, come ha rilevato Marina Scatena, dell’ Associazione delle Imprese per le Attività Spaziali (Aipas), nell’incontro organizzato dalla stessa associazione nella Giornata nazionale dello spazio.
Molto interessante è stato l’intervento del generale di brigata aerea Davide Cipelletti, Capo dell’Ufficio Generale Spazio dello Stato Maggiore della Difesa, di cui si propone stralcio del suo contributo che fonisce uno spaccato lucido ed analitico del tema trattato nel convengno con un accento particolare alla necessità di legiferare su questo nuovo ambiente, particolarmente ambito dalle superpotenze per imporre il proprio dominio.
“La Difesa italiana, spiega il generale, ha contribuito alla nascita e allo sviluppo dello spazio
italiano fin dagli anni ‘60 del secolo scorso, grazie al Generale del Corpo del Genio aeronautico, Luigi Broglio, ideatore del progetto San Marco che portò, nel 1964, alla messa in orbita del primo satellite italiano. Tale evento ha ispirato la scelta della data odierna quale giornata nazionale dello spazio. Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una profonda trasformazione del settore spaziale, caratterizzata dal passaggio da logiche guidate da dinamiche governative e scientifiche all’affermazione degli interessi di natura commerciale di sfruttamento dello spazio.
L’abbassamento delle barriere economiche e tecnologiche di accesso allo spazio agevola le iniziative di nuovi attori commerciali, coinvolge un crescente numero di soggetti istituzionali e privati con finalità eterogenee e, spesso, opposte e sta determinando un aumento esponenziale degli oggetti spaziali in orbita, con ripercussioni sulla sostenibilità dell’uso dello spazio stesso. Evolve anche la dimensione geostrategica, caratterizzata da una crescente competizione globale. Secondo il “Global risk report 2022” del World Economic Forum, le divergenze geopolitiche e gli interessi economici concorrenti pongono un ostacolo sempre più concreto alla collaborazione per lo sviluppo dello spazio inteso quale global common. Nel dominio spaziale cresce il tema della conflittualità ed aumentano i rischi correlati alle potenziali minacce dallo spazio, verso lo spazio e nello spazio.
Un esempio sul piano della sicurezza internazionale è rappresentato dalla preoccupazione per i test di armi antisatellite tra cui ricordiamo, ad esempio, quello eseguito dalla federazione russa nel novembre 2021, che ha causato circa 1.500 detriti, inquinando l’orbita e mettendo a rischio le operazioni spaziali di molteplici soggetti, istituzionali e privati.
Questa settimana l’assemblea generale delle nazioni unite ha approvato una risoluzione che chiede l’interruzione dei test anti-satellite. Una mossa in gran parte simbolica, intesa a sostenere iniziative di sostenibilità spaziale più ampie. Per la Difesa italiana, che riconosce la natura strategica del dominio
spaziale per le operazioni militari e per l’intera rete di servizi, dati e applicazioni comunitarie che influenzano la nostra vita, e per l’Italia, secondo paese europeo in termini di attività in orbita e terzo in termini di investimenti nel settore, è chiaro che proteggere gli interessi nazionali nel dominio spaziale contribuisce alla resilienza del sistema-paese.
La recente modifica normativa del codice dell’ordinamento militare ha conferito alla difesa la competenza nella gestione delle attività spaziali di carattere militare di sicurezza. La difesa ha il compito istituzionale di difendere le infrastrutture del dominio spazio così come continua a fare nei domini tradizionali.
Per meglio gestire le sfide del nuovo dominio, si è dato impulso ad un percorso di razionalizzazione e riorganizzazione del comparto spaziale della difesa che beneficia oggi di una governance chiara, organica e a connotazione interforze. In accordo alla Strategia Spaziale della Difesa, pubblicata nel febbraio 2022 stiamo consolidando le capacità core già esistenti nei settori delle comunicazioni satellitari e dell’osservazione della terra (con sensori radar ed ottici), attraverso lo sviluppo delle nuove costellazioni SICRAL 2, COSMO SKYMED 2 a generazione e del sistema ottico di 3a generazione.
Stiamo sviluppando sensori e capacità di osservazione e analisi necessarie per comprendere ciò che avviene nel dominio spaziale e tracciare gli oggetti spaziali che occupano le orbite. Parliamo, in questo caso, di Space Situational Awareness. Questa capacità è prerequisito essenziale per poter attribuire eventuali atti ostili – cinetici e non – ed è inoltre irrinunciabile per la sicurezza delle comunità civili.
Il riferimento è al contributo offerto in caso di rientro in atmosfera di oggetti spaziali – come recentemente successo con elementi di un lanciatore cinese – potenzialmente capaci di impattare sul territorio nazionale o nelle zone dei teatri operativi in cui operano i contingenti militari nazionali.
Nel medio periodo vogliamo inoltre perseguire la capacità di condurre in orbita operazioni di logistica spaziale (in-orbit servicing) e la possibilità di sostituire sistemi satellitari compromessi, attraverso una capacità di lancio reattivo o responsive launch.
Molte di queste capacità scaturiscono dalla stretta collaborazione tra la Difesa e l’Agenzia Spaziale Italiana – con cui abbiamo recentemente rinnovato ed ampliato nei contenuti l’accordo di collaborazione – e sono frutto della filiera industriale che è motivo di vanto nazionale. Le complesse attività spaziali che avvengono nel contesto rapidamente mutevole ben illustrato nei precedenti interventi, risentono dell’assenza di un quadro normativo nazionale ed internazionale adeguato ad inquadrarle e a regolamentarle. E’ per questo che, nella recente Berlin Security Conference, il mio omologo
tedesco ha provocatoriamente indicato lo spazio quale potenziale far west del 21° secolo.
Il Parlamento Europeo, con risoluzione del 6 ottobre 2022, ritiene che serva un quadro normativo chiaro che sia da base per condizioni uniformi a livello dell’unione europea al fine di garantire operazioni spaziali sicure e protette.
E’ dunque di particolare interesse l’iniziativa volta all’adozione di una legge italiana per lo spazio che – analizzando lo stato dell’arte e le prospettive future – fornisca la certezza del diritto e un contesto normativo e di governance di riferimento, per agevolare lo sviluppo del settore, favorire la realizzazione degli obiettivi di politica spaziale nazionale e promuovere la sostenibilità, la safety e la security delle operazioni spaziali.
Sarebbe ad esempio auspicabile una cornice giuridica per normare le operazioni spaziali a diversi livelli di complessità quali, ad esempio, le manovre di station keeping all’interno di una slot orbitale, gli spostamenti orbitali e le manovre di deorbiting dei satelliti.
Il NATO Joint Air Power Competence Centre, nella pubblicazione “National Military Space Operations Centres”, richiama l’importanza che le attività militari siano condotte in accordo ad un quadro legislativo
nazionale ed internazionale che consenta di dirimere le gravi questioni legali che possono emergere nelle operazioni spaziali con breve preavviso ed in specifiche situazioni temporalmente critiche.
Una legge italiana per lo spazio creerebbe, inoltre, i presupposti normativi per lo sviluppo degli spazioporti – è di pochi giorni fa la notizia del progetto di realizzazione dello spazioporto di Grottaglie – e per l’effettuazione, anche in Italia, dei voli suborbitali; attività di crescente attualità, aventi finalità scientifiche, commerciali ed anche applicazioni di potenziale interesse per la Difesa.
In conclusione, il compito di chi, come noi, si trova a vivere in questo periodo di trasformazione è quello di guidare la transizione, trovando il modo di far coesistere lo “space” ed il “new space”, sfruttando le opportunità offerte dalle tecnologie emergenti e guidando un processo di regolamentazione che sappia adeguarsi ai tempi ed alle capacità delle nuove attività spaziali.
Cosa dice il diritto internazionale
La problematica è stata ampiamente trattata dal professor Giuseppe Paccione, coordinatore e responsabile del nostro “Osservatorio di Diritto Internazionale”. Gran parte degli Stati, scrive Paccione, riconoscono il diritto a limitare la propria libertà sovrana di agire, tanto che vige una convenzione internazionale che disciplina l’esplorazione e l’utilizzazione dello spazio esterno, come pure le attività degli attori statali nello spazio, denominata “Trattato sullo spazio esterno” del 1967. Tale accordo internazionale ha offerto un contributo essenziale all’obiettivo di preservare la pace nello spazio extra-atmosferico, anche se i principi di libertà in esso contenuti vengono ritenuti flessibili tanto da poter far applicare la massima quod lege non prohibitum, licitum est, nel senso che in esso non vi sono norme applicabili a tutti gli aspetti delle attività spaziali.
Questo Trattato è stato definito quale pietra angolare del diritto internazionale dello spazio extraatmosferico e i principi contenuti in questo strumento internazionale sono considerati la fonte e la sostanza da cui vengono fatte derivare dalle ulteriori IV Trattati. Inoltre, punto da tenere presente, contiene il divieto primario di militarizzazione extraterrestre, nel senso che lo spazio cosmico non possa essere impiegato per scopi di tipo militare e, in primis, con armi di distruzione di massa, dato l’impegno degli Stati a non mettere in orbita terrestre oggetti vettori di armi nucleari o di qualsivoglia altro tipo di strumento bellico.
Va precisato che, tuttavia, la diretta conseguenza di tale obbligo, enunciato nell’ambito di questa convenzione internazionale, viene criticata in quanto ricca di lacune che derivano dalla sua formulazione. Sorge, inter alia, una gamma di punti chiave di interpretazione errata e vuoti normativi, come, ad esempio, il fatto che la norma non impedisce l’uso e il posizionamento di strumenti militari diversi da quelli di distruzioni di massa sull’orbite della Luna e di altri corpi celesti, nello spazio interorbitale tra i corpi celesti e nello spazio profondo.
L’evoluzione tecnologica come l’istituzione di stazioni spaziali stabili e strutture di test artificiali sospesi nello spazio cosmico possono consentire il test di armi convenzionali e di altro genere su tali stazioni presenti nello spazio, purché non si violi quanto disposto nel Trattato sui principi relativi alle attività degli Stati in materia di esplorazione e di uso dello spazio cosmico.
Bisogna, in un certo qual modo, evidenziare che le operazioni ASAT e il lancio di missili intercontinentali suborbitali, cioè che vengono lanciati su una traiettoria suborbitale, non sono disciplinati da alcuna disposizione, ai sensi del Trattato del 1967. I casi di test ASAT, dunque, come quello portato avanti nel 2007 dalle autorità di Pechino, pur avendo ricevuto una condanna internazionale, non rientrano apertamente in contrasto con il Trattato sullo spazio esterno. Inoltre, si ritiene che sia necessario evidenziare che la convenzione de quo è lacunosa per la semplice ragione che non supporta una restrizione attorno alle armi non cinetiche o fisiche come, ad esempio, la guerra informatica.