Il “The Libya Observer” documenta l’incontro avvenuto il 29 dicembre scorso tra funzionari degli interni di Roma e Tripoli. Come scrive il riformista tra i rappresentanti libici ci sono elementi non proprio raccomandabili segnalati da tempo da Onu e Tribunale penale Internazionale.
L’obiettivo dell’incontro è quello di fermare con ogni mezzo le partenze dalla Libia verso le coste italiane.
La delegazione italiana, che ha incontrato Al-Trabelsi presso la sede del Dipartimento Relazioni e Cooperazione a Tripoli, era composta da funzionari del Ministero dell’Interno.
Il ministro libico Al-Trabelsi ha confermato la formazione di un comitato per l’attuazione del piano congiunto, dopo aver discusso con la parte italiana le prospettive di una cooperazione di sicurezza tra Libia e Italia e lo scambio di visioni e strategie sulla lotta al fenomeno dell’immigrazione clandestina.
Il ministero dell’Interno libico ha detto che la delegazione italiana ha concordato con la parte libica di formare un team che prepari lo svolgimento di un incontro tecnico tra le due parti per ufficializzare e rafforzare la cooperazione congiunta, secondo un accordo bilaterale tra i due Paesi.
L’intervista a Piantedosi
A far capire che il dossier libico è caldo e tra le priorità del governo Meloni, l’intervista fatta da Repubblica al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, spiega le ragioni degli ultimi interventi legislativi urgenti varati dall’esecutivo a ridosso della fine dell’anno.
Il ministro Piantedosi, intervistato da Repubblica conferma che “i soccorsi in mare sono garantiti dallo Stato. Le Ong si concentrano solo sulla rotta dalla Tripolitania e incentivano le partenze. Il 93 % delle persone che soccorrono parte da lì. Chissà perché”.
Con il decreto immigrazione appena varato dal Consiglio dei ministri, Matteo Piantedosi è già proiettato al 2023: “Il governo vuole attuare una politica sui Paesi di origine e transito dei flussi migratori che possa portare al progressivo svuotamento dei centri in cui finiscono le persone“.
Sul paventato aumento dei morti in mare a seguito del nuovo decreto Piantedosi ha detto: “I salvataggi nel Mediterraneo, come dimostrano i dati, sono effettuati soprattutto dalla nostra Guardia di finanza e dalla nostra Guardia costiera: oltre il 43%delle persone sbarcate nel 2022 mentre il resto sono perla gran parte arrivate autonomamente. Trovo singolare il ragionamento secondo cui le Ong hanno un ruolo statisticamente marginale nel portare i migranti nel nostro Paese per poi dire che senza di loro i migranti sono destinati a a morire in mare. I naufragi e le presenze in Libia si riducono solo se si impediscono le partenze irregolari“.
Accoglienza in Italia. “Il sistema di accoglienza sul territorio è già al collasso. Stanno andando deserte le gare per assicurare nuovi posti. La possibilità di un’accoglienza adeguata è una questione di dignità delle persone. Trovo singolare che la sensibilità collettiva si fermi al momento dello sbarco mentre non c’è attenzione sulla sostenibilità di flussi incontrollati che generano emarginazione“.
Sulle Ong che trasportano solo il 12 per cento del traffico complessivo. “Se certamente gli arrivi in Italia di immigrati su navi Ong costituiscono una parte di quelli complessivi, un’analisi relativa agli sbarchi evidenzia un incremento in concomitanza della presenza di navi nel Mediterraneo. L’attività delle Ong è determinante per gli arrivi dalla Tripolitania, circa un terzo degli sbarchi complessivi in Italia. Da questa specifica rotta, nel 2021 sono giunte 27.264 persone, di cui 8.665 (31,78%) attraverso navi Ong. Il trend è risultato in ulteriore aumento nel 2022, con 31.860 immigrati, di cui 11.076 con navi Ong (34,76%). Quest’anno, le Ong hanno condotto in Italia in totale 11.892 persone, di cui 11.076 provenienti dalla Tripolitania (93,2%) e solo 816 da altre regioni (6,8%). Questi dati dimostrano come l’attività complessiva delle Ong sia concentrata su quella rotta, con un effetto incentivante delle partenze da quell’area. Peraltro non capisco perché l’aspirazione al salvataggio si sviluppi esclusivamente lì”.
Le critiche al decreto sulle Ong
L’ex presidente della Corte Costituzionale e in precedenza Guardasigilli nel primo governo Prodi, il professor Giovanni Maria Flick su Avvenire ha criticato il decreto sulle Ong: “Mi sembra che per ostacolare i salvataggi in mare si sia scelta una via tipicamente italiana e burocratica: il ricorso a ordini e sanzioni amministrative. Esempio: anziché assegnare il porto sicuro più vicino, come previsto dalle norme nazionali e internazionali, si indica il porto “burocraticamente” più vicino; si utilizza la nostra nota “efficienza amministrativa” allo scopo di ostacolare i soccorsi in mare”.
“E’ ovvio, precisa Flick” che assegnando porti di sbarco lontanissimi, quasi ai nostri estremi confini marittimi, si vuole tenere occupate a lungo le navi umanitarie, impedendo loro di navigare nel Mediterraneo centrale per salvare altre vite o – secondo qualcuno – per pretesi ignobili accordi con trafficanti di uomini.
Si pongono anche limitazioni incomprensibili, come quella di impedire salvataggi plurimi. Se una nave soccorre un gruppo di naufraghi e lungo la rotta verso il porto di sbarco avesse la possibilità di salvare altre vite, dovrebbe voltarsi dall’altra parte? Stiamo parlando dell’assurdo”.