L’odio antisemita in Olanda diffuso via social e chat

L’attacco a Amsterdam, che ha sconvolto la città nelle ultime ore, è stato il culmine di una serie di eventi pianificati tramite social media e chat, con il sostegno di canzoni che incitavano all’odio. A riportare la notizia Repubblica. La vicenda ha coinvolto vari gruppi che hanno agitato le acque della tensione politica e sociale. Il rapper olandese Appa, noto per i suoi testi controversi che alimentano l’antisemitismo, è stato indicato come uno degli istigatori principali. Le sue canzoni, che parlano di Israele come uno Stato di apartheid e denunciano le sofferenze del popolo palestinese, hanno alimentato la rabbia di giovani provenienti dalla comunità marocchina, che si sentono emarginati e si identificano con la causa palestinese.

Le tensioni si sono acuite quando sono emerse chat sui social che organizzavano la protesta contro la presenza dei tifosi israeliani ad Amsterdam. Le richieste di impedire loro di arrivare allo stadio si sono diffuse rapidamente, alimentando così la miccia che avrebbe poi portato alla violenza. In queste chat, si esprimevano frasi di sfida contro Israele e si organizzavano le azioni per fermare i tifosi del Maccabi. Nonostante alcuni tentativi di disinnescare la situazione, la violenza è esplosa quando un gruppo di tifosi israeliani, arrivati in massa per la partita con l’Ajax, è stato preso di mira con aggressioni, incendi e provocazioni, culminando in un inseguimento nei vicoli della città.

L’intelligence olandese aveva intercettato queste chat, ma non era riuscita a prevedere l’escalation. I disordini sono stati così gravi da spingere la sindaca di Amsterdam, Femke Halsema, a dichiarare lo stato di emergenza, vietando manifestazioni e copertura del volto in pubblico. Nonostante le misure restrittive, i collettivi pro-palestinesi hanno convocato nuove manifestazioni, incitando alla partecipazione nonostante il rischio di arresti.

Si indaga anche su possibili avvertimenti inviati dal Mossad alle autorità locali, ignorati, sottovalutati o persi nei passaggi delle comunicazioni e, di conseguenza, sugli adeguati avvisi mai diramati al pubblico. Dopo segnali registrati sui social media olandesi prima della partita, il Mossad ha inoltrato un avviso ai servizi nei Paesi Bassi con la richiesta di rafforzare immediatamente e in modo significativo la sicurezza per gli israeliani nell’area dello stadio e in tutta la città, con particolare attenzione agli hotel in cui si sapeva che soggiornavano i tifosi. Anche il ministero della Diaspora israeliana, attivo nel monitoraggio dell’antisemitismo in tutto il mondo, aveva evidenziato rischi «molto elevati» ad Amsterdam. È mancato l’ultimo, determinante, passaggio. Nessuna autorità, israeliana o olandese, ha prodotto e diffuso linee guida o avvertimenti al management della squadra Maccabi.

In questo scenario, la violenza sembra essere stata una risposta a un contesto di tensione sociale, aggravata dalla propaganda attraverso i social e dai messaggi d’odio che continuano a diffondersi tra i giovani di Amsterdam, trasformando quella che avrebbe dovuto essere una normale serata in una delle più gravi crisi di ordine pubblico degli ultimi anni.

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