Il sito The Lybian Address, in maniera pretestuosa e con il chiaro intento di screditare il nostro Paese, ha riportato che il Comitato di difesa della Camera dei rappresentanti della Libia ha denunciato il sostegno italiano a “bande terroristiche ed estremiste in Libia”. L’affermazione è scaturita in seguito al supporto logistico sul terreno e all’attività dei droni italiani nello spazio aereo libico”.
“Avvertiamo la Repubblica italiana che continuare questo approccio a sostegno delle milizie non lascerà all’Italia l’opportunità di far parte del futuro della cooperazione con la Libia”, ha dichiarato oggi il comitato per la difesa.
Il ministero della Difesa italiano aveva affermato che il drone “si era capito schiantato sul territorio libico mentre era in missione per l’operazione Mare sicuro”, dopo essere stato abbattuto dalla difesa aerea dell’esercito nazionale libico nella città di Tarhouna.
Sulla vicenda del drone italiano precipitato in territorio libico le forze di Khalifa Haftar ne rivendicano l’abbattimento, l’Italia afferma invece che il velivolo è stato affetto da un problema tecnico. Il drone, è un MQ-9 «Predator B», tra i più grandi «unmanned vehicle» del valore di dieci milioni di dollari, appartenente al Gruppo velivoli teleguidati del 32esimo Stormo dell’Aeronautica militare, che ha sede presso l’aeroporto di Amendola (Foggia). Era di base a Sigonella, in Sicilia, da dove è partito per la sua «ultima» missione terminata in territorio libico. In particolare nell’area di Suq al Ahad, ai margini di Tarhuna, l’enclave della Tripolitania sotto il controllo delle forze che combattono al fianco dell’uomo forte della Cirenaica. Sono state scattate lì le foto che ritraggono l’ala del velivolo con la coccarda tricolore mentre viene caricata su un pick up da alcuni miliziani haftarini.
Il drone «stava conducendo operazioni di sorveglianza e spionaggio contro le posizioni delle unità dell’Esercito libico in una zona militare ristretta nel quadro di una missione ostile», afferma ad «Agenzia Nova» Ali al Kani, comandante dell’Lna a Tarhouna. In precedenza, l’Lna aveva riferito di aver abbattuto un drone turco. Che si tratti di un velivolo italiano quindi non ci sono dubbi, anche lo Stato maggiore Difesa lo ha ammesso, a denti stretti. «Nella giornata odierna è stato perso il contatto con un velivolo a pilotaggio remoto dell’A.M., successivamente precipitato sul territorio libico – recita il comunicato -. Il velivolo, che svolgeva una missione a supporto dell’operazione Mare Sicuro, seguiva un piano di volo preventivamente comunicato alle autorità libiche. Sono in corso approfondimenti per accertare le cause dell’evento».
Occorre precisare. L’operazione Mare Sicuro, infatti, nel mandato ha la componente «antiterrorismo» e quella del controllo delle rotte marittime tra Libia e Italia. È naturale che siano utilizzati i Predator dell’Aeronautica, con base a Sigonella per garantire un occhio dal cielo. Una tipica missione detta ISR, che sta per intelligence, sorveglianza e riconoscimento. Quindi lo spazio aereo libico era sicuramente toccato e il governo di Tripoli era informato. Il fatto che vi siano accertamenti inoltre è normale amministrazione, in ogni incidente, che si tratti di velivoli con pilota a bordo o senza pilota, è prescritta una commissione d’inchiesta per approfondire la dinamica. Non è neanche la prima volta che accade per un drone: l’Italia ha acquistato complessivamente 16 Predator dagli Stati Uniti. Due di questi nel tempo sono precipitati. Agli occhi degli osservatori, il fatto che l’ala – esibita come trofeo nelle foto – sia abbastanza integra, fa propendere più per l’avaria che per il missile.
In quest’ultimo caso, considerata la velocità e l’altitudine di crociera, dovrebbe essere più probabile la disintegrazione. Ma nessuno si sbilancia per ora. L’Italia è infatti presente sulla sponda sud del Mediterraneo con la missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (Miasit), intesa a fornire assistenza e supporto al Governo di Accordo nazionale libico ed è frutto della riconfigurazione, in un unico dispositivo, delle attività di supporto sanitario e umanitario previste dall’Operazione Ippocrate e di alcuni compiti di supporto tecnico-manutentivo a favore della Guardia costiera libica rientranti nell’operazione Mare Sicuro.
Prevede un impiego massimo di 400 militari, 130 mezzi terrestri e mezzi navali e aerei Occorre però dire che in territorio libico operano anche nuclei delle forze speciali sotto il coordinamento dell’Intelligence italiana che compiono operazioni segrete con l’assistenza dei droni. Ciò non vuol dire che fosse il caso di quello precipitato, ma secondo fonti informate, in coincidenza dell’incidente, sembra non vi fossero barconi in prossimità delle coste libiche, nè addensamenti di migranti nell’immediato entroterra.