(di Massimiliano D’Elia) Ieri la “soap opera” della politica italiana ha visto una delle puntate più brutte. Tre ore e 45 minuti in Aula al #Senato abbiamo assistito alla “decadenza”, allo svilimento del ruolo che la Camera più alta della #Repubblica dovrebbe avere. Nessun intervento istituzionale, sembrava di stare in piazza. Solo e soltanto attacchi personali e accuse spesso inventate ad arte per deridere ovvero mettere sulla gogna l’avversario.
Il presidente del Senato, la forzista #Casellati ha dato la parola al presidente del Consiglio, Giuseppe #Conte che prima di iniziare le “famose e attese” comunicazioni ha annunciato che al termine dei lavori sarebbe andato al #Quirinale per rassegnare le dimissioni. Il discorso di Giuseppe Conte è stato nella prima parte monotematico: “bacchettare a dovere”, il suo ministro dell’Interno, Matteo #Salvini. Lo ha accusato, dopo 14 mesi di governo insieme di essere “pericoloso, autoritario, preoccupante, irresponsabile, opportunista, inefficace, incosciente“.
“Caro ministro, caro Matteo, se tu avessi accettato di venire qui al Senato per riferire sulla vicenda russa, avresti evitato al tuo presidente del Consiglio di presentarsi al tuo posto, rifiutandoti per giunta di condividere con lui le informazioni di cui sei in possesso…”. “Chi ha compiti di responsabilità dovrebbe evitare, durante i comizi, di accostare agli slogan politici i simboli religiosi…”. “Matteo questi comportamenti non hanno nulla a che fare con la libertà di coscienza religiosa, piuttosto sono episodi di incoscienza religiosa…”.
L’inverosimile quando il Senatore grillino #Morra ha ribadito: “Sono presidente dell’Antimafia, e so bene che in Calabria ostentare crocefisso e rosario è un segnale alla ‘ndrangheta!“. Ancora peggio quando Matteo Salvini ha baciato il crocefisso del rosario, uscito prontamente dalla tasca quando Giuseppe Conte lo bacchettava proprio sul discorso dell’ostentazione di oggetti sacri.
Nella seconda parte del discorso, Giuseppe Conte ha parlato di programmi e di priorità per il Paese, su argomenti graditi alla sinistra, strizzando l’occhio ai banchi del PD. Un dimesso e abbronzatissimo Luigi Di Maio con gli occhi sgranati, misti alla rassegnazione e al terrore, ascoltava il prossimo capo politico del Movimento. Si perchè dall’ultimo “summit” nella villa di Grillo, Luigi ne è uscito con le ossa rotte: Casaleggio gli avrebbe rinfacciato gli ultimi sondaggi che vedono il Movimento tra il 7-8 per cento.
Giuseppe Conte, dal canto suo, forte della popolarità attuale, aspira ad essere il Capo del nuovo Governo, almeno così vorrebbero i 5Stelle, affidando a Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista qualche ministero. Le aspirazioni di Giuseppe Conte sono state subito “congelate” dal segretario del Pd, Nicola Zingaretti che ha chiesto “discontinuità”. Renzi invece non disdegnerebbe un Conte bis, con qualche suo senatore fedelissimo al Governo: “la Pinotti si è subito ringalluzzita e ha iniziato a rilasciare interviste già al termine dei lavori in Aula”.
Salvini in serata è andato al palco a lui più congeniale, Facebook e non chiude: “Volete tagliare i parlamentari? Ci siamo. Se poi qualcuno volesse aggiungerci una manovra economica coraggiosa per bloccare aumenti e ridurre le tasse a dieci milioni di italiani, ci siamo“.
Poi il Capitano si proclama martire: “Volevate un bersaglio? Eccomi“. Poi cita Proust: “Molto spesso per riuscire a capire che siamo innamorati, forse anche per diventarlo, bisogna che arrivi il giorno della separazione“. Come a dire ai 5 Stelle: siamo ancora in tempo a tornare insieme.
Su Matteo Salvini un capitolo a parte. Proprio in Senato ha mostrato segni di cedimento. A volte è sembrato impacciato, specialmente quando doveva intervenire: ha chiesto più volte agli addetti della presidenza del Senato da dove avrebbe dovuto parlare. Il Capitano è apparso stanco e non a proprio agio nell’Aula del Senato, lui preferisce il palco delle piazze, preferisce parlare al popolo. L’imbarazzo iniziale, probabilmente, è dovuto al atto che dopo gli schiaffi personali ricevuti da Giuseppe Conte ha avuto poco tempo per metabolizzare le parole “offensive” indirizzategli dal Capo dell’esecutivo.
Oggi alle 16.00 iniziano le consultazioni al Quirinale con i gruppi minori, domani i big saranno alla corte del presidente Sergio Mattarella per dare soluzioni politiche. Il tempo chiesto da Mattarella deve essere molto breve, in dieci giorni dovrà esserci un nuovo Governo, altrimenti si torna subito alle urne.
In questi 445 giorni di governo giallo verde una situazione è balzata agli occhi di tutti, specialmente a quelli degli italiani. Ma i grillini non dovevano essere quelli che avrebbero aperto le Camere come una scatoletta di tonno? A quanto pare l’hanno aperta e richiusa subito costituendo la nuova casta della terza Repubblica, capaci di trasformarsi in un nano secondo alleandosi con i nemici storici, Renzi, Boschi, Lotti & Co., pur di rimanere seduti sui comodi banchi parlamentari.
Matteo Salvini, nonostante abbia avuto l’appoggio di tutti i suoi parlamentari fino a ieri, oggi non si sa, forse avrebbe dovuto sentire di più i suoi colonnelli e non agire sull’onda emotiva del momento.
Dopo le europee, viste le indicazioni chiare degli italiani, avrebbe dovuto ritirare subito i suoi ministri dal Governo ed avviare una crisi di Governo, in quel frangente, più credibile.