Il futuro politico della Francia appare incerto, con un presidente determinato a proseguire il suo mandato ma costretto a navigare tra difficoltà crescenti e pressioni provenienti da tutte le parti dello spettro politico
di Andrea Pinto
In Francia, la caduta del governo guidato da Michel Barnier ha aperto una nuova crisi politica e istituzionale. Dopo il voto di sfiducia voluto dalle opposizioni di sinistra e di estrema destra, il presidente Emmanuel Macron ha tenuto un discorso televisivo alla nazione per rassicurare i cittadini e delineare le prossime mosse.
Macron ha ribadito la sua intenzione di restare in carica fino alla fine del mandato, prevista nel 2027, respingendo le richieste di dimissioni avanzate sia da France Insoumise che dal Rassemblement National. Nel suo intervento, ha annunciato la formazione di un “governo di interesse generale”, affidando al prossimo primo ministro il compito di unire le forze politiche disponibili e garantire la stabilità del Paese. Il presidente ha inoltre promesso una legge speciale per prorogare la manovra finanziaria, assicurando la continuità dei servizi pubblici.
La situazione politica è resa ancora più delicata dalla mancanza di una maggioranza stabile. Macron aveva sciolto il Parlamento a giugno, in seguito alla sconfitta alle elezioni europee, lasciando il governo senza un sostegno solido. Ora, con la sfiducia a Barnier, il panorama appare ancora più frammentato. Tra i nomi che circolano per la carica di primo ministro ci sono figure di spicco come il ministro della Difesa Sébastien Lecornu, il centrista François Bayrou e l’ex socialista Bernard Cazeneuve.
Nel suo discorso, Macron ha accusato gli “estremisti e populisti” di aver agito con cinismo per creare caos, unendosi per la prima volta in oltre 60 anni in un voto di sfiducia contro il governo. Ha riconosciuto come inevitabile lo scioglimento delle Camere deciso in passato, assumendosene la responsabilità, ma ha ribadito che la priorità sarà il bilancio e la stabilità economica.
Le reazioni delle opposizioni non si sono fatte attendere. La France Insoumise ha dichiarato che non sosterrà alcun premier che non appartenga al Nuovo Fronte Popolare, mentre il Rassemblement National ha posto condizioni rigide, come l’indicizzazione delle pensioni sull’inflazione, minacciando di sfiduciare il prossimo governo in caso di mancato rispetto delle loro richieste. I Républicains, invece, hanno affermato di non voler bloccare il prossimo esecutivo, pur mantenendo una posizione critica.
Nel frattempo, la crisi politica si intreccia con le difficoltà economiche e il deficit pubblico. La caduta del governo Barnier senza l’approvazione della manovra finanziaria lascia il Paese in una situazione di grande incertezza. Macron ha cercato di rassicurare gli alleati internazionali, consapevole che nel fine settimana, durante la cerimonia per la riapertura di Notre-Dame, sarà al centro dell’attenzione globale.
In questo contesto, le opposizioni cercano di rafforzare le proprie posizioni. Marine Le Pen, leader del Rassemblement National, punta a indebolire ulteriormente Macron, mentre Jean-Luc Mélenchon, della France Insoumise, sostiene che la crisi attuale dimostra l’inevitabilità di un cambiamento radicale. Altri leader, come Raphaël Glucksmann, chiedono un compromesso tra le forze repubblicane per evitare un ulteriore deterioramento della situazione.
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