Sergio Mattarella attende a Castelporziano gli sviluppi della situazione politica. Solo dopo che si sara’ chiarita si prendera’ qualche giorno di pausa, e nelle more esamina il dl sicurezza bis prima di apporre la firma con la quale la legge viene promulgata. Una disanima accurata per un provvedimento che, come gia’ il precedente dl sicurezza, aveva attirato critiche di opposizioni e giuristi. Intanto, dopo un colloquio ieri con il premier Conte sugli ultimi provvedimenti prima della pausa estiva, il Capo dello Stato ha osservato l’andamento della giornata. Vero e’ che dal punto di vista istituzionale la situazione non e’ drammatica: due giorni fa il governo ha incassato la fiducia, oggi su nessuna mozione e’ stata posta la fiducia, la linea del premier Conte di un si’ alla Tav e’ stata confermata dal Parlamento, la maggioranza si e’ divisa ma non e’ la prima volta e certo non si e’ divisa su un provvedimento di peso come potrebbe esserlo la manovra. Diverso e’ il fronte politico: la maggioranza ha segnato un’ulteriore frizione politica e allora le domande sono tre: Conte sente di non avere piu’ il sostegno della maggioranza? Di Maio pensa che non si possa piu’ andare avanti? Salvini ritiene non si possa proseguire? Sono cioe’ questi tre attori quelli che possono decidere se dichiarare conclusa l’esperienza del governo giallo-verde. Se Conte e Di Maio non vorranno aprire una crisi, la palla passa al leader della Lega. Cosa fara’, in caso di crisi, il presidente della Repubblica? Nessuna strada e’ gia’ segnata, se non che, ovviamente, si convocheranno le consultazioni, come prevede la Costituzione. Poi tutto dipendera’ da come si avvierebbe l’eventuale crisi. Al Colle assicurano che nulla e’ stato gia’ deciso. Un conto, infatti, e’ se a seguito di un ritiro della fiducia da parte di Salvini, il premier decidesse di rimettere il suo mandato nelle mani del Capo dello Stato, un altro conto sarebbe invece se il premier chiedesse di essere rimandato alle Camere per avere in quella sede una verifica ed un’eventuale sfiducia. Il precedente c’e’: due volte Romano Prodi, chiese la parlamentarizzazione della crisi. E se il premier chiedesse di essere rinviato alle Camere il presidente non potrebbe che acconsentire. Ma questo porterebbe a una condizione di un governo sfiduciato alle prese con la gestione delle elezioni. E’ ovvio dunque che le scelte del presidente della Repubblica saranno prese solo a seguito delle decisioni dei partiti e del premier. E per ora, al netto delle dichiarazioni di queste ore, il clima e’ di sospensione. Conte ha rinviato la conferenza stampa annunciata per domani, Di Maio tace e l’assemblea del M5s viene annullata, Salvini prosegue nell’aut aut ‘o si cambia o si vota’ con toni sempre piu’ crepuscolari ma non recide in queste ore in modo netto la corda che tiene unita la maggioranza. Il Presidente attende di capire cosa decideranno premier e vicepremier, sapendo che i tempi ormai sono stretti: ogni decisione va presa prima del 9 settembre, quando la Camera votera’ per l’ultima volta il taglio dei parlamentari a seguito del quale si dovra’ attendere il tempo necessario per l’eventuale convocazione del referendum. Poche ore ancora, per capire il destino della legislatura: se si sciogliessero le Camere entro Ferragosto, se cioe’ la crisi fosse lampo, si potrebbe votare a meta’ ottobre e la manovra 2020 sarebbe di difficile scrittura. Diverso sarebbe se la fibrillazione di queste ore portasse a un rimpasto, ben piu’ gestibile e con un impatto limitato sul destino della legislatura. E’ quindi una questione che assumerà connotati certi solo fra qualche ora.