Di cosa si tratta? Si tratta di uno dei primi esempi di “pillola digitale” (con al suo interno una soluzione tecnologica definita “digital ingestion tracking system”), cioè di medicine dotate di sensori che, una volta ingerite, comunicano con il nostro smartphone e ci possono aiutare a verificare e controllare la corretta assunzione dei prodotti.
La nuova tecnologia della prima pillola digitale, chiamata “Abilify MyCite”, destinata a pazienti schizofrenici o con problemi neurologici, testata negli Stati Uniti, ha ricevuto il via libera dalla Food and Drug Administration. La persona è così messa in condizione di seguire il percorso della medicina nel proprio organismo, fino al suo assorbimento. Notevoli le possibili implicazioni sanitarie, con la possibilità, magari vicina, di riuscire anche a conoscere e gestire in tempo reale le interazioni tra fisico e farmaco dopo l’assunzione. E’ una tecnologia che da una parte promuove la sanità digitale e che dall’altra apre a critiche e dubbi sul senso dell’operazione in quanto seppur vero che i pazienti possono sfruttare questa soluzione per meglio concentrarsi sulla cura e, se anziani e con problemi di memoria, avere sempre un record che ci conferma l’avvenuta ingestione, è anche vero che, in questo modo, ad indebolirsi ulteriormente sarà la nostra privacy.
Secondo un nuovo studio Zion Market Research, nel 2016, al livello mondiale, il mercato delle “smart pills”, ovvero delle pillole integrate ai sensori, ha raggiunto il valore di 743 milioni $. Ad un tasso di crescita annuo stimato attorno al 7,5 %, entro il 2022, tale settore potrebbe anche arrivare a 1,15 miliardi $.