Incendio Libia, esiste un Piano “B” del vice rappresentante Onu Stephanie Williams

Emadeddin Muntasser, un analista e membro fondatore del Libyan American Public Affairs Council e Mohamed Fouad, analista politico e giornalista Tv, hanno scritto un interessantissimo editoriale su “Libyan Observer”, circa il Piano “B” che l’Onu starebbe portando avanti in Libya per cercare di portare i contendenti ad un tavolo negoziale per arrivare, in maniera graduale, ad elezioni sicure.

La Libia si trova in una crisi peggiore di quella dopo la rivoluzione del 2011. In un paese ricchissimo di petrolio e gas, i servizi di base vengono spesso interrotti dalle bande armate che controllano la capitale ad ovest. Nell’est, Khalifa Haftar si trova bloccato in una tregua difficile con le varie milizie. Nel frattempo, la Libia meridionale è invasa dalla migrazione di Touareg e Toubou e dai mercenari africani. La Libia non è uno stato fallito, ma tre stati falliti con dozzine di milizie in lotta per il controllo del territorio e per poi sedersi al tavolo della pace.

Il nuovo Vice Rappresentante speciale delle Nazioni Unite in Libia Stephanie Williams ha presentato un nuovo piano per il paese. A seguito dei fallimenti del “Piano d’azione” avanzato dall’inviato delle Nazioni Unite in Libia Ghassan Salame, c’è la possibilità che il “Piano B” proposto da Williams possa avere successo dal momento che ha anche il supporto di Salame stesso.

La mancanza di istituzioni governative funzionanti, di forze di sicurezza e di un sistema giudiziario ha portato alla corruzione e alla violenza a tutti i livelli. La Camera dei Rappresentanti (HoR) rifiuta di adempiere ai propri obblighi previsti dall’Accordo politico libico, tra cui la mancata ratifica del Governo di Accordo Nazionale (GNA), l’eliminazione di istituzioni parallele, l’approvazione della legge elettorale o l’agevolazione di un referendum sulla costituzione.

Anche la politica internazionale ha avuto un ruolo nell’aumento della violenza e della corruzione. Gli interessi francesi e italiani continuano a competere in Libia. Mentre gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto, insieme ad altri attori in Libia, cercano di portare avanti i propri programmi.

Haftar avrebbe quindi  fatto appello direttamente al presidente russo Vladimir Putin per chiedere aiuto.

In aggiunta a questi ostacoli, la settimana scorsa alcuni importanti gruppi armati si sono trasferiti nella capitale libica con l’obiettivo dichiarato di liberare la capitale dalle bande armate e ripristinare la legge e l’ordine. Tripoli è in un continuo  stato di emergenza con continue battaglie urbane tra le milizie e gruppi armati fedeli alla GNA, nonostante il fragile cessate il fuoco dell’ONU firmato martedì 5 settembre 2018.

Piano B

È in queste circostanze che Williams avanza il suo piano convocando un Congresso nazionale in Libia. In primo luogo, questo congresso fa appello al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC) per ritirare il riconoscimento da tutte le istituzioni politiche che traggono la loro legittimità dalla risoluzione 2259 dell’ONU. Poi il congresso “consiglierà” all’ONU che le elezioni presidenziali in questo momento di discordia e di insicurezza dividerebbero ulteriormente il paese in modo che nessuna ” parte vincerà”. In terzo luogo, il Congresso chiederà al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite una risoluzione ai sensi del Capitolo 7 per costringere tutte le parti in Libia a organizzare elezioni parlamentari generali entro sei mesi sulla base delle leggi elettorali esistenti. Infine, il piano richiede che gli Stati Uniti e i loro alleati dovranno garantire il rispetto della risoluzione Onu.

I preparativi finali per il piano B si svolgeranno durante una conferenza programmata in Italia che si terrà a novembre. Sono in corso discussioni per determinare chi parteciperà alla conferenza. Alcuni degli organizzatori vogliono limitare l’influenza degli attuali attori in campo, inclusi GNA, HoR e Haftar, e incoraggiare la partecipazione di leader municipali, membri tribali e attivisti. Williams starebbe cercando di riunire, invece, tutti gli attori del conflitto – che includono gruppi pro-Gheddafi e filo-Haftar – in modo che tutti possano ricevere un posto al tavolo.

Williams sta, quindi, lavorando su altri due fronti. Incoraggiare gli attivisti e i giuristi a contestare legalmente qualsiasi legge approvata dalla HoR che potrebbe non essere favorevole a tenere elezioni o che potrebbe portare a ulteriore instabilità. Sta anche cercando di domare le bande armate a Tripoli e altrove. Libya Observer ha riferito che  agenti dell’intelligence marocchina, spalleggiati dalla  CIA, cercano di “mitigare” alcuni leader della milizia.

Gli ostacoli

Mentre Williams sta cercando di affrontare più fronti contemporaneamente per assicurare il successo del suo piano, deve fare attenzione alle  potenziali insidie ​​che potrebbero far deragliare le sue ambizioni.

La trappola più ovvia è quella di includere bande armate di Tripoli come parte del processo di pace. Il successo, il potere e i profitti di questi gruppi armati dipendono esclusivamente dalla mancanza di ordine pubblico. Al fine di evitare di perdere questi privilegi o addirittura essere perseguiti penalmente, i leader delle milizie potrebbero sovvertire qualsiasi piano per far rivivere lo stato libico, in un contesto di legalità.

L’attuale legge elettorale deve essere rivista in modo tale da garantire che le città o le regioni non siano discriminate. Il piano B trascura anche una delle questioni più importanti della Libia oggi: la mancanza di una costituzione. Dovrebbe offrire ai libici una tabella di marcia verso una costituzione formando un comitato di esperti internazionali con un chiaro mandato:  rivedere la costituzione del 1963 e metterla in votazione l’anno prossimo.

Anche organizzare elezioni nazionali, con il supporto internazionale e la pressione degli Stati Uniti, potrebbe essere un fallimento. Il processo deve procedere gradualmente, tenendo elezioni incrementali nelle regioni che sono sotto controllo civile e ritenute abbastanza sicure. Un parlamento pienamente funzionante e sovrano dovrà essere  formato con membri che si riuniscono per svolgere regolari sessioni di votazioni. Il nuovo parlamento deve possedere piena sovranità e poteri legislativi, compresa l’autorità di formare un governo indipendentemente dal numero di membri che sono stati votati. Altri membri del parlamento si uniranno quando saranno eletti in distretti regolari e sicuri. Inoltre, i programmi internazionali in competizione devono essere fermati. L’ingerenza francese verso l’obiettivo di un governo amico di Parigi e Abu Dhabi può essere contrastata con la pressione americana. Perseguire le risorse finanziarie di politici corrotti, leader delle milizie e contrabbandieri deve diventare una priorità assoluta per la comunità internazionale. Per coloro che cercano di destabilizzare i rinnovati sforzi in Libia, in particolare l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti, la minaccia delle sanzioni economiche potrebbe essere una soluzione. Qualsiasi entità o paese che violi l’embargo sulle armi in Libia deve affrontare le conseguenze. Infine, la minaccia di un gruppo religioso armato, i Madkhalis, non dovrebbe essere sottovalutata. Loro hanno un’ideologia violenta e antidemocratica che ha la sua base spirituale all’interno del Regno dell’Arabia Saudita. Occorrerà, quindi, Incoraggiare alcuni gruppi armati della Libia occidentale a contrastare il Madkhalis per portare al successo piano B. Una Libia prospera e libera non solo priverà lo Stato islamico e altri gruppi estremisti di una base nordafricana, ma offrirà anche l’Europa una fideiussione sulle forniture di petrolio e gas come alternativa al gasdotto russo e un rallentamento dell’immigrazione dall’Africa sub-sahariana. Tuttavia il Piano B delle Nazioni Unite in Libia non è in linea con gli ideali della rivoluzione libica in quanto porterebbe al potere i sostenitori di Gheddafi e un signore della guerra “Haftar”, sotto inchiesta della CPI per molteplici crimini di guerra.

Il piano B offrirebbe alla Libia una forma di democrazia liquida che porterebbe stabilità, ma non necessariamente libertà. A meno che le forze pro-democrazia in Libia non siano in grado di fornire un’alternativa attuabile.

Incendio Libia, esiste un Piano “B” del vice rappresentante Onu Stephanie Williams

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