Il dissidente russo Aleksei Navalnyj, dopo le rilevazioni di un presunto agente dell’Fsb, ha accusato il presidente Vladimir Putin di essere dietro il suo sospetto avvelenamento con un agente nervino. “Dichiaro che Putin è dietro il crimine e non ho altre versioni di quello che è successo”, ha detto Navalnyj a Der Spiegel, nella prima intervista rilasciata dopo essere uscito dall’ospedale di Berlino dove è stato curato.
L’oppositore avrebbe teso una trappola telefonica a un presunto agente dell’Fsb che sarebbe stato coinvolto nel suo avvelenamento. L’uomo gli avrebbe raccontato per 49 minuti tutti i dettagli: come anticipato da “La Repubblica”, il Novichok, uno dei più aggressivi agente nervino, sarebbe stato piazzato su un indumento intimo del blogger che si è salvato solo grazie all’atterraggio di emergenza e ai primi soccorsi a Omsk.
I servizi russi smentiscono le accuse dichiarando che si tratta di una montatura. “Ovviamente Navalny sta collaborando con i servizi di sicurezza e le autorità dei Paesi occidentali, sta servendo i loro interessi”, è stata la reazione del presidente della Duma russa, Vyacheslav Volodin. Volodin in precedenza aveva puntato il dito contro i servizi di intelligence occidentali imputando a loro la responsabilità di aver organizzato l’avvelenamento di Navalny.
Anche il presidente russo, rispondendo alle domande dei giornalisti nell’annuale conferenza stampa, ha respinto le accuse estraniandosi da ogni coinvolgimento nel tentato assassinio del blogger.
“Non lo abbiamo avvelenato. Chi ha bisogno di lui? Se qualcuno avesse voluto farlo, avrebbe portato a termine il lavoro”, ha detto Putin con una mezza risatina definendo l’inchiesta congiunta di Bellingcat e Insider.ru sul caso Navalnyj come “riciclaggio di materiale delle agenzie di intelligence americane” e un modo per “screditare la Russia”.